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Catena Fiorello, “Il pianto rivela la verità dell’uomo”

Catena Fiorello in "Tutte le volte che ho pianto" mette in primo piano le lacrime e l'autenticità, grazie a una eroina protagonista forte e semplice

MILANO – Il 13 febbraio è uscito l’ultimo libro di Catena Fiorello intitolato “Tutte le volte che ho pianto“, edito Giunti. Si tratta di una storia che affronta tematiche impegnative, come la separazione dei genitori dal punto di vista dei figli, la depressione, la perdita dei propri cari e il tradimento, ma con leggerezza e una grande spontaneità narrativa. Abbiamo incontrato la scrittrice e, tra chiacchiere e dolci, abbiamo discusso di alcuni aspetti del romanzo: il valore del pianto e la rilevanza della normalità.

L’importanza del pianto

Tutte le volte che ho pianto racconta la storia di Flora, una donna forte, che ogni giorno lotta per portare avanti la sua vita che sembra essersi spezzata dopo la separazione dal marito, che non riesce a dimenticare. Flora deve badare al bar, a una figlia adolescente che non vuole farsi una ragione della separazione dei genitori, e a sua mamma travolta dalla depressione, dopo la scomparsa del marito, compagno di una vita. L’incontro con Leo le restituisce la forza per concedersi un po’ di felicità. Flora è una donna che piange tanto perché nella propria vita ha sofferto moltissimo, tanto che ha creato intorno a sé una barriera per non rischiare di venire delusa un’altra volta.
Catena Fiorello, partendo dal titolo del romanzo, ha posto al centro le lacrime e la loro importanza. Il pianto è l’unico momento di autenticità per gli uomini: infatti incontrare una persona sorridente sul nostro cammino non ci influenza, ma imbattersi nel pianto altrui, ci smuove quell’umanità che spesso cerchiamo di occultare. Veniamo spinti ad agire e ad interrogarci, a provare empatia per l’altro. Certo è che oggigiorno impera, in primis sui social, la falsità dei sentimenti: in particolare su Instagram, il social network in cui fa da padrona l’apparenza, tendiamo a mostrarci sempre felici, innamorati, sicuri di noi stessi e per questo disumani, finti, posticci. Anche l’eccessiva emotività viene ostentata, basti pensare ai reality o ai talent show in cui tutti sembrano avere una storia alle spalle strappalacrime. Catena Fiorello si domanda quindi che fine abbiano fatto i veri sentimenti e le sincere emozioni. Questi sentimenti fasulli vengono quasi assimilati come normalità da parte delle generazioni più giovani, che sono immersi nella realtà dei social.

Flora, un personaggio autentico

La scrittura di Catena Fiorello, tanto invasiva e febbricitante da sostituirsi a qualsiasi altra attività, ha il grande pregio di plasmare personaggi a tutto tondo, talmente veri che noi stessi non fatichiamo a immedesimarci e ad immaginarci ogni lato del loro carattere. Per esempio, seppur la scrittrice non sia madre, riesce a capire e quindi a ricreare alla perfezione i pensieri, gli atteggiamenti e le preoccupazioni di Flora e a comprendere e riprodurre le riflessioni più inconsce della figlia Bianca. La scrittrice rivela che tale capacità risiede nel sapere ascoltare, osservare e fantasticare sulla vita degli altri: osservare sul treno i comportamenti della gente aiuta a comprendere da un punto di vista esterno, oggettivo, uno spaccato di società.
Sarà anche per questa grande abilità della scrittrice che i personaggi di Catena Fiorello sono normali: non si tratta di personaggi di alto rango, che vivono la propria vita tra un’avventura e l’altra, ma sono storie di piccole cose, di semplicità. Flora è un personaggio che vive la vita di tutti i giorni tra una preoccupazione e l’altra, dietro alle faccende domestiche, all’essere madre e al lavorare al bar. È una vita di sacrifici, la vita di ognuno di noi e per questo la sentiamo più vicina. Alla scrittrice infatti interessa questo tipo di personaggio, dotato di sostanza e di autenticità, probabilmente anche per le origini umili della scrittrice che la porta ad aderire a un tipo di visione del mondo più con i piedi per terra.

Credits photos: Luca Brunetti

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