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Aldo Cazzullo, “Noi italiani diamo il meglio nelle difficoltà. Ce la faremo”

Il giornalista e scrittore Aldo Cazzullo racconta come nella storia del nostro Paese gli italiani siano sempre usciti dalle difficoltà grazie al loro amor di patria

Da sempre gli italiani danno il meglio di sé nei momenti difficili e drammatici. Il Piave, la Resistenza nata dopo l’8 settembre, la ricostruzione seguita dopo la seconda guerra mondiale ne sono degli esempi. Io penso che in generale noi italiani siamo più legati all’Italia di quanto siamo disposti a riconoscere. Ci piace parlarne male, ma se uno straniero lo fa, ci arrabbiamo.

Mamma Italia

L’Italia è come la mamma: la possiamo criticare soltanto noi. Il senso dello Stato lo abbiamo poco, però la patria è una cosa importante. Patria intesa come terra dei padri e delle madri. Questo amor di patria si manifesta soprattutto quando la storia nazionale si incrocia con la storia delle nostre famiglie. Ogni famiglia custodisce un pezzo della memoria nazionale e collettiva. Soprattutto le donne, come testimoniano lettere, medaglie, divise, cartoline, onorificenze. Diceva Giovanni Paolo II “L’amor di patria è un’estensione del quarto comandamento, onora il padre e la madre”.

Uniti nella diversità

Gli italiani sono legati al localismo. Esiste un forte legame con la piccola patria: il territorio, il campanile, il dialetto. Ciò non è negativo. Il bello di essere italiani è anche essere diversi gli uni dagli altri, la diversità è una ricchezza. Il legame con la piccola patria non è incompatibile con il legame che ci unisce con la patria in comune. Come in Veneto, Stato per mille anni e dove il sentimento localista è molto forte. Quando nel 1848 Venezia insorge contro gli austriaci, la guarnigione che comandava Venezia era composta per metà da soldati croati e per metà da contadini veneti che non amavano i veneziani. La guarnigione ha l’ordine di sparare alla popolazione inerme. Qui avviene il miracolo: i veneti rifiutano di sparare ad altri veneti. Daniele Manin, leader della ribellione di Venezia, ripristina la Serenissima Repubblica ma non sceglie il leone di San Marco come vessillo, ma il tricolore italiano con il leone in alto a destra. Segno che i due simboli possono stare insieme.

La vita per l’Italia

Attenzione: esiste un “patriottismo da balcone” che io rispetto, perché rappresenta la cultura popolare cantare “’O surdato ‘nnammurato” piuttosto che “Azzurro” o “L’Italiano”. Dietro questo aspetto però c’è sangue, ci sono gli italiani che hanno dato la vita per l’Italia. Dal Risorgimento alla Prima Guerra Mondiale, dalla Resistenza alla ricostruzione post secondo conflitto mondiale. Non esiste soltanto il folklore: c’è un’Italia seria, fatta da cittadini e soldati per cui l’Italia valeva la vita.

Ricostruiremo la nostra vita

“Presto ritorneremo e potrò riprendere il mio lavoro. Tanto ci sarà da lavorare in Italia, ma non ci sgomenta. Siamo giovani, l’entusiasmo non ci manca. Lavoreremo e ricostruiremo la nostra vita e non ci sarà gioia più grande”. Così scriveva al padre nella primavera del 1945 Enrica Filippini Lera, giovane donna appena liberata dal lager nazista. L’Italia si stava rialzando da una tragedia che non ha metri di paragone con l’attualità. Mezzo milione di compatrioti avevano perso la vita in battaglia, nelle rappresaglie tedesche, sotto i bombardamenti alleati, nella guerra civile, e appunto nei campi di prigionia in Germania. Il Paese era a pezzi. I nostri padri e le nostre madri lo ricostruirono in pochi anni, e ne fecero una delle grandi potenze mondiali.

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Recuperare lo spirito di resistenza

In questi giorni, dobbiamo recuperare uno spirito di resistenza, senza scomodare vicende più grandi rispetto a questo momento. Se questa è come una guerra, dopo dovrà seguire una ricostruzione. Il Coronavirus non è un fulmine a ciel sereno, ma una legnata che arriva alla fine di un ciclo molto duro per ltalia. Il nostro Paese, infatti, non si è mai ripreso dalla grande crisi del 2008-2010. Occorre ritrovare questo spirito di ricostruzione attraverso lavoro, sacrificio, fierezza, dignità, positività, ottimismo. La fiducia è quella che ci manca: abbiamo fatto più figli nel 1918, quando le donne che morivano per la febbre spagnola e gli uomini erano al fronte, che non nel 2018. Dobbiamo recuperare quello spirito, quella voglia di fare, la lungimiranza nel renderci conto che la vita dei nostri figli può essere migliore.

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Ascoltare i racconti dei nonni

I ragazzi devono in questo periodo ascoltare i racconti dei nonni; in questo momento pensano di essere la prima generazione costretta a fare rinunce e soffrire. Non è così: i nostri nonni hanno fatto dei sacrifici che noi non riusciamo nemmeno ad immaginare. Questi racconti possono aiutare a contestualizzare le sofferenze di oggi, renderle più comprensibili e sopportabili, quindi superabili.  Se sapremo rispettare i divieti e il buon senso, supereremo la fase critica e ci metteremo al lavoro per ripartire. Proprio per questo, la Ricostruzione seguita alla seconda guerra mondiale è il periodo da cui possiamo trarre esempi ed energia.

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