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Come nasce l’illustrazione di un fumetto

Abbiamo intervistato il disegnatore napoletano Daniele Bigliardo per scoprire aneddoti e segreti legati alla realizzazione di un fumetto

MILANO – La matita e il ripasso ad inchiostro, con pochissimo uso di riferimenti esterni o di tecniche digitali. Consiste in questo la tecnica di disegno secondo il disegnatore Daniele Bigliardo, curatore della copertina del primo volume de “I Bastardi di Pizzofalcone”, adattamento del primo romanzo della serie poliziesca inaugurata dallo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni nel 2013. Lo abbiamo intervistato per scoprire aneddoti e segreti legati alla realizzazione di un fumetto

Come nasce la tua passione per il disegno? Quando hai capito che sarebbe potuta essere una professione?
La versione più accreditata vuole che mi sia nata per noia. Dovete sapere che da piccolo sono stato un bambino cagionevole di salute e, spesso e volentieri, ammalato e allettato da solo in casa. Ebbene sì, ero figlio di una mamma corista al Teatro San Carlo, spesso fuori per lavoro. Barcamenandomi per casa, se i ricordi non mi ingannano, alla ricerca di attività che mi aiutassero a superare la noia fino al ritorno dei miei fratelli da scuola, mi sono imbattuto in una versione a fumetti del King Kong cinematografico e me ne sono innamorato perdutamente. Da allora cerco di aiutare anch’io i bambini ammalati a vincere la noia della malattia. Ancora oggi mi chiedo se riuscirò a farne la mia professione per la vita.

Ci puoi elencare le diverse fasi che portano alla realizzazione delle tavole che poi i lettori vedranno in edicola/libreria?
Per quanto mi riguarda sono fondamentalmente due: la matita e il ripasso ad inchiostro. Io, infatti, faccio pochissimo uso di riferimenti esterni o di tecniche digitali. Una volta in possesso della sceneggiatura tento di materializzare nella mia mente i fotogrammi di un film in bianco e nero che da spettatore accanito seleziono e dispongo su una tavola riassuntiva che faccia capire al lettore di cosa trattasse il film.

Ci sono delle regole, generali o soggettive, che ci si prefissa?
Oltre alle regole intrinseche al media fumetto in genere cerco di conseguire uno stile consono alla narrazione (realistico noir per il dramma, potente e dinamico per l’azione, grottesco per la parodia…. etc etc) in un esercizio di coerenza interna al mondo rappresentato che è requisito fondamentale per stringere un patto duraturo con il lettore.

Quanto è importante nel tuo lavoro l’empatia con il sceneggiatore della storia?
Devo dire che al di là del rispetto e della stima che mi lega a molti dei miei colleghi sceneggiatori, ho imparato con gli anni a lavorare in autonomia nel tentativo di applicare al lavoro seriale quel minimo di attività creativa personale che è fondamentale per continuare ad amare questo mestiere.

Cosa ti senti di consigliare ai giovani che vogliono, come hai fatto tu, fare del loro talento di disegnatori una professione?
Di armarsi di coraggio e pazienza perché entrano in un mondo in continuo cambiamento e ci si può facilmente perdere tra le pieghe di questa metamorfosi. Senza pregiudizi e senza timori, tuffarsi nel flusso della trasformazione tentando di cavalcarla e dirigerla a proprio vantaggio evitando di farsi travolgere.

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