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Conversazione con Claudio Ferro

Claudio Ferro è autore di romanzi gialli, come La Luger del capitano Harald (A&B, 2013) e il recente Come un killer al buio (Inkwell, 2014). La sua ultima opera è il romanzo storico I segreti del Cavaliere di Normandia (Algra, 2016).


Claudio, un libro particolare questo tuo nuovo romanzo, I segreti del Cavaliere di Normandia, in cui si narrano le vicende che precedono l’ascesa al trono di Guglielmo il Conquistatore. Il tuo genere di solito è il poliziesco ed è una bella sorpresa un’opera di ispirazione storica. L’andamento narrativo è molto fluido e immagino che avrai dovuto documentarti in modo accurato e puntuale per poter dare una cornice storica a fatti e personaggi che in larga parte sono fantastici, come spieghi in una nota finale (e lasciamo ai lettori il piacere della scoperta). Vuoi raccontare com’è nata l’idea del romanzo e quanto è durata la gestazione di quest’opera?

Per prima cosa, complimenti per il tuo Morivamo di freddo, un libro bellissimo. L’idea è nata in due tempi: dapprima ho sentito il desiderio di confrontarmi con il genere che ritenevo essere il più difficile, il romanzo storico. Presa la decisione di cimentarmi, ho dovuto scegliere il periodo. Sarebbe lungo ora raccontare come nasce da lontano il mio amore per la Normandia, da quando, bimbo, il mio papà mi portò a vedere Il giorno più lungo. Dico solo questo: c’è un grazioso paesino, Baieux, con un romanticissimo mulino che fa da sfondo per foto di coppia. Ma la cosa più importante di Baieux è l’arazzo, che racconta l’epopea di Guglielmo, duca di Normandia, di come da Guglielmo il Bastardo divenne Guglielmo il Conquistatore. L’arazzo aveva uno scopo propagandistico: esposto durante le feste e narrato al popolo, doveva ingenerare nei sudditi stupore e ammirazione per il Ducato. Beh, quasi mille anni dopo, ha fatto su di me l’effetto che Matilde, moglie di Guglielmo, si proponeva.


Vilfredo di Alençon è un bel personaggio: diplomatico, valoroso, romantico, amico fedele. Ho provato, leggendo questo libro, sensazioni che non provavo da quando, ragazzina, leggevo e rileggevo Ivanhoe. È il personaggio al quale – credo – vanno anche le simpatie dell’autore…

Smascherato. Si, Vilfredo è il protagonista del romanzo. Ho cercato di descriverlo anche con i suoi difetti: è rigido, talora bigotto – Guglielmo glielo rinfaccia amichevolmente anche sul letto di morte – ma è un uomo che ha consapevolmente perseguito uno scopo, lo ha raggiunto e ha saputo ritirarsi e vivere con gioia una vita normale, dedicata agli affetti.


Pensi a questo punto di fare ulteriori incursioni in generi narrativi diversi da quello in cui ti sei più frequentemente cimentato?

Scrivere questo romanzo mi ha divertito. È stato tutto bello: la ricerca storiografica (la storia era la materia che ho sempre amato di più a scuola, assieme alla geografia e alla filosofia) ma soprattutto la stesura della narrazione. Scrivere gialli è angosciante: i racconti si incentrano sulla parte peggiore dell’uomo, la violenza, la cupidigia, la vigliaccheria. Scrivere di storia è come narrare una favola, puoi volare se vuoi, puoi trasferirti nel tempo, scoprire che con forme diverse, i sentimenti, le angosce, le gioie dell’uomo sono sempre uguali. Quindi, rispondendo alla tua domanda: si, l’emozione è stata talmente bella che la ripeterò, e sono già al lavoro.


Un aggiornamento sulle tue ultime letture, soprattutto sul libro (o sui libri) che ti sono piaciuti di più nell’ultimo anno.

Non è piaggeria: Morivamo di freddo è davvero un grande libro. Nell’angoscia del racconto riesci a non perdere la leggerezza calviniana. Ho letto parecchio in quest’ultimo anno, ma aggiungerei tre titoli: Vero all’alba, romanzo postumo di Hemingway, Il sosia di Dostoevskij e Questo sangue che impasta la terra di Guccini e Machiavelli. Mi ha deluso, invece, l’ultimo di Carlotto, Per tutto l’oro del mondo: spero che si rifaccia con il prossimo.


Claudio, non avverti la tentazione del digitale? Sarai sempre e comunque tenacemente affezionato alla carta stampata? E sai già cosa leggeremo di tuo dopo la storia del Cavaliere di Normandia?

Nel mio e-reader ci sono trenta titoli. A quanti mi chiedono se non sento il bisogno della carta, ripeto che il bello del fare l’amore non è il letto, ma farlo con gioia. Il bello di leggere non è la carta, ma un bel racconto che ti smuova qualcosa dentro e che sia scritto con un linguaggio adeguato. Dopo Il Cavaliere di Normandia non mancano progetti: ho diversi inediti, e alcuni testi in fase di revisione. Vedremo.


Grazie, Claudio, per il tuo tempo e le tue risposte. 

Grazie a te, Lia, anzitutto perché ci sei. E in bocca al lupo.

 

 

Lia Messina

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