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Ambrosini (Pres. ALI), “Le librerie sono le prime attività che devono riaprire”

Il Presidente dell'Associazione Librai Italiani lancia un appello alle istituzioni per la riapertura parziale delle librerie e invita i librai a ricorrere a corrieri e consegne a domicilio

Riaprire le librerie appena ci saranno le condizioni minime per una riapertura parziale del le attività del Paese. E’ questa la richiesta del Presidente dell’Associazione Librai Italiani Paolo Ambrosini al Governo italiano, chiedendo un confronto con le autorità per garantire tutte le misure di sicurezza necessarie. In questa intervista, il presidente ALI invita i librai a non perdere la clientela consentendo consegne a domicilio o tramite corriere. Tenere attività commerciali come le librerie ferme a lungo causa Coronavirus, secondo Ambrosini, significherebbe decretarne una forte crisi.

Qual è la situazione attuale delle librerie italiane?

Le librerie, rispetto ad altre attività rimaste aperte come le edicole, sono chiuse dal 12 marzo. Il fatto di essere chiuse implica una serie di problemi, in primis la sopravvivenza delle librerie. Qualsiasi azienda, rimanendo chiusa per troppo tempo, rischia di non poter resta in piedi. Ci vorrebbe da parte dello Stato l’assegnazione di risorse per consentire alle librerie di sopravvivere pur rimanendo chiuse. Non è solo un problema di liquidità, ma di costo, di economia. Quando si perde un dodicesimo del fatturato annuo si è già in perdita di redditività aziendale, per cui tutti i costi a cui una libreria deve far fronte (tasse, dipendenti, utenze, mutui ecc.) sono difficili da sostenere.

Quali misure occorre adottare?

La soluzione è rimettere liquidità nelle aziende per contrastare il problema nell’immediato, ma anche dare delle risorse a fondo perduto per far fronte alle entrate che non ci sono state in queste settimane. Noi come ALI solo fino al 25 marzo abbiamo stimato una perdita di 47 milioni di fatturato, con una perdita di 16 milioni di redditività da investire per mantenere i propri impegni aziendali. La soluzione non possono essere solo i finanziamenti dalle banche. Con le chiusure si sta caricando un settore, quello delle librerie, che era già debole di suo, a cui si sommano ulteriori oneri.

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Cosa possono fare le librerie per affrontare la meglio la situazione attuale?

Alla luce di tutto questo, abbiamo lavorato fin da subito per ottenere una minima possibilità per le librerie di operare attraverso consegne a domicilio o con i corrieri. Misure possibili anche grazie al contributo degli editori. Si tratta di modalità minimali, ma che permettono in primis di mantenere un rapporto con la clientela, che se in questo periodo ricorre ad altre strade poi è dura riconquistare.

Il passo successivo che abbiamo chiesto al Governo centrale è quello di valutare, appena ci saranno le condizioni, di riaprire le librerie. Esse sono tra le prime realtà che devono riaprire, seppur parzialmente e con tutte le precauzioni del caso. Ciò ci permette almeno di raccogliere qualcosa in più rispetto alle consegne a domicilio. Occorre trovare soluzioni di convivenza con questo problema sanitario, affinché il sistema imprenditoriale possa funzionare. Ringrazio scrittori e intellettuali che hanno lanciato petizione per consentire alle librerie di riaprire. È chiaro che tutte le cose van fatte nel momento in cui ci sono le condizioni.

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Qual è, quindi, la richiesta che fate al Governo italiano?

La richiesta è che quanto prima, appena ci sono le condizioni minime per una riapertura parziale del Paese, le librerie siano le prime attività a riaprire. Siamo pronti a confrontarci con le autorità per garantire tutte le misure di sicurezza necessarie. Tenere attività commerciali come le nostre ferme a lungo, significa decretarne la morte.

Quali strumenti date ai librai che non sanno come affrontare questo momento?

Per tutti i dubbi e le richieste dei singoli librai, l’ALI e Confcommercio sono a loro disposizione. Stiamo cercando di far capire al Governo tutti i nostri problemi. Non è semplice far capire ad una burocrazia cosa vuol dire fare impresa ed esser chiusi. Le aziende hanno bisogno oggi di essere supportate da uno Stato veloce, che liberi da certi vincoli burocratici. Rimanere fermi significa consegnare la propria clientela ad altri canali, un errore strategico da non commettere.

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