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Come si scrive un libro, i consigli della finalista del Campiello Beatrice Masini

Dopo diversi libri per bambini, Beatrice Masini ha esordito con un romanzo per adulti, ''Tentativi di botanica degli affetti'', entrato nella cinquina dei finalisti del Premio Campiello di quest'anno. L'autrice commenta con noi l'importante traguardo raggiunto, la felicità con cui ha accolto la notizia, e regala alcuni importanti suggerimenti a tutti coloro che aspirano a diventare scrittori...
Selezionata per la cinquina del prestigioso premio veneto con il libro “Tentativi di botanica degli affetti”, l’autrice dà alcuni suggerimenti agli aspiranti scrittori su come trovare la propria voce, migliorare il proprio stile e farsi pubblicare

MILANO – Dopo diversi libri per bambini, Beatrice Masini ha esordito con un romanzo per adulti, “Tentativi di botanica degli affetti”, entrato nella cinquina dei finalisti del Premio Campiello di quest’anno. L’autrice commenta con noi l’importante traguardo raggiunto, la felicità con cui ha accolto la notizia, e regala alcuni importanti suggerimenti a tutti coloro che aspirano a diventare scrittori.

È un’emozione per lei figurare tra i cinque finalisti del Campiello? Come ha accolto la notizia?

È senz’altro un’emozione enorme: sono molto contenta, incredula e un po’ stordita. Questo è il mio primo libro per adulti e vederlo nella cinquina è un risultato importantissimo. Il Campiello è un premio cui sono molto legata e che ho sempre seguito dall’esterno – anche perché i miei genitori sono di Verona e mi sento un po’ veneta anche io. Voglio godermi quest’avventura fino in fondo, traendone tutto ciò che di buono può arrivare, in particolare tutta la serie di incontri con il pubblico. A prescindere da come andrà la finale, ci sarà prima un tour in giro per l’Italia insieme con gli altri autori che credo possa rivelarsi molto piacevole.

Quali sono le sue aspettative e speranze?
Su questo non voglio pronunciarmi, anche perché non conosco ancora i libri degli altri finalisti. Sono molto curiosa di leggerli.

Lei che è autrice affermata, quali consigli si sente di dare a un aspirante scrittore?
Il primo suggerimento che mi sento di dare è di scrivere tantissimo e di non accontentarsi mai del risultato. Prima di pensare ad affermarsi “all’esterno”, uno scrittore deve innanzi tutto confrontarsi con se stesso, fissando l’asticella molto in alto, cercando di superarsi sempre, finché non sente di aver raggiunto davvero una maturità. Anziché preoccuparsi di uscire subito nel mondo, un aspirante autore deve preoccuparsi di vivere e scrivere, vivere per trasferire sulla pagina un senso, e fare tutto questo con grande distensione, con grande calma, prendendosi il proprio tempo.

Ci sono esercizi utili per migliorare la propria scrittura?
Oltre a scrivere per sé, per cercare di far venir fuori la propria voce e affinarla, tradurre è senz’altro un utile addestramento. In generale, poi, lavorare sui testi degli altri – anche solo fare correzione di bozze – è estremamente d’aiuto per capire come sono costruiti i testi dall’interno, per capire come suonano, che tipo di scelte vengono fatte.

Quindi è anche molto importante leggere…

Quello lo do per scontato. Personalmente, per me leggere è ancora più importante che scrivere, non posso farne a meno. E non devono poterne fare a meno tutti coloro che vogliono cimentarsi nella scrittura: prima di tutto è importante “assaggiare”, sperimentare, sia per trovare dei modelli, sia per capire ciò che non si vuole essere e trovare per contrasto una propria strada, una propria identità.

Come  si sceglie lo stile di scrittura più indicato per una storia? Viene spontaneo oppure bisogna ragionarci?
A me è sempre venuto molto naturale, ma la scrittura è di solito preceduta da una profonda riflessione, non tanto su aspetti tecnici – come per esempio la scelta di usare la prima persona piuttosto che la narrazione in terza persona, il presente piuttosto che il passato – quanto sulla storia stessa. Da questa fase di familiarizzazione con la storia, con le sue tonalità, viene fuori spontaneamente anche quello che è il modo giusto per raccontarla.
Questa però è una mia caratteristica personalissima, ho amici scrittori che invece costruiscono degli schemi preliminari, che hanno un modo di procedere molto più razionale.

Aiuta avere presente il pubblico a cui ci si vuole rivolgere, un target di riferimento, o è meglio scrivere cercando di tirare fuori ciò che si ha dentro di sé?

Ho vicine esperienze molto diverse da poter confrontare. Chiaramente, quando si scrive per bambini, bisogna tenere presente il pubblico cui ci si sta rivolgendo. Se si scrive per bambini sotto i 6 anni bisogna scegliere un certo vocabolario, tra i 6 e gli 8 un altro, e così via. Dopo il 12-13 anni si può usare praticamente qualsivoglia vocabolario e parlare di qualsiasi tema, purché sia interessante per il lettore di quella fascia.
Quando si scrive invece per adulti – e qui la mia esperienza è più ristretta, si limita a questo romanzo e a una serie di racconti pubblicati su riviste – non si hanno questo tipo di vincoli. In questo caso la scrittura è un processo molto personale, è solo a un certo punto del lavoro che si matura la consapevolezza che una storia non riguarda solo se stessi, ma ha un respiro e un interesse più ampio.

Quali tratti del carattere secondo lei aiutano più uno scrittore?
Penso la curiosità e l’attenzione agli altri, che si riflettono in un certo modo di osservare la realtà. La scrittura non può prescindere dall’osservazione del reale, anche del quotidiano, di dettagli banali, che poi nelle storie si trasfigurano. Il dato realistico lo si coglie solo si è poco concentrati su di sé e molto su ciò che accade attorno.

Ci può dare qualche consiglio su come farsi pubblicare?

Parlando in questo caso da editor, da persona dunque che si trova dall’altra parte della barricata, posso dire che va sfatata l’idea che sia quasi impossibile farsi pubblicare. Una storia che ha davvero qualcosa da dire, prima o poi trova la sua strada. In primo luogo bisogna capire quali potrebbero essere gli editori interessati a quel genere di libro: mandare a tutti indiscriminatamente è una perdita di tempo, oltre a essere una mancanza di rispetto nei confronti di chi fa un certo tipo di lavoro. E poi naturalmente raccomando la pazienza: non bisogna essere troppo insistenti, perché dall’altra parte si genera soltanto nervosismo. I libri vengono letti, valutati e considerati – del resto è il sogno di ogni editor trovare “il proprio autore”. C’è dunque molta curiosità nei confronti degli aspiranti scrittori, ma esser scoperti potrebbe richiedere del tempo.

14 giugno 2013

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