Sei qui: Home » Istruzione » Scuola » Chi denuncia paga un prezzo, la maestra sospesa per aver denunciato gli abusi su un’alunna

Chi denuncia paga un prezzo, la maestra sospesa per aver denunciato gli abusi su un’alunna

Il caso della maestra elementare sospesa è il segno di qualcosa di più profondo...Perché gli insegnanti hanno smesso di essere ascoltati?

Chi denuncia paga un prezzo. Accade alle donne che denunciano gli abusi di un compagno violento, accade a chi sceglie di non rimanere in silenzio, a scapito dell’immagine e del buon costume. Questa volta a subire le conseguenze di un atteggiamento omertoso è una maestra elementare, sospesa dalla dirigente scolastica per aver denunciato alle Forze dell’Ordine gli abusi subiti da una alunna di appena 6 anni. È accaduto nel Pavese settimana scorsa e la notizia ha iniziato a circolare velocemente. Noi oggi ne parliamo per far luce su quelle contraddizioni che animano ogni giorno di più il nostro Paese, e in questo caso la scuola. Proprio quel luogo che dovrebbe essere protetto, la seconda casa per tanti studenti che vivono situazioni di forte disagio in famiglia. 

LEGGI ANCHE: Sciopero degli insegnanti di Chicago, il simbolo di una crisi mondiale

I fatti

Più volte la bambina di appena 6 anni si era presentata in classe impaurita e con segni evidenti di violenza sul corpo. Il rendimento scolastico si stava abbassando e la bambina mostrava segni di isolamento, tristezza e paura. Tutto ciò non era sfuggito agli occhi attenti della maestra, che aveva immediatamente segnalato il caso alla dirigente dell’istituto, senza ricevere riscontri concreti. Ma di fronte all’ennesimo episodio di presunta violenza sulla bambina, la maestra non ha avuto esitazioni e ha deciso autonomamente di rivolgersi alle forze dell’ordine. La dirigente l’ha sospesa dall’insegnamento per un giorno. Il motivo? L’insegnante avrebbe violato il «segreto d’ufficio», ossia «avrebbe tenuto una condotta non conforme alle responsabilità e ai doveri inerenti il ruolo», e causato un danno d’immagine all’istituto. L’insegnante si è rivolta a quel punto al Tribunale di Pavia, dove la giudice Donatella Oneto ha invitato la nuova dirigente a revocare la sospensione e a restituire alla docente la mancata retribuzione. L’udienza è stata aggiornata a dicembre.

Perché gli insegnanti non sono ascoltati

La scuola è una seconda casa, o almeno così dovrebbe essere. Un luogo sicuro, a cui è affidato il compito non solo di istruire i nostri ragazzi, ma anche di crescerli e curarli. Uno spazio dove alla matematica, alla storia e alla letteratura, si affiancano il dialogo e l’ascolto. Uno spazio che sia anche un rifugio per tutti quegli studenti che vivono situazioni di disagio a casa. Dove manca la famiglia, è infatti la scuola ad assumersi una funzione “materna”, un ruolo di cura nei confronti dei tanti ragazzi che non trovano sostegno altrove. Ma quanto è accaduto nel Pavese ci mette di fronte a un atteggiamento dilagante nelle nostre scuole, dove insegnanti sempre più bistrattati e screditati vengono delegittimati continuamente. «Un fatto di una gravità inaudita — ha commentato l’avvocato Luisa Flore della Uil, che si sta occupando del ricorso in tribunale contro la sospensione —. È stata mortificata un’insegnante che ha avuto solo l’istinto di proteggere una minore vittima di violenze in famiglia».

Ultimo aggiornamento: “Insegnare non può essere un lavoro di trincea”

“Purtroppo non si tratta del primo episodio del genere” ha commentato Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti ricordando la vicenda di Giuseppe Falsone, professore in un istituto superiore della provincia di Treviso, sospeso dalla dirigente scolastica per aver denunciato il padre di uno studente che lo aveva aggredito. “Insegnare non può essere un lavoro di trincea, il docente deve entrare in classe con la serenità di chi sa di essere tutelato nell’esercizio della sua funzione. Perciò la Gilda propone l’istituzione del Consiglio superiore della docenza: un organismo che, analogamente a quanto avviene con il Consiglio Superiore della Magistratura, garantisca che le sanzioni disciplinari non siano utilizzate come armi improprie”.

LEGGI ANCHE: La denuncia di Giovanna Cristina Vivinetto, la prof licenziata perché transessuale

© Riproduzione Riservata