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Stranizza d’amuri, la storia vera di Giorgio e Antonio che ha ispirato il film

L’emozionante e nostalgica pellicola, che ha visto Giuseppe Fiorello esordire alla regia, è liberamente ispirata a un fatto di cronaca nera accaduto in Sicilia all’inizio degli anni ’80.

STRANIZZA D’AMURI” è stato il primo che ha visto Giuseppe Fiorello alla regia, ottenendo l’ambito riconoscimento del Nastro d’Argento per il miglior esordio. L’emozionante e nostalgica pellicola, liberamente ispirata a un fatto di cronaca nera accaduto in Sicilia all’inizio degli anni ’80, sarà trasmesso in prima tv stasera venerdì 22 settembre alle 21.15 su Sky Cinema Due, in streaming su NOW e disponibile on demand.

Stranizza d’amuri

Giugno 1982, in una calda Sicilia che freme per la Nazionale Italiana ai Mondiali di calcio, due adolescenti, Gianni e Nino, si scontrano con i rispettivi motorini lungo una strada di campagna. Dallo scontro nasce una profonda amicizia, ma anche qualcosa di più, qualcosa che non viene visto di buon occhio dalle famiglie e dai ragazzi del paese. Coraggiosi e affamati di vita, Gianni e Nino non si curano dei pregiudizi, delle dicerie e vivono liberamente. Una libertà che gli altri non comprendono e non sono disposti ad accettare…

Il cast

Nel cast i giovani Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto, che interpretano i due giovani ragazzi protagonisti della vicenda, mentre Fabrizia Sacchi e Simona Malato vestono i panni delle loro madri

Il delitto di Giarre

Stranizza d’amuri è dedicato a Giorgio e Antonio, vittime del delitto di Giarre, avvenuto nel 1980 in provincia di Catania. Il tragico evento  divenne fondamentale nella storia del movimento di liberazione omosessuale italiano in quanto portò alla fondazione del primo circolo Arcigay.

Il 31 ottobre 1980 due giovani, Giorgio Agatino Giammona di 25 anni e Antonio Galatola di 15, scomparsi da casa due settimane prima, furono trovati morti, mano nella mano, uccisi da un colpo di pistola ciascuno alla testa. Tutti conoscevano i due ragazzi, che nel paese venivano chiamati «i ziti» (“i fidanzati”).

Giorgio, in particolare, era dichiaratamente gay poiché all’età di 16 anni fu sorpreso in auto dai carabinieri del posto insieme con un altro giovane e perciò fu denunciato; da ciò venne soprannominato in siciliano « puppu ‘ccô bullu » (corrispondente a “omosessuale con il timbro” da intendersi ovviamente in senso dispregiativo ed alludendo alla circostanza che poiché il fatto era stato accertato dalla pubblica autorità, verosimilmente, in un verbale sul quale era stato apposto un timbro, la circostanza era inoppugnabile).

Le indagini sul caso

Il delitto rivelò subito la sua matrice omofoba: giornalisti e telecamere che si recarono sul posto da tutta Italia per rendere nota la tragedia si scontrarono con l’omertà del paese, intimorito dall’idea di essere associato alla storia di una coppia omosessuale.

Le indagini portarono all’individuazione di un colpevole, Francesco Messina, nipote di Toni, all’epoca tredicenne e dunque non imputabile. Il giovane sostenne che a chiedergli di essere uccisi fossero state proprio le due vittime sotto minaccia di morte: riferì infatti alle forze dell’ordine che i due lo costrinsero a sparar loro minacciandolo che, in caso contrario, avrebbero sparato loro a lui. Due giorni dopo, tuttavia, il giovane Messina ritrattò, affermando di essersi assunto la responsabilità su pressione dei carabinieri.

Il Trailer del film 

 

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