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Dai flashmob agli Oscar 2015, ma perché adesso rimangono tutti in mutande?

Domenica scorsa, in una stazione metropolitana milanese, c'è stato un fashmob: chi partecipava lo faceva senza gonna o pantaloni: in mutande, e basta. Be' non era la prima volta. Chi aderiva, infatti, partecipava al No pants subway ride...

Domenica scorsa, in una stazione metropolitana milanese, c’è stato un fashmob: chi partecipava lo faceva senza gonna o pantaloni: in mutande, e basta. Be’ non era la prima volta. Chi aderiva, infatti, partecipava al No pants subway ride, il flashmob che per il quinto anno avveniva in contemporanea con tante città del mondo. L’appuntamento milanese era fissato in piazza Leonardo da Vinci, nei pressi del Politecnico, alla fermata Piola della linea verde: poi tutti in viaggio per la foto ricordo in piazza Duomo. Ci vuole coraggio, avevo pensato, archiviando il caso come una curiosità che lasciava il tempo che aveva trovato.

 

Poi, guardando la consegna degli Oscar, ecco il presentatore, Neil Patrick Harris, che cita una delle scene più celebri di Birdman e si presenta in mutande sul palco del Dolby Theater.

 

Nulla di sconvolgente per noi italiani, visto che lo fecero nel 2001 Teo Teocoli in versione Cesare Maldini, esibendosi in televisione a Quelli che il calcio, poi Gianni Morandi nel 2002 su Raiuno. Ma, soprattutto, l’aveva già fatto scalpore il sindaco di Milano Gabriele Albertini,nel 1998, partecipando a quelle sfilate di moda maschile (tenacemente volute propri da Albertini, ndr) di Valentino: aveva indossato un costume da bagno in cachemire libidinous e si era fatto fotografare, combinato così, tra lo stilista, Mara Venier e Maurizio Romiti. Imbarazzato? ‘E perché? Sono altre le cose che mi mettono a disagio’, aveva detto. Eh, come no?

 

Non voglio indagare qui sulla moda declinata al femminile, che tra spacchi e trasparenze le mutande le ha definitivamente archiviate da decenni, e la loro totale mancanza nemmeno fa più notizia. Anzi, sempre per tornare agli Oscar, fa più notizia il taglio di capelli ‘rasato’ di Scarlett Joahnson dei soliti outfit estremi con sensuali veli provocanti o scollature hot, .come quelli di Emma Stone o di Irina Shayk, tanto per non citare la nostrana Bianca Atzei a Sanremo, sempre per tornare a parlare di mutande.

 

Ma a voi piacciono, le trovate divertenti, queste esibizioni? No perché a me cominciano ad annoiare. Mi annoia, insomma, che in quel modo si voglia stupire, scandalizzare, fare notizia. Forse anche divertire, di sicuro attirare l’attenzione. Mi è sembrato, tutto questo esibire biancheria, soltanto un gesto di grande, puro, semplice, esibizionismo. Che non dice niente.

 

Sbaglierò? Sarà, invece, una metafora della crisi, come ha insinuato intelligentemente una collega commentando un mio post su Facebook?

O non sarà, piuttosto, come ha detto Dario Fo in tempi non sospetti:La satira è lo specchio che determina il rovesciamento dell’ovvio e del banale, mette per così dire il re in mutande, ne evidenzia l’ipocrisia, oggi invece tutto è affidato alla barzelletta, al sarcasmo verso i più deboli, i sofferenti quelli che nella vita non hanno avuto fortuna”.

Eggià. Anche la satira è rimasta in mutande.

 

Gloria Ghisi

 

25 febbraio 2015

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