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Erri De Luca, “Nel mio libro racconto come le cose impossibili diventano realtà”

Con il suo ultimo romanzo "Impossibile", Erri De Luca è fra i protagonisti della ventitreesima edizione del Festivaletteratura di Mantova. Una storia di ribellione, dove i destini si intrecciano nello «sciame di coincidenze» della vita

Alpinista, amante della montagna, traduttore di yiddish ed ebraico antico, autista di convogli umanitari, scrittore, attivista politico, giornalista, volontario durante la guerra civile nella ex-Jugoslavia, Erri De Luca è fra i protagonisti della ventitreesima edizione del Festivaletteratura di Mantova.

In occasione dell’incontro “Enrico detto Erri”, che si è tenuto ieri a Palazzo San Sebastiano, l’autore ha raccontato in anteprima il suo ultimo romanzo “Impossibile”. Una storia affascinante che mescola i ricordi e il vissuto del narratore con le coincidenze apparentemente impossibili, ma che continuamente si verificano.

La vita come «sciame di coincidenze»

Fil rouge dell’incontro e tema trainante del romanzo è lo «sciame di coincidenze» che caratterizza la storia di ognuno, che alcuni giustificano con la credenza in un disegno divino e che altri non notano nemmeno. Perché le coincidenze «sconfinano la normalità e modificano il presente», lo fanno ogni giorno, dimostrando che le cose impossibili in realtà accadono di continuo. È infatti nell’intrecciarsi dei personaggi e dei loro destini che emerge con prepotenza la forza degli eventi casuali, quelli che sembrano impossibili, ma che nel loro accadere manifestano la loro ineluttabilità.

Il romanzo “Impossibile”: la trama

Il romanzo Impossibile racconta di un uomo che ha abbracciato la rivoluzione clandestina e ne ha pagato il prezzo, poiché denunciato da un compagno in cambio di uno sconto di pena. Nella storia, il denunciato e il denunciatore «coincidono in un punto»: un sentiero per camosci e bracconieri, in montagna; un posto in cui, quando c’è stato in prima persona, ha pensato al pericolo di un incidente. L’incidente accade nella storia, tra il denunciato e il denunciatore, che a distanza di anni vivono una coincidenza fatale che insospettisce un magistrato e da cui il denunciato, ormai imputato di aver vendicato la sua rabbia, per il tradimento subito è costretto a difendersi.

Storia di una ribellione

“Ho fatto parte dell’ultima generazione dove migliaia di coetanei si riunivano sotto il pronome noi“, così afferma con orgoglio l’autore che, a differenza del protagonista di “Impossibile”, ha da sempre abbracciato la protesta pubblica, quella nelle piazze. Parte di una generazione rivoluzionaria, Erri De Luca restituisce lo spirito di ribellione che ha caratterizzato il Novecento e che è stata l’esperienza portante nella sua vita. Al centro del suo ultimo romanzo ci sono infatti quegli anni vissuti in prima persona, che l’autore traduce con la forza di una scrittura rapida e incisiva.

Da sempre impegnato nel raccontare la contemporaneità e le sue contraddizioni, l’autore napoletano ha saputo rispondere con i suoi libri alle “domande” che il periodo storico gli presentava, trattando i temi più disparati nei suoi romanzi e riuscendo a coniugare le due anime che lo abitano: lo spirito battagliero – “ho bisogno di una buona causa per essere messo in moto”, afferma – e quello contemplativo, che lo porta a scrivere “su quaderni a righe storie che escono alla lentezza e al fruscio della penna su carta. Non scrivo seduto ad un tavolo ma sulle ginocchia. Scrivo prima che spunti il giorno”.

Enrico detto Erri

A partire dal suo nome, Erri, che si è scelto togliendo il superfluo da quell’Henry, nome americano ereditato da uno zio e che sentiva in contraddizione con la sua identità e lingua napoletana, Erri De Luca riflette sulla possibilità e impossibilità di riconoscersi nel proprio passato, di sentirsi in continuità con chi si era. «Mi è capitato di incontrare dei me stessi del passato che sono a me stranieri. Degli altri, invece sono in continuità con chi sono».

Non si riconosce nel sé che a Napoli, in occasione del terremoto del 1980, lavorava con fatica nella ricostruzione di palazzi «sgangherati» e nell’operaio che lavorava nel nord Italia, senza contratto e per una paga misera. Di quegli anni invece si riconosce nel sé stesso che trascorreva la pausa pranzo a leggere piuttosto che a mangiare, nel lettore che è sempre stato, più che nello scrittore che è diventato, perché «leggere delle pagine che mi illuminano fa scattare delle scintille di felicità, che non arrivano quando leggo ciò che scrivo io».

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