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I versi più belli della “Gerusalemme liberata” per ricordare Torquato Tasso

Il 25 aprile 1595 moriva il poeta e drammaturgo Torquato Tasso. Per celebrare uno dei massimi esponenti letterari della storia italiana, ecco una selezione di versi tratti dal suo immortale capolavoro, la “Gerusalemme liberata”...

Canto l’arme pietose e ‘l capitano
che ‘l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co ‘l senno e con la mano,
molto soffrì nel glorioso acquisto;
e in van l’Inferno vi s’oppose, e in vano
s’armò d’Asia e di Libia il popol misto.
Il ciel gli diè favore, e sotto ai santi
segni ridusse i suoi compagni erranti…
 
MILANO – Il 25 aprile 1595 moriva il poeta e drammaturgo Torquato Tasso. Per celebrare uno dei massimi esponenti letterari della storia italiana, ecco una selezione di versi tratti dal suo immortale capolavoro, la “Gerusalemme liberata”
 
Già l’aura messaggera erasi desta | Ad annunziar che se ne vien l’aurora: | Ella intanto s’adorna, e l’aurea testa | Di rose colte in paradiso infiora. | Di una bocca uscieno | Più che mel dolci d’eloquenza i fiumi.

 
Ben gioco è di fortuna audace e stolto | por contra il poco e incerto il certo e ‘l molto.

  
Ché fortuna qua già varia a vicenda | mandandoci venture or triste or buone, | ed a i voli troppo alti e repentini | sogliono i precipizi esser vicini. | Noi morirem, ma non morremo inulti.

  
Ahi crudo Amor, ch’ugualmente n’ancide | l’assenzio e ‘l mèl che tu fra noi dispensi, | e d’ogni tempo egualmente mortali | vengon da te le medicine e i mali!

    
Così conclude, e con sì adorno inganno | cerca di ricoprir la mente accesa | sotto altro zelo; e gli altri anco d’onore | fingon desio quel ch’è desio d’amore. 

  
Era la notte, e ‘l suo stellato velo | chiaro spiegava e senza nube alcuna; | e già spargea rai luminosi e gelo | di vive perle la sorgente luna. | L’innamorata donna iva co’l cielo | le sue fiamme sfogando ad una ad una; | e secretari del suo amore antico | fea i muti campi e quel silenzio amico.
 
Qual in membro gentil piaga mortale | tocca s’inaspra e in lei cresce il dolore, | tal da i dolci conforti in sì gran male | più inacerbisce medicato il core. 
  
Oh vani giuramenti! ecco contrari | seguir tosto gli effetti a l’alta speme, | e cader questi in tenzon pari estinto | sotto colui ch’ei fa già preso e vinto. 
  
Muoiono le città, muoiono i regni, | copre i fasti e le pompe arena ed erba, | e l’uom d’esser mortal par che si sdegni: | oh nostra mente cupida e superba! 
  
25 aprile 2015
 
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