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Elisa Ruotolo, candidata allo Strega, ”Scrivere, come del resto leggere, equivale a vivere altrove”

''Quando scrivo di solito non penso mai a cosa accadrà dopo''. Commenta così, Elisa Ruotolo, la sua presenza tra i 12 nomi candidati al Premio Strega. Il libro in gara è 'Ovunque, Proteggici': la storia di una famiglia e delle sue vergogne...

Con una prosa classica e una lingua di carne, ”Ovunque, proteggici” denuncia la forza di un destino che è scelta e di un sangue che si riconosce solo nelle ferite. Elisa Ruotolo ritorna a far parlare di sè dopo il grande successo ottenuto con il suo primo romanzo ‘Ho rubato la pioggia’. Al Premio Strega 2014 si presenta con un romanzo che racconta la storia di una famiglia e delle sue vergogne. Elisa Ruotolo, con ”Ovunque Proteggimi’ è tra i 12 condidati al Premio Strega

MILANO – ”Quando scrivo di solito non penso mai a cosa accadrà dopo”. Commenta così, Elisa Ruotolo, la sua presenza tra i 12 nomi candidati al Premio Strega. Il libro in gara è ‘Ovunque, Proteggici’: la storia di una famiglia e delle sue vergogne. In una giornata qualsiasi dei suoi cinquant’anni, Lorenzo Girosa riceve una lettera in cui qualcuno mostra di conoscere un segreto che da anni ha smesso di tormentarlo: un delitto commesso quando era poco piú che bambino. Tentando di riannodare i fili di quell’epoca remota, Lorenzo racconta della grande villa in cui ha vissuto, generosa negli spazi ma gravata dalla malasorte di casa senza figli, e della sua famiglia fatta di uomini inconcludenti e donne compromesse. È la storia del nonno Domenico che cerca fortuna in America, di suo padre Nicola che senza un mestiere e un talento diventa un rude saltimbanco chiamato Blacmàn, di sua madre Francesca che scappa di casa per andare sulla pubblicità del sapone LUX. Tutti loro rivivono nello sguardo di Lorenzo che, nascosto dietro le tende di una Villa Girosa ormai deserta, è ben determinato a proteggere quanto di oscuro c’è nel proprio passato

Quali sono le sue emozioni e pensieri nel vedere il suo nome figurare tra quello dei 12 candidati allo Strega?

In genere, quando si scrive, non si pensa al dopo, a quel che potrà accadere. E di certo la selezione al Premio Strega è stata una sorpresa non prevedibile, qualcosa che fatico ancora a mettere in parole. Di certo un misto di meraviglia e gratitudine.

Quali sono le sue aspettative rispetto a questa esperienza?

Penso al bene che potranno ricavarne i Girosa (la genia di cui parlo in “Ovunque, proteggici”), alle maggiori possibilità che avranno di essere letti e amati e compresi (mi auguro).

Com’è nata l’idea di questo libro e com’è avvenuto l’“incontro” con Lorenzo Girosa, il protagonista del romanzo?

Il primo incontro con Lorenzo Girosa  risale a circa quattro anni fa. All’inizio avevo ben chiara solo l’idea di questo ragazzino che disapprova a tal punto le proprie origini familiari, da preferire piuttosto l’orfanezza. Si può dire che lo abbia incontrato dodicenne, già ben deciso nei desideri, per poi trovarlo più avanti adulto, e meno convinto delle proprie scelte. Un uomo comune con le sue verità e le sue menzogne, con i suoi lati oscuri e un gran bisogno di amore, di protezione. L’idea del romanzo è nata anche dal bisogno di perdermi in una storia che mi trattenesse più a lungo di quanto possa fare un racconto. Per mesi, qualsiasi cosa scrivessi la sentivo parziale: l’appendice d’un desiderio più grande, e alcuni elementi – diventati poi centrali in “Ovunque” – mi hanno inseguito a lungo. Se è vero quanto dice Pavese, che non ci si libera di una cosa evitandola, ma solo attraversandola ecco, io ho attraversato Villa Girosa per potermi liberare dalla sua ossessione. Un’ossessione benigna, però, che ho abitato volentieri perché in quelle stanze ho trovato qualcosa di mio pur tenendomi in disparte, lontana dal giudicare, impiegando solo lo strumento dell’umana comprensione.

Il confronto del protagonista con il proprio passato diventa l’occasione di un’epopea famigliare in cui si rintracciano le origini di quello che Lorenzo è e ha fatto, delle colpe che questo personaggio trascina con sé. Crede che il destino delle persone sia in qualche modo segnato o c’è uno spazio di libertà concesso a ciascuno?

Il romanzo prova a spiegare come non esistano certezze a questo mondo, nemmeno dove si pensa che debbano agire certi automatismi basilari e innegabili: nemmeno nei legami  famigliari. I personaggi del mio romanzo stentano a riconoscersi nei ruoli indicati loro dal destino (quello di figlio o di padre); faticano a legittimare il diritto del sangue, hanno bisogno di tempo, devono imparare a maneggiare la loro impreparazione. Mi piace pensare che esistano margini di autonomia nelle nostre vite, che si possa intervenire per modellare una piega, aprire un varco, prendere una direzione. Che non vi siano tracciati inamovibili, forse perché è così che lavoro quando scrivo: senza trama, senza sapere dove arriverò.  Di certo non è semplice, ma la semplicità nei libri mi pare spesso una condizione innaturale, visto che neanche la vita lo è.

Visto che abbiamo toccato il tema, crede che i libri e la lettura, come strumenti di comprensione del mondo, siano validi aiuti per affrancarsi da destini già scritti e guadagnare la propria libertà personale?

Assolutamente sì. Scrivere, come del resto leggere significa vivere altro, vivere altrove. Per due anni circa, quando ho iniziato a raccontare questa storia, a farlo con la voce che ritenevo giusta, sono stata molto altro che me stessa: sono diventata un bambino infelice, un assassino, una piccola santa, una prostituta, un vecchio carico di vergogne, una malavena e poi un padre, una figlia; ho visto luoghi lontani nel tempo e nello spazio, ho vissuto dolori che potrebbero portare alla fine senza tuttavia morirne. E sì, sono stata libera. Libera di mettere da parte ciò che sono.

25 maggio 2014

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