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Perché non scrivere, ovvero a nessuno gliene importa nulla di te

Continua la nostra rubrica "Come diventare scrittore" curata da Giulio Ravizza. In questo appuntamento scopriremo i motivi validi "per non scrivere" un libro

Forse ancor più interessante del Perché scrivere un romanzo, varrebbe la pena domandarsi Perché non scrivere un romanzo. Lancio una provocazione con l’intento di dare uno spunto di riflessione. Io non credo a chi scrive per un’esigenza o un’urgenza interiore. Per carità, ognuno faccia ciò che vuole del suo tempo libero: molti psicoterapeutici sostengono che mettere nero su bianco i propri ricordi più significativi abbia anche un valore terapeutico. Ma questa è una scrittura che si fa rivolti verso sé stessi e avendo sé stessi come unico interlocutore e baricentro. Scrivere un romanzo “per pubblicare” (e quindi per un pubblico) è tutta un’altra faccenda e tutto un altro mestiere.
Mi spiego meglio. Non basta aver sofferto per amore per scrivere un romanzo sull’amore. Delle tue pene a nessuno gliene importa un fico secco, ed è giusto così. Ma come? potresti obiettare, che ne è allora di Romeo e Giulietta, di Dante e Beatrice, del Conte Vrónskij e Anna Karenina, di Mimì e Rodolfo? Quelle non sono storie d’amore? A mio avviso no: sono concentrati di senso che ci fanno cogliere alcuni elementi di uno fra i sentimenti più misteriosi che ci capita di percepire. I capolavori citati riempiono dei vuoti. Illuminano le pieghe del nostro io. Ci raccontano di noi stessi e non delle vicissitudini personali di Shakespeare, Dante, Tolstoj e Puccini. Quelli sono concentrati di senso, non di esperienze. 
Intendiamoci, partire da quanto ci accade è sacrosanto, ma andare oltre è necessario se si vuole essere rilevanti per qualcuno di diverso da noi. Con “andare oltre” intendo che bisogna aggiungere un livello di astrazione che renda una mia intuizione rilevante anche per te, che sei una persona a cui legittimamente non importa delle mie beghe personali. Il semplificatore che è in me la metterebbe così: immagino tu abbia già i tuoi problemi da risolvere, perché mai farsi carico anche di quelli di uno sconosciuto che dice di aver avuto l’urgenza di scriverli? 
Nel mio piccolissimo, se è vero che con L’influenza del blu ho fatto leva sulla difficoltà di una scelta personale particolarmente controversa, è altrettanto vero che neppure il più attento dei lettori potrebbe risalire a quell’esperienza personale. Per passare da un episodio che interessa solo te ad un romanzo rivolto ad un pubblico vasto, basta porre su un piano più generico quanto ti accade nella vita reale. Nel mio caso di specie, quella scelta così controversa cui accennavo prima, mi ha fatto capire che spesso non c’è una decisione giusta o una sbagliata e che l’unico punto fermo è la nostra coscienza. E’ un rapporto ambiguo però quello che c’è fra chi siamo e cosa decidiamo. Prendiamo delle scelte in base a chi siamo (io sono una persona generosa e quindi decido di stare vicino al mio amico quando soffre), o sono le decisioni che prendiamo a raccontarci delle nostre identità profonde (tò guarda, in quel caso il mio amico soffriva e io gli sono stato vicino: si vede che sono una persona generosa)? Un solo, piccolo, modesto, semplice livello di astrazione ha trasformato un mio episodio personale in un motore narrativo valido anche per te. 
In conclusione. Se senti l’urgenza di scrivere, fallo: sarà bello ritagliare del tempo per te stesso e anche rileggerti tra qualche anno, quando sarai una persona diversa. Se però hai l’ambizione di pubblicare un romanzo e vederlo su uno scaffale, metti da parte questa pulsione e affacciati alla finestra. Li vedi tutti quegli uomini e quelle donne che passeggiano, chiacchierando o parcheggiano? Ciascuna di quelle persone ha un nome suo, delle angosce sue, delle ambizioni sue, delle speranze sue: ognuna di quelle persone ha un suo cielo emotivo e una sua postura mentale. Tu ce l’hai una storia di cui loro hanno bisogno?

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