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Aldo Cazzullo, “Dante è il poeta che inventò l’Italia”

Secondo il giornalista e Scrittore Aldo Cazzullo, la costruzione dell’identità italiana è cominciata grazie al Sommo Poeta Dante. Ecco il suo viaggio nella Divina Commedia

“Dante non è soltanto il padre della lingua italiana. Dante è il padre dell’Italia”, un Paese che non è nato sui campi di battaglia, ma nelle opere degli autori e degli artisti che lo invocarono molto prima della sua nascita politica. Con questa riflessione inizia il nuovo libro di Aldo Cazzullo, A riveder le stelle. Opera che l’autore ha presentato con un doppio appuntamento a Pordenonelegge.

L’idea di Cazzullo è quella di guidarci, come aveva fatto Virgilio con Dante, nei luoghi dell’ Inferno, approfittandone per tratteggiare non solo la folla d’anime di cui pullula l’Inferno, ma anche per raccontare la storia, l’epica, la mitologia, la geografia senza cadere però nella tentazione di “piegare” il Sommo Poeta all’attualità.

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L’Italia è nata dalle parole di Dante

Dante è il poeta che inventò l’Italia. “Non ci ha dato soltanto una lingua – dice Cazzullo – ci ha dato soprattutto un’idea di noi stessi e del nostro Paese, una terra unita dalla cultura e dalla bellezza, destinata a un ruolo universale in quanto  raccoglie l’eredità dell’Impero romano e del mondo classico. E’ la culla della cristianità e dell’umanesimo”.  “L’Italia – continua Cazzullo – non è nata da una guerra o da un matrimonio dinastico, ma dalla Divina Commedia, dove Dante personaggio e autore non si dimostra tenero nei confronti degli Italiani”.  Celebri le invettive contro Pisa, (canto XXXIII Ahi Pisa, vituperio delle genti)  contro Genova (canto XXXIII  Ahi Genovesi, uomini diversi d’ogne costume e pien d’ogne magagna, perché non siete voi del mondo spersi?). Soprattutto contro Firenze, macchiata da corruzione e faide intestine. 

"E quindi uscimmo a riveder le stelle", i versi di Dante e la speranza di oggi

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Dante è severo con i compatrioti. Denuncia i politici corrotti, i Papi simoniaci, i banchieri ladri, gli usurai, e tutti coloro che antepongono l’interesse privato a quello pubblico. Ed è proprio la corruzione la colpa più grande degli uomini di allora, ma anche, si legge nascostamente tra i versi, una sempiterna caratteristica dell’umanità.

La modernità della Divina Commedia

Dante non è solo espressione del Medioevo, è anche il precursore della modernità. Pessoa lo definì l’uomo dell’Umanesimo tanto per l’episodio di Ulisse quanto perché è il poeta delle donne. “È solo grazie alla donna – spiega Cazzullo – se la specie umana supera qualsiasi cosa contenuta nel cerchio della Luna, vale a dire sulla Terra. La donna è il capolavoro di Dio, la meraviglia del creato; e Beatrice, la donna amata, per Dante è la meraviglia delle meraviglie. Sarà lei a condurlo alla salvezza”.

Ma il poeta ha parole straordinarie anche per le donne infelicemente innamorate, e per le vite spente dalla violenza degli uomini: come quella di Francesca da Rimini, vittima di un femminicidio.  Accanto alle donne nel libro  i tanti personaggi maledetti ma grandiosi che abbiamo dimenticato: la fierezza di Farinata degli Uberti, la bestialità di Vanni Fucci, la saggezza di Brunetto Latini, la malvagità di Filippo Argenti. E nella decima delle Malebolge i falsari – anche quelli che hanno rubato l’identità altrui – che sono puniti con le malattie infettive.

Riveder le stelle

“Una tragica abitudine della storia italiana, come si saprà di lì a poco con la peste del 1348, – dice il giornalista – da cui però come nel caso di questa pandemia siamo in grado di rialzarci e di “ riveder le stelle “, l’auspicio del titolo di questo libro”. Cazzullo racconta – con frequenti incursioni nella storia e nell’attualità – l’altro viaggio di Dante: quello in Italia. Nella Divina Commedia sono descritti il lago di Garda, Scilla e Cariddi, le terre perdute dell’Istria e della Dalmazia, l’Arsenale di Venezia, le acque di Mantova, la «fortunata terra di Puglia», la bellezza e gli scandali di Roma, Genova, Firenze e delle altre città toscane.

Ma nell’Inferno prevale il male, spiega Cazzullo, che è anche la chiave catartica per affrontare la lettura della Divina Commedia e che spiega perché l’Inferno è tra le tre cantiche la più amata. C’è speranza e c’è dolore , ma soprattutto c’è nel male una grandissima dignità, come dimostra, tra gli altri, l’episodio di Brunetto Latini, a cui Dante si rivolge con gentilezza e con cortesia. Il mistero del male fa parte di tutti noi, ma  nello stesso tempo esalta la nostra umanità e la nostra capacità tutta italiana di ripartire e di “riveder le stelle”.

Alessandra Pavan

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