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Chiara Maffioletti, ”Nel mio libro racconto perché a volte dire no è più facile di quanto possa sembrare”

La giovane e brava giornalista del Corriere della Sera e blogger de La 27a Ora racconta cosa l'ha spinta a scrivere il suo libro ''Bastava dire no'', in uscita domani. La storia, ampiamente autobiografica, muove dalla fine di un matrimonio e arriva alla ironica consapevolezza che spesso tutto può essere risolto in maniera semplice e pratica...

“Bastava dire no” è il primo libro che la giovane giornalista del Corriere della Sera ha scritto per chi ha bisogno di leggere qualcosa di onesto e sincero

MILANO – La storia di un amore che si credeva eterno ma che termina poco dopo il fatidico “sì”. La consapevolezza che spesso questo nobile sentimento non serve a evitare inutili sofferenze e spirali emotive che si avvitano attorno all’anima di una persona. L’ironica conclusione che un semplice “no” scongiurerebbe tanti tormenti  a patto di sacrificare il bisogno di un sentimento che si crede vanamente infinito. Tutto questo è “Bastava dire no”, il libro di Chiara Maffioletti, giovane e brava giornalista del Corriere della Sera e blogger de La 27a Ora, edito da Marsilio e in uscita domani 8 maggio. A lei abbiamo chiesto cosa l’ha spinta a mettere nero su bianco la sua storia.


Da dove nasce il bisogno di raccontare e scrivere questo libro?

Il motivo per il quale ho voluto scrivere questo il libro è perché sentivo che questo era il libro che avrei voluto leggere in quei momenti che accompagnano una persona che si sta separando o sta finendo una storia importante. Chiunque ha vissuto una storia importante, una convivenza, quando interrompe una storia del genere ha degli strascichi che sono più o meno simili. Ricordo che quando è capitato a me ho cercato di leggere qualche libro che trattasse di amori possibilmente finiti per trovare un po’ di conforto. Ma una così così specifica non c’era. Mi sono detta pertanto che se un libro del genere poteva essere utile anche solo a una persona bisognava scriverlo. Mi ha spinto il bisogno di farlo proprio per non aggiungere nulla che non sia completamente onesto e sincero. Di libri se ne scrivono tanti giusto per scaldare le rotative. Scrivere qualcosa di utile e pulito era qualcosa che ho fortemente sentito.


Perché bastava dire no?

In realtà perché ho cercato di essere un po’ ironica in questo sguardo un po’ distaccato che c’è nei confronti di quel matrimonio. Se qualcuno nel momento in cui doveva dire sì avesse detto di no, avrebbe risolto un bel po’ di problemi. Basta pensare a tutti quegli uomini che sono costretti a pagare alimenti alle loro ormai ex mogli solo perché le hanno sposate. Se avessero convissuto la cosa, per assurdo, sarebbe stata completamente diversa. In ogni caso puoi dire no a mille situazioni, anche quando uno vive tanti dolori interiori. Alla fine è molto più semplice di quanto possa sembrare. Basta dir no.

Un libro quindi ha una sorta di “potere terapeutico” in grado di lenire alcuni stati d’animo?
Assolutamente sì. Un buon libro può comunicarti alcune emozioni che possono anche essere di conforto a secondo delle situazioni. Nella scrittura in particolare non credo. In alcune fasi mi sono divertita, in altre è stata un po’ più pesante. Quindi direi che scriverlo non è stato terapeutico anzi, non ho raggiunto la catarsi.


Lei è molto attenta all’universo femminile con i suoi post su La 27a Ora, il “blog al femminile” del Corriere della Sera. Ritiene che oggi la lettura sia più donna o uomo?

Secondo me è abbastanza innegabile che ci siano a seconda di chi scrive dei tratti specifici. Se scrive un uomo il punto di vista è diverso da quello di una donna. Non è vero che è tutto uguale ma non farei una differenza di genere in termini qualitativi.

Qual è il suo rapporto con la lettura? Riesce a coniugare la vita professionale con il piacere di un buon libro?
I libri mi sono sempre piaciuti e fin da bambina infatti ho sempre cercato un mestiere vicino a qualcosa che avesse a che fare con la scrittura. Poi proprio perché amo così tanto i libri ho sempre pensato che non ne avrei mai scritto uno visto che ce ne sono tanti di buoni da leggere a cui non volevo aggiungere inchiostro buttato. Se non avessi trovato un’utilità non lo avrei mai fatto. Leggo tuttavia molto, ne ho sempre uno o due sul comodino e mi rammarico ancora per quanti di belli ancora devo leggerne.


Pensa che il nostro Paese abbia bisogno di puntare sulla cultura per crescere ancora di più?

Sicuramente, anche se devo dire che secondo me c’è qualcosa che non torna. Vedo che a molti bambini piace leggere e non è un caso che l’editoria si regga grazie a molti titoli per l’infanzia. Quindi non è vero che i più piccoli non prestino più attenzione o non abbiano più voglia di spendere il tempo leggendo libri. Poi però scatta qualcosa che effettivamente li allontana un po’ dalla lettura. Per questo trovare una chiave per far capire cos’è il bello di un libro, probabilmente iniziando a proporre buoni libri e non magari esclusivamente i classici che si leggono a scuola, può essere un modo per avvicinare sempre di più fin da bambini alla lettura. Credo che se impari fin da piccolo a capire che leggere è divertente continuerai a farlo anche da grande. Il problema è quando diventa un obbligo e non vedi l’ora di arrivare alla fine.    

7 maggio 2013

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