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5 film premiati alla Mostra del Cinema di Venezia (+1) da riscoprire

In occasione dell'inaugurazione della Mostra del Cinema di Venezia, giunta alla sua ottantesima edizione, vi proponiamo 5 suggerimenti (+1) sui film premiati gli scorsi anni da riscoprire.

Compie ottant’anni la Mostra del Cinema di Venezia, che apre le danze con la proiezione di “Comandante”, il film di Edoardo De Angelis con protagonista Pierfrancesco Favino. Con ben 23 titoli in concorso – di cui 6 italiani – l’edizione di quest’anno vede la partecipazione delle pellicole più attese nelle sale cinematografiche per questo autunno. E mentre i primi ospiti internazionali approdano al Lido, noi riscopriamo insieme 5 film premiati gli scorsi anni che meritano di essere rispolverati.

Mostra del Cinema di Venezia, 5 film premiati (+ 1) da riscoprire 

“La scelta di Anne – L’Événement”. Regia di Audrey Diwan – 2021

Vincitore del Leone d’Oro come Miglior Film alla 78esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, “La scelta di Anne – L’événement” è uno di quei film che non possono lasciare indifferente lo spettatore. Audrey Diwan si ispira a “L’evento” di Annie Ernaux per raccontare la storia di una giovane donna sola, con un bagaglio colmo di sogni e una scelta lacerante da compiere.

Anne, studentessa ventitreenne, si muove nella Francia degli anni ’60 con il desiderio di fare della letteratura una professione. Dinamica, moderna e innamorata della vita, Anne mangia, beve, legge Sartre e Camus, balla. Gode delle piccole gioie quotidiane mentre coltiva il suo sogno.

La sua esistenza precipita quando scopre di essere incinta e capisce di voler abortire, in una Francia in cui non è ancora in vigore la Loi Veil e l’aborto è punibile penalmente. Quello di Audrey Diwan è un film da riscoprire al di là del prestigioso premio che ha ottenuto. Con “La scelta di Anne – L’événement”, la regista ci pone dinanzi a una situazione che ha interessato e interessa tutt’oggi molte donne, un “evento” che troppo spesso esse sono costrette ad affrontare da sole, contro il mondo.

“Il buco”. Regia di Michelangelo Frammartino – 2021

Ha ottenuto il Premio speciale della giuria nel 2021. “Il buco” è un film da riscoprire perché riporta alla luce – nel senso letterale del termine – l’impresa di un gruppo di speleologi piemontesi che nel 1961 si sono addentrati nell’Abisso del Bifurto, un profondo inghiottitoio di origine carsica collocato nei pressi del Pollino, in Calabria.

L’impatto visivo de “Il buco” ha dell’incredibile. Michelangelo Frammartino ci regala inquadrature insolite, poetici giochi di luci e ombre, scene ecologiche che rappresentano una discesa verso le viscere della terra in un momento in cui in altre zone d’Italia si costruiscono grattacieli per celebrare il boom economico.

“Roma”. Regia di Alfonso Cuarón – 2018

Con “Roma”, Alfonso Cuarón ha vinto il Leone d’Oro nel 2018 e numerosi altri premi, fra cui tre Oscar nel 2019. Il film, che ha letteralmente stregato giuria e ospiti, ha sancito il ritorno di Cuarón alle sue origini, il Messico. “Roma” è infatti il quartiere medioborghese di Città del Messico dove si snodano le esistenze della dolce e coraggiosa Cleo, domestica presso una famiglia benestante, e della sua famiglia.

Il film, girato in bianco e nero, porta lo spettatore alla scoperta del Messico degli anni ’70, in cui classi sociali di estrazioni diverse convivevano e sgomitavano, con mezzi più o meno leciti, per farsi strada in un mondo migliore.

Perché guardare “Roma”? È senza ombra di dubbio la pellicola più personale e malinconica di Alfonso Cuarón; è un potente ritratto familiare in grado di rievocare le grandi saghe letterarie e, al tempo stesso, è veicolo di una denuncia sociale che fa riflettere sulle dinamiche del potere che, nostro malgrado, interessano anche il tempo in cui viviamo.

“Il cerchio”. Regia di Jafar Panahi – 2000

Jafar Panahi, che nei mesi scorsi era stato incarcerato in Iran, è stato insignito del Premio speciale della giuria per “Gli orsi non esistono” nel 2022. Ma il film di cui vi parliamo oggi è “Il cerchio”, premiato con il Leone d’Oro nel 2000, che racchiude già nel titolo la chiave di lettura dell’opera.

Si tratta di una serie di otto racconti apparentemente slegati fra loro. Protagoniste, otto donne che si muovono in un Iran inospitale, in cui la femminilità è guardata con circospezione e paura. La circolarità del titolo fa riferimento non solo alle modalità con cui Panahi assembla i racconti, collegati da un fil rouge che si manifesta alla fine della pellicola, ma anche all’idea di chiusura, di limite, che è sottintesa nella figura geometrica in questione.

“Il passaggio del Reno”. Regia di André Cayatte – 1960

L’ultimo film premiato che vi suggeriamo è un classico, vincitore del Leone d’Oro nel 1960 – non senza critiche -. Con “Il passaggio del Reno”, André Cayatte racconta uno spaccato dell’Europa degli anni ’40.

Dopo la sconfitta della Francia nel 1941, si ritrovano prigionieri in Germania, assegnati ai lavori agricoli in una fattoria, due uomini molto diversi: un giornalista che, appena può, fugge a Londra per riprendere la lotta, e un pasticciere che fraternizza coi contadini tedeschi. Dopo la pace il secondo andrà a vivere con i suoi amici d’oltre Reno, mentre il giornalista avrà una grave crisi scoprendo che la propria compagna era un’informatrice dei nazisti.

Con la sua pellicola, Cayatte si sofferma su tematiche quali la guerra, la resistenza e il collaborazionismo, dando vita a due personaggi che sì, sono stati risparmiati dalla guerra, ma forse solo fisicamente.

“Rocco e i suoi fratelli”. Regia di Luchino Visconti – 1960

Eccoci al +1. Una delle ragioni per cui la premiazione del “Passaggio del Reno” è stata tanto osteggiata è da ricercare nella partecipazione alla stessa edizione della Mostra del Cinema di Luchino Visconti con “Rocco e i suoi fratelli”, autentico capolavoro del regista che, secondo molti,  avrebbe dovuto vincere il riconoscimento a mani basse.

Il film di Visconti si ispira alla celebre tetralogia di Thomas Mann, “Giuseppe e i suoi fratelli“, e ad altri classici della letteratura come “L’idiota” di Dostoevskij per riportare alla luce il dramma della questione meridionale. Protagonista della pellicola è infatti una famiglia lucana costretta a emigrare a Milano dopo la tragica morte del padre.

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