Sei qui: Home » Libri » Elena Ferrante, “Per secoli gli uomini hanno colonizzato lo storytelling. Quell’era è finita”

Elena Ferrante, “Per secoli gli uomini hanno colonizzato lo storytelling. Quell’era è finita”

Elena Ferrante sul New York Times parla dell'importanza per le donne di trovare una voce autentica, fuori dall'immaginario maschile

MILANO – Dopo aver terminato a gennaio l’anno di collaborazione con il The Guardian, Elena Ferrante prende la parola sul New York Times con un brillante articolo sul potere e sull’importanza per le donne di.

Trovare una voce autentica, che non sia frutto dell’immaginario maschile che per millenni ha dominato la cultura, è una delle strade fondamentali che le donne devono percorrere per ottenere una reale parità tra i sessi. «Per millenni ogni espressione del potere è stata condizionata dall’atteggiamento maschile nei confronti del mondo. Sembra dunque che le donne possano utilizzare il potere solo nelle maniere in cui gli uomini lo hanno tradizionalmente usato» esordisce Elena Ferrante.

Raccontare storie è una forma di potere

«C’è una forma di potere che mi ha affascinato fin da quando ero piccola, nonostante sia sempre stata ampiamente colonizzata dagli uomini: il potere di raccontare storie. Raccontare storie è una forma di potere, e non una da poco. Le storie danno forma all’esperienza, a volte con forme letterarie tradizionali, a volte ribaltandole, a volte riorganizzandole. Le storie attirano i lettori nella loro tela, e li coinvolgono mettendoli al lavoro, corpo e anima, così che possano trasformare le nere parole sul foglio in persone, idee, sentimenti, azioni, città, mondi, umanità, vita. Raccontare storie, in altre parole, ci dà il potere di portare ordine nel caos del reale sotto il nostro segno, e questo non è molto diverso dal potere politico».

«Ho scelto di scrivere perché quando ero piccola – continua Elena Ferrante – erroneamente pensavo che la letteratura fosse particolarmente accogliente nei confronti delle donne. Il Decameron di Boccaccio (1313-1375) ebbe un effetto sconvolgente su di me. Nella sua opera, che è alle origini della grande narrativa italiana ed europea, 10 giovani – 7 donne e 3 uomini a turno si raccontano storie per dieci giorni. All’età di 16 anni trovavo rassicurante che Boccaccio nell’immaginare i suoi narratori, li avesse pensati prevalentemente femminili. C’era speranza. Solo più tardi scoprii che nonostante Boccaccio fosse stato generoso nei confronti delle donne, nel mondo vero le cose erano molto diverse – e continuano ad esserlo. Noi donne siamo state spinte ai margini e asservite, anche quando si trattava delle nostre opere letterarie. È un fatto: biblioteche e archivi di ogni sorta conservano il pensiero e le azioni di un numero sproporzionatamente vasto di uomini illustri. Costruire invece una nostra genealogia, una genealogia femminile, è un compito delicato e arduo».

Sapersi raccontare, senza dover chiedere scusa

La riflessione di Elena Ferrante prosegue collegando la secolare posizione minoritaria delle donne al potere alla mancanza di una vera e propria narrazione al femminile, di una visione femminile del mondo.

«Il potere è ancora fermamente nelle mani degli uomini, e se, in società con una solida tradizione democratica abbiamo più frequentemente accesso a posizioni di comando, ciò accade a condizione che mostriamo di aver interiorizzato il metodo maschile di affrontare e risolvere problemi. Come risultato, troppo spesso ci mostriamo acquiescenti, obbedienti e corrispondiamo alle aspettative maschili. […] Forse ora è il momento di scommettere su una visione femminile del potere – una costruita e imposta dalla forza dei nostri risultati in ogni campo. Per ora la nostra eccezionalità e quella delle minoranze: gli uomini si possono permettere di concederci un po’ di condiscendente riconoscimento, perché ci sono ancora poche donne veramente autonome, che non possono essere asservite, che non possono essere liquidate con l’espressione: “Sei così brava, sei come un uomo”.

«Le sette narratrici del Decameron non avranno più bisogno di appoggiarsi al grande Giovanni Boccaccio per esprimersi. Assieme alle loro innumerevoli lettrici (lo stesso Boccaccio già al tempo sapeva che gli uomini avevano altre cose da fare e leggevano poco), sanno come descrivere il mondo in maniere inaspettate. La narrazione femminile, raccontata con sempre maggiore abilità, senza bisogno di chiedere scusa, deve ora assumere il potere».

© Riproduzione Riservata