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“Diceria dell’untore”, il capolavoro di Bufalino che racconta l’amore e la morte

In occasione dell'anniversario di Gesualdo Bufalino, scopriamo insieme il suo capolavoro, "Diceria dell'untore", vincitore del Premio Campiello nel 1981.

Nasceva a Comiso, in Sicilia, il 15 novembre del 1920 Gesualdo Bufalino, scrittore, poeta e aforista italiano . Lo ricordiamo riscoprendo il suo capolavoro, “Diceria dell’untore“, scritto a più riprese fra gli anni ’50 e gli anni ’70, ed infine pubblicato nel 1981, anno in cui il romanzo ottenne anche il Premio Campiello.

“Diceria dell’untore”, la sinossi

Iniziata in tempi remoti e riscritta più volte, “Diceria dell’untore” incontrò subito, quando fu data alle stampe nel 1981, un unanime consenso di critica e di pubblico.

Stupiva l’esordio tardivo e riluttante dell’autore, la sua distanza dai modelli correnti, la composita ragione narrativa tramata di estasi e pena, melodramma e ironia; non senza il contrappunto di una sotterranea inquietudine religiosa, come di chi si dibatte tra la fatalità e l’impossibilità della fede…

Stupiva, l’oltranza lirica della scrittura, disposta a compromettersi con tutte le malizie della retorica senza vietarsi di accogliere con abbandono l’impeto dei sentimenti più ingenui. La vicenda racconta un amore di sanatorio, nel dopoguerra, fra due malati, un amore-duello sulla frontiera del buio. L’opera è arricchita da un’appendice di pagine inedite escluse dalla primitiva edizione.

Una storia di amore e morte

“Abituarsi a guardare la vita come una cosa d’altri, rubata per scherzo, da restituire domani. Convincersi ch’è uno sbaraglio per temerari, che la precauzione suprema è morire…”

Con “Diceria dell’untore”, Gesualdo Bufalino ci porta in un universo segnato dalla malattia, dalla paura della morte, dagli strascichi di una guerra che, seppur conclusa, sembra aver seminato la sua presenza occulta nel mondo. Il giovane protagonista del romanzo di Bufalino trascorre un periodo di convalescenza in un sanatorio che ospita in cura reduci di guerra. Qui si crea una società di esseri umani, tutti consapevoli del peso della vita – e della morte -, che condividono ansie, paure e sogni.

Fra una riflessione ed un’altra, si consuma il soggiorno del protagonista ma, soprattutto, germoglia nel suo cuore un amore forte come la paura della morte. Il nucleo di “Diceria dell’untore” risiede, infatti, nel dualismo che vede contrapposti l’amore, simbolo di vita e calore, e la morte.

Gesualdo Bufalino

Gesualdo Bufalino nasce a Comiso il 15 novembre del 1920. Sin da piccolo scopre l’amore per la lettura e la poesia, attingendo dalla libreria del padre, un fabbro con la passione per i libri. Il giovane Gesualdo sfrutta ogni mezzo per accaparrarsi quotidiani e nuove letture da intraprendere. Studia al liceo classico, poi si iscrive alla facoltà di Lettere di Catania.

Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, gli studi del giovane vengono interrotti dalla chiamata alle armi , che porta Gesualdo Bufalino a combattere in Friuli. Catturato dai tedeschi poco dopo l’armistizio, riesce a fuggire e si rifugia in Emilia Romagna, dove si mantiene insegnando. Ben presto, però, Bufalino si ammala di tisi, ed è costretto a vivere in un sanatorio per diverso tempo. Tornato in Sicilia, prosegue gli studi a Palermo, dove si laurea con una tesi sull’archeologia.

È l’esperienza del sanatorio che fa maturare in Gesualdo Bufalino il germe della scrittura. Nascerà nel 1981 la “Diceria dell’untore”, l’opera prima dell’autore comisano che lo consacrerà con il Premio Campiello. Da questo momento, lo scrittore e poeta non cesserà più di scrivere, con lo stile ricercato, che sembra quasi provenire da tempi remoti, che lo contraddistingue. Con “Le menzogne della notte” otterrà il Premio Strega nel 1988. La grande fama non modifica le abitudini dell’autore, che condurrà per tutta la vita un’esistenza modesta e riservata.

Gesualdo Bufalino ci lascia il 14 giugno del 1996, a causa di un incidente stradale avvenuto fra Comiso e Vittoria.

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