“Fare sistema” affinchรฉ i personaggi italiani nei film vengano interpretati da attori italiani. E’ questo l’appello dell’attore Pierfrancesco Favino lanciato nel corso della Mostra del cinema di Venezia. La sua battaglia riguarda il modo in cui il cinema straniero guarda all’Italia in tema di stereotipi, che รจ una storia vecchissima di pizza e mandolino, ma anche di interpretazioni.
L’appello di Pierfrancesco Favino
“I Gucci avevano l’accento del New Jersey non lo sapevate?”, dice ironico citando la produzione di Ridley Scott House of Gucci a margine dell’incontro per Adagio di Stefano Sollima. Favino fa riferimneto al personaggio di Enzo Ferrari nel film di Michael Mann che verrร interpretato dall’attore Adam Driver, di certo non di origine italiana.
“C’รจ un tema di appropriazione culturale, non si capisce perchรฉ non io ma attori di questo livello – dice rivolto ai colleghi nel film Toni Servillo, Adriano Giannini, Valerio Mastandrea – non sono coinvolti in questo genere di film che invece affidano ad attori stranieri lontani dai protagonisti reali delle storie, a cominciare dall’accento esotico. Se un cubano non puรฒ fare un messicano perchรฉ un americano puรฒ fare un italiano? Solo da noi. Ferrari in altre epoche lo avrebbe fatto Gassman, oggi invece lo fa Driver e nessuno dice nulla. Mi sembra un atteggiamento di disprezzo nei confronti del sistema italiano, se le leggi comuni sono queste allora partecipiamo anche noi”.
Per me un attore รจ libero di interpretare una giraffa belga – aggiunge l’attore – Quello รจ il nostro mestiere, noi esistiamo per essere quello che non siamo. Ma se le regole comuni sono queste, allora a queste regole dobbiamo partecipare anche noi. Soprattutto perchรฉ chi viene qui da noi ha un risparmio del 45% di tasse”. Stando ai dati del Ministero della Cultura, il film Ferrari ha ricevuto un tax credit per la produzione di ben 24,1 milioni di euro (su un budget di 66,3) tutti anticipati da Intesa Sanpaolo.
Le reazioni
L’appello di Pierfrancesco Favino non รจ passato inosservato, suscitando commenti e reazioni differenti. Cosรฌ si รจ espresso su Repubblica il regista Pupi Avati: “Ha pienamente ragione, ha perfettamente senso che i personaggi italianai siano interpretati da italiani. Ferrari, un modenese, che viene dal Nebraska, fa un po’ ridere”. Meno schierato invece un altro regista italiano, Gabriele Salvatores che, sempre su Repubblica afferma: “Il tema posto da Pierfrancesco Favino, che รจ un mio caro amico, รจ una questione molto complessa, su cui bisognerebbe riflettere in maniera piรน approfondita. Comunque il fatto che oggi ne stiamo discutendo dimostra l’importanza del tema”.
Dalla parte di Favino si schiera anche l’attore Mads Mikkelsen: “Farei una premessa: se in Francia, in Germania, in Italia e in Spagna smettessero di doppiare i film in tutte le lingue, questo potrebbe essere un elemento importante per affrontare il problema. Ma finchรฉ continuano col doppiaggio, a chi importa quale sia la lingua, la cultura, dโorigine? Non ho mai capito perchรฉ fate questa cosa, per me folle. Abbiamo visto Tom Cruise interpretare un ufficiale nazista con un leggero accento tedesco e poi diventare americano in piena regola, da lรฌ in poi. Puoi farlo in questo tipo di film, in altri invece li rende meno credibili”.
Non si รจ fatta attendere la replica di Andrea Iervolino, Ceo del Gruppo ILBE e produttore del film Ferrari: “Negli ultimi trentโanni, il cinema italiano non ha creato uno star system riconoscibile nel mondo, cosรฌ come invece รจ stato ai tempi di Gassman. Gli altri Paesi non americani hanno avuto invece un approccio diverso, forse vincente: Banderas, Bardem, Cruz, Cassel, Cotillard, Kinnaman, Mikkelsen, Schoenaerts, Kruger sono oggi nomi internazionali. In Italia invece per lanciare talent italiani bisogna fare film internazionali, con nel cast un mix di attori stranieri e nostrani. Solo cosรฌ i talenti italiani, che sono tantissimi e non tutti ancora scoperti, possono iniziare ad avere visibilitร a livello mondiale”.
Photocredits: matteomerletto