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“Forse non morirò di giovedì” di Remo Bassini, una storia che ne include molte

La giornalista e influencer su Twitter Paola Cingolani presenta e recensisce in esclusiva per noi il libro "Forse non morirò di giovedì" di Remo Bassini

Forse non morirò di giovedì” di Remo Bassini è una storia che include molte storie. Personaggi e protagonisti che emergono, lentamente, sia dai ricordi che dal presente del direttore di un quotidiano locale, Antonio Sovesci. Un uomo integro, corretto verso i suoi lettori, verso la sua redazione e verso l’editore, il direttore tiene il punto – come è giusto – durante l’ennesima riunione di redazione. Giornalista vecchio stampo, è leale anche con i protagonisti della cronaca. Non sbatterebbe mai il mostro in prima pagina, neppure per alzare la tiratura.

Si cura dell’etica e della morale, spesso dimenticate da altri giornalisti (ma non soltanto), vive la redazione come la sua vera famiglia. Il giornale, per Sovesci, è “casa”. Ricorda tutti i suoi collaboratori, anche coloro che oggi lavorano altrove. Fra questi compare una donna, la quale, dopo anni, torna in città e lo intervista. Non gli era stata indifferente, in passato. Sebbene non ami occupare il centro della scena, Sovesci concede l’intervista: l’autore – Remo Bassini – nelle risposte che Sovesci da alla sua interlocutrice inserisce la sua visione del giornalismo ma anche della vita.

Subito, fra una domanda e una risposta, percepiamo la chiave del libro. Il rispetto per chi compra il giornale, al di là della rete, la credibilità dei lettori, la necessaria fede dei redattori. Così il suo protagonista ha idealizzato tutto, salvo accorgersi che qualcuno, anzi più di qualcuno, non è onesto come prima. Si sente tradito, il direttore Sovesci, così cerca la verità supportato dall’amico maresciallo: insieme diventano degli “investigatori segreti” fino a che non scoperchiano un impensabile vaso di Pandora.

C’è una lite fra uomini, di notte, in un parco. Stranamente alcuni vorrebbero insabbiarla finché si svela una vera e propria aggressione omofoba di cui Sovesci scrive – senza nomi, in modo vago – ma tutta la redazione gli si rivolta contro spaventata.

Un’esca che ha teso perché ha compreso di aver perso l’autorevolezza necessaria di un capo. Il direttore, ora, non deve solo scoprire “chi ha nascosto cosa” e “come mai”, ma deve sapere se “può ancora fidarsi di qualcuno”.

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Tutto si svolge in cinque giorni incalzanti – giornate e nottate incluse – durante le quali Sovesci, superstizioso ma solo, crede che i giovedì scandiscano i suoi accadimenti peggiori. Finalmente ecco la svolta, ogni tassello del mosaico prende il suo posto e l’ultima parte del libro riserva notevoli sorprese. Un gran Bassini, amante del suo lavoro di giornalista, che non dimentica di lasciare tracce di sé – fra un personaggio e l’altro – alle quali, chi lo conosce personalmente, è oramai affezionato. 

Questo libro di Remo Bassini ha vinto al Premio internazionale di Cattolica arrivando primo – parimerito – con Maria Antonia Avati (figlia di Pupi Avati) che ha scritto “A una certa ora del giorno”, edito da La nave di Teseo. La bravura di Bassini meriterebbe una casa editrice nota, dopo tredici libri belli in vent’anni di scrittura e di giornalismo d’un ottimo livello. Però, l’autore, modesto e concreto, ringrazia pensando a chi, un editore, non lo ha mai avuto. Neanche piccolo.

Paola Cingolani

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