Chi denuncia paga un prezzo. Accade alle donne che denunciano gli abusi di un compagno violento, accade a chi sceglie di non rimanere in silenzio, a scapito dell’immagine e del buon costume. Questa volta a subire le conseguenze di un atteggiamento omertoso è una maestra elementare, sospesa dalla dirigente scolastica per aver denunciato alle Forze dell’Ordine gli abusi subiti da una alunna di appena 6 anni. È accaduto nel Pavese settimana scorsa e la notizia ha iniziato a circolare velocemente. Noi oggi ne parliamo per far luce su quelle contraddizioni che animano ogni giorno di più il nostro Paese, e in questo caso la scuola. Proprio quel luogo che dovrebbe essere protetto, la seconda casa per tanti studenti che vivono situazioni di forte disagio in famiglia.
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I fatti
Più volte la bambina di appena 6 anni si era presentata in classe impaurita e con segni evidenti di violenza sul corpo. Il rendimento scolastico si stava abbassando e la bambina mostrava segni di isolamento, tristezza e paura. Tutto ciò non era sfuggito agli occhi attenti della maestra, che aveva immediatamente segnalato il caso alla dirigente dell’istituto, senza ricevere riscontri concreti. Ma di fronte all’ennesimo episodio di presunta violenza sulla bambina, la maestra non ha avuto esitazioni e ha deciso autonomamente di rivolgersi alle forze dell’ordine. La dirigente l’ha sospesa dall’insegnamento per un giorno. Il motivo? L’insegnante avrebbe violato il «segreto d’ufficio», ossia «avrebbe tenuto una condotta non conforme alle responsabilità e ai doveri inerenti il ruolo», e causato un danno d’immagine all’istituto. L’insegnante si è rivolta a quel punto al Tribunale di Pavia, dove la giudice Donatella Oneto ha invitato la nuova dirigente a revocare la sospensione e a restituire alla docente la mancata retribuzione. L’udienza è stata aggiornata a dicembre.
Perché gli insegnanti non sono ascoltati
La scuola è una seconda casa, o almeno così dovrebbe essere. Un luogo sicuro, a cui è affidato il compito non solo di istruire i nostri ragazzi, ma anche di crescerli e curarli. Uno spazio dove alla matematica, alla storia e alla letteratura, si affiancano il dialogo e l’ascolto. Uno spazio che sia anche un rifugio per tutti quegli studenti che vivono situazioni di disagio a casa. Dove manca la famiglia, è infatti la scuola ad assumersi una funzione “materna”, un ruolo di cura nei confronti dei tanti ragazzi che non trovano sostegno altrove. Ma quanto è accaduto nel Pavese ci mette di fronte a un atteggiamento dilagante nelle nostre scuole, dove insegnanti sempre più bistrattati e screditati vengono delegittimati continuamente. «Un fatto di una gravità inaudita — ha commentato l’avvocato Luisa Flore della Uil, che si sta occupando del ricorso in tribunale contro la sospensione —. È stata mortificata un’insegnante che ha avuto solo l’istinto di proteggere una minore vittima di violenze in famiglia».
Ultimo aggiornamento: “Insegnare non può essere un lavoro di trincea”
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