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È giusto portare i bambini al museo?

Di passaggio a Roma in questi giorni, non ho potuto perdere la mostra allestita al Chiostro del Bramante e dedicata a Maurits Cornelis Escher, nato nel 1898 a Leeuwarden, in Olanda. Si tratta di uno degli artisti grafici più noti del Novecento...

Di passaggio a Roma in questi giorni, non ho potuto perdere la mostra allestita al Chiostro del Bramante e dedicata a Maurits Cornelis Escher, nato nel 1898 a Leeuwarden, in Olanda. Si tratta di uno degli artisti grafici più noti del Novecento: la sua produzione consiste soprattutto di incisioni e litografie, ed è conosciuto fra gli amanti del genere per le architetture impossibili e le rappresentazioni bizzarre che confondono lo sguardo e la mente. Prospettive impossibili si alternano a realtà immaginarie che si deforma e si ricompongono, che mettono a dura prova le capacità logiche di qualsiasi essere umano.

 

La mostra, che resta aperta fino al 22 febbraio, ha un percorso interattivo previsto anche per l’infanzia. E infatti all’esterno, in attesa di entrare, c’era una fila interminabile di persone di ogni età, ma soprattutto c’erano famiglie con bambini. Una visione già di per sé suggestiva, visto che la mostra non è delle più economiche, né l’autore così famoso.

 

Da subito pannelli dotati di magneti consentono anche ai bambini di ricostruire le non semplici immagini che vedono nei quadri. Accanto( anzi, sotto!) di me un bambino di tre anni ricostruiva con facilità un puzzle che poteva mettere a dura prova  un adulto. Mi sono ricordata, emozionandomi, di quella volta che, di ritorno da una settimana bianca sulle Dolomiti, mi ero fermata al Mart di Rovereto, per una mostra dedicata a Chagall e alle avanguardie russe del Novecento. Con me c’era mio figlio allora di sei anni, ed era la prima volta che lo portavo al museo. Avrebbe potuto anche essere un’esperienza fallimentare, e invece di fronte a quei quadri mio figlio si era entusiasmato: il cuore gli batteva forte, faceva mille domande sui colori, sulle forme, sui materiali. Si infilava fra le gambe degli adulti pur di vedere da vicino quei capolavori e avevo fatto fatica a impedirgli di toccare le tele, perché lui voleva ‘sentire’ quei colori che ‘uscivano’ dai quadri. Tornato a casa aveva iniziato a dipingere come un forsennato: l’arte, o il senso per il bello, gli era entata sottopelle e non lo ha più lasciato. tutti i suoi studi sono andati in questa direzione, da allora ha provato un sentimento istintivo per il bello, per ciò che dà grazia e bellezza alla realtà.

 

Per questo, forse, nel percorso di questa mostro romana  ero attenta alle reazioni dei bambini, ascoltavo con interesse i loro commenti, che rivelavano punti di vista originalissimi.

Al termine, riconsegnando l’audioguida alla hostess, mi è stato chiesto di compilare un questionario. Alla voce: Che cosa ha da rilevare? ho risposto: ‘E’ sempre un piacere vedere una mostra che coinvolge tanto l’infanzia, mi auguro che ne organizziate altre con altri autori’. La ragazza, leggendo il mio commento mi ha guardato sorridendo: ‘Di solito dicono che sarebbe meglio evitare i bambini, che fanno solochiasso e disturbano’. Mah!

 

C’è chi ancora si chiede se e perché andare al museo con i propri figli? Allora vorrei dire che educarli all’arte è un investimento culturale che arricchisce il futuro e regala loro la possibilità di sperimentare la creatività, l’inventiva, la fantasia e l’abilità manuale, a ottenere, insomma, dei risultati personali  partendo dall’osservazione della realtà. E, soprattutto,  può dare una svolta alla vita…

Gloria Ghisi

17 gennaio 2015

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