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Giovanni Montanaro, ”Il digitale offrirà agli autori una libertà maggiore nella scelta del genere letterario”

Concorrenza impari, scomparsa di figure fondamentali legate alla filiera del libro e rischio di pirateria: sono queste le maggiori preoccupazioni di Giovanni Montanaro, autore di 'Tutti i colori del mondo', legate alla digitalizzazione del mercato editoriale. Ma al di là dei timori, i nuovi strumenti offrono anche dei vantaggi: in particolare, potranno forse tornare in auge generi come il racconto e la poesia...

L’autore parla dei suoi timori e delle sue speranze legate alla digitalizzazione dell’editoria

MILANO – Concorrenza impari, scomparsa di figure fondamentali legate alla filiera del libro e rischio di pirateria: sono queste le maggiori preoccupazioni di Giovanni Montanaro, autore di "Tutti i colori del mondo", legate alla digitalizzazione dell’editoria. Ma al di là dei timori, i nuovi strumenti offrono anche dei vantaggi: in particolare, attraverso questo canale più immediato ed economico, potranno forse tornare in auge generi come il racconto e  la poesia. 

Come vede, da qui a 5 anni, il mercato dell’editoria italiana con lo sviluppo della digitalizzazione?
In questo momento l’andamento del mercato editoriale è legato più all’andamento dell’economia che all’introduzione delle innovazioni digitali: la contrazione di cui si parla è dovuta alla contrazione generale dei consumi, che purtroppo influisce anche sulla fruizione culturale. Al momento, nella narrativa non mi pare che ci sia un segno forte di uno spostamento verso il digitale. È anche vero però che si inizia a vedere qualche ereader in giro, quindi probabilmente si tratta di un fenomeno irreversibile.

Quale contributo può dare il digitale per la lettura? Può favorire un aumento delle vendite e contribuire ad avvicinare un maggior numero di lettori, o al contrario può portare ad un abbassamento delle vendite? Sono più i vantaggi o gli svantaggi?
Qualsiasi innovazione è un’evoluzione di strumenti rispetto a bisogni umani che sono fondamentalmente gli stessi, e uno di questi è quello di comunicare, raccontare, informare e informarsi. Premesso questo, gli strumenti incidono sui contenuti e sulle modalità dei contenuti. Ogni forma di comunicazione deve seguire delle regole: quando scriveva un sonetto Foscolo si doveva attenere alla struttura metrica, chi scrive un sms oggi deve stare entro un certo numero di caratteri. Riguardo al digitale, ho dei feedback negativi e dei feedback positivi. In alcuni settori di sicuro la carta potrà essere salvata da un utilizzo inutile: io sono anche avvocato, e nel mio campo professionale, dove c’è bisogno di un aggiornamento costante, non ha senso che i libri vengano stampati. Grazie a smartphone  e ereader inoltre si legge di più, si usa di più la lettura come strumento di percezione del punto di vista altrui. 
Il punto critico è capire come questo incida sulla narrativa. Se da una parte il digitale può essere una grande risorsa, c’è anche il rischio che l’abbattimento del costo della carta renda impari la concorrenza tra un Dostoevskij o un Pirandello, che viene a costare un euro, e un Montanaro che ne costa comunque dieci, perché richiede tutto un lavoro editoriale che non c’è su un classico. Questo aspetto si lega a tutta un’altra serie di problemi che riguardano gli editori più che la letteratura in sé: quando non c’è più una copertina, una veste grafica, come fanno gli editori a mantenere un’identità rispetto ai contenuti che producono? Occorre che pensino a operazioni originali, a progetti legati al digitale che li caratterizzino e identifichino.

 

Cosa succederà alle case editrici con la diffusione sempre più capillare del digitale?
Questa è la mia preoccupazione principale. Bisogna trovare il modo di proteggerle, far sì che sopravvivano, perché se scompaiono queste scompare un importante criterio di qualità. Gli editori hanno tradizionalmente un ruolo: garantiscono per un autore, per un libro, scegliendo di pubblicarlo lo raccomandano al pubblico. Questo rapporto è un po’ venuto meno negli ultimi vent’anni, perché si tende a pubblicare di tutto. Il digitale potrebbe aggravare questa mancanza d’autorità da parte dell’editore.
Altra figura professionale a rischio è quella dei librai. Se le librerie non dovessero sopravvivere al cambiamento, sarebbe un vero dramma.

Come successo per la musica e per il cinema, teme che l’introduzione del digitale possa compromettere la proprietà intellettuale?
La letteratura di per sé è stata sempre stata molto più condivisa e dunque meno legata ai diritti rispetto ad altre forme della comunicazione artistica: il prestito è connaturato al libro cartaceo e viene semmai meno con il digitale. Per uno scrittore però la preoccupazione della pirateria c’è, anche perché non abbiamo altre dimensioni che possano supplire al guadagno normalmente proveniente dalle vendite quali possono essere i concerti per i musicisti. Forse in questo senso la digitalizzazione esaspererà una tendenza al protagonismo, a mettere al centro l’autore piuttosto che il romanzo, che è già in parte presente nell’attuale panorama editoriale – basti pensare ai festival letterari o alle comparsate in tv. Magari in futuro i libri verranno piratati e si pagherà per assistere ai reading degli scrittori. Può darsi poi che la riduzione dei costi per la casa editrice – oltre a quelli della carta, saltano i costi della distribuzione – porti a ridefinire le percentuali spettanti allo scrittore sulle copie vendute: già adesso le percentuali sugli ebook sono più alte rispetto a quelle sulle copie cartacee. Sicuramente questo sarà un tema su cui si discuterà molto.

 

L’ebook comporterà un cambiamento nell’approccio alla scrittura da parte degli autori?
L’ebook può essere una grande risorsa in questo senso. Siamo passati attraverso trent’anni di grande dittatura del romanzo: chi vuole scrivere e conosce le regole del mercato editoriale sa che tendenzialmente le case editrici cercano questo. Con l’ebook ci potrà magari essere una libertà maggiore: attraverso questo mezzo molto più immediato ed economico, forse sarà più semplice pubblicare forme diverse dal romanzo, come il racconto e la poesia. Si svilupperanno poi progetti multimediali che amplieranno i confini del libro. Questi strumenti insomma cambieranno molto la percezione della libro. Personalmente credo però che non saprò rinunciare alla dimensione dello spazio, della carta, del libro come oggetto.

In conclusione, sono i più i vantaggi o gli svantaggi della digitalizzazione?
Dal mio punto di vista, non mi spaventa l’introduzione di un nuovo mezzo: lo strumento in sé non è negativo. E in ogni caso, questa rivoluzione non si può fermare. La speranza è però che non scompaiano figure professionali fondamentali nella filiera editoriale.

 

17 ottobre 2012

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