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Giovanni Falcone, 2 libri per non dimenticare la figura del giudice-eroe

Per ricordare Giovanni Falcone, vi proponiamo da leggere i libri del giornalista minacciato dalla mafia per le sue inchieste Paolo Borrometi e di Tina Montinaro, la vedova del Caposcorta del giudice Falcone, che morì in quel tragico 23 maggio del ’92

23 maggio 1992, alle 17 e 56 minuti esplodono 500 chili di tritolo sull’autostrada A29 Palermo- Trapani, all’altezza dello svincolo di Capaci. Nel trentunesimo anniversario della strage, in cui persero la vita il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro abbiamo intervistato per la rubrica “Dentro le pagine – libri che lasciano il segno” il giornalista minacciato dalla mafia per le sue inchieste Paolo Borrometi e Tina Montinaro, la vedova del Caposcorta del giudice Falcone, che morì in quel tragico 23 maggio del’92. Un doppio appuntamento con due libri che sono soprattutto testimonianza di impegno civile e di coraggio contro la mafia.

Due libri da leggere per ricordare Giovanni Falcone

Paolo Borrometi, condirettore dell’Agi, Presidente di Articolo21 e scrittore firma il libro “Traditori. Come fango e depistaggio hanno segnato la storia d’Italia”, Solferino.

Tina Montinaro, racconta la vita in prima linea del marito, il poliziotto della “Quarto Savona 15” Antonio Montinaro nel libro “Non ci avete fatto niente” De Agostini editore, da far leggere a giovani e giovanissimi per far germogliare il seme della legalità.

Sono libri che insegnano il coraggio, quello di scrivere e denunciare e di fare ciascuno la propria parte. Due testimonianze diverse ma necessarie, che dovrebbero leggere tutti perché invitano a una presa di coscienza comune su cosa sono e cosa fanno le mafie. Paolo Borrometi da giornalista d’inchiesta illumina le zone d’ombra e ricostruisci i depistaggi della storia, con testimonianze, documenti, sentenze. “Traditori” racconta tanti capitoli bui della nostra storia dalla strage Portella della Ginestra del 1947 all’attentato di Capaci e di Via D’Amelio, in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino, fino alla cattura del boss Messina Denaro, ma anche la strage dell’Italicus, di Bologna, dei Georgofili, il delitto Moro, la P2, l’omicidio di Piersanti Mattarella.

Traditori

“Se a uno studente di oggi chiediamo chi e cosa c’è dietro quelle stragi, che tipo di risposte abbiamo? Perché ancora oggi, nella percezione di molti si tratta di episodi derubricati in procedimenti giudiziari dall’esito incerto?” parte da qui l’idea del giornalista Borrometi che racconta come la ricerca della verità “sia spesso un percorso ad ostacoli e in troppi casi, prima ancora che cercare i colpevoli, venga messa in dubbio la credibilità di chi accusa. Come successe all’epoca anche a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”. Per questo “Traditori” non è solo un libro che aiuta la memoria, ma anche un testo che ci aiuta a comprendere, a riannodare i fili del passato per trovare risposte.

Non ci avete fatto niente

Tina Montinaro, ha fondato l’associazione “Quarto Savona Quindici” per mantenere viva la memoria del marito Antonio “trasformando il dolore in azioni concrete” e il “Giardino della Memoria” sorto nel punto esatto dove si squarciò l’asfalto dell’autostrada, all’altezza dello svincolo per Capaci. “Non mi avete fatto niente” è un libro per ragazzi scritto con cuore e coraggio, che spiega cos’è la mafia ai più giovani, con la forza della testimonianza e del suo esempio quello di “non restare mai in silenzio”.

Nel libro racconta la vita di un fedele servitore dello Stato, quella di suo marito Antonio: “Fu così che mi trovai ad ascoltare l’ultima domanda della giornalista e la risposta di Antonio. La domanda era questa: «Lei ha paura? E una parte della risposta di Antonio fu: «Chiunque fa questa attività ha la capacità di scegliere tra la paura e la vigliaccheria. La paura è qualcosa che tutti abbiamo. Chi ha paura sogna, chi ha paura ama, chi ha paura piange. E un sentimento umano. È la vigliaccheria che non si capisce, e non deve rientrare nell’ottica umana. Io come tutti gli uomini ho paura, indubbiamente non sono vigliacco». Dopo quell’intervista Antonio disse alla moglie che aveva paura, perché non voleva lasciare da soli i suoi figli. Aggiunse però che non era un vigliacco e avrebbe fatto il suo dovere fino alla fine. La sua fine arrivò solo 10 giorni dopo, il 23 maggio del 1992.

 

 
 
 
 
 
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