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“Oliver Twist”, il film tratto dal romanzo di Dickens

"Oliver Twist" è un film del 2005, tratto dall'omonimo romanzo di Charles Dickens, diretto dal grande regista Roman Polanski.

Stasera, su Tv2000, andrà in onda uno dei film più amati di sempre tratto dall’omonimo romanzo di Charles Dickens “Oliver Twist”. Il film diretto da Roman Polanski, ripercorre le vicende del povero ragazzo attraverso una sceneggiatura e una fotografia degni del nome di uno dei più grandi registri viventi.

 

L’adattamento del romanzo di Charles Dickens

Trasmesso nelle sale cinematografiche nel 2005 e accolto positivamente dal pubblico e critica, questo adattamento fedele e non superficiale dell’amato romanzo di Charles Dickens Oliver Twist può inizialmente sembrare una strana scelta registica per Roman Polanski, un regista principalmente associato agli elementi più oscuri e inquietanti dell’esperienza umana. Ma data la traumatica infanzia polacca di Polanski – suo padre e sua madre furono entrambi deportati nei campi di lavoro durante la Seconda Guerra Mondiale, lasciandolo alle cure di una serie di famiglie per tutta la durata della guerra – non dovrebbe sorprendere che sia stato attratto dall’orfano protagonista, che sperimenta sia la gentilezza che la crudeltà come giovane ragazzo nell’Inghilterra vittoriana.

Oltre tutto, il regista dopo aver diretto il film “Il pianista“, voleva dedicarsi ad una pellicola adatta ai suoi figli, in grado di raccontare una storia di coraggio, gioventù e rinascita.

 

Oliver Twist e la chiave di lettura di Polanski

Fin dal momento in cui viene esortato dai suoi compagni di vita all’ospizio dei poveri a chiedere più pappa, Oliver è un personaggio stranamente passivo, quasi un personaggio Candido che passa dalla fortuna alla disgrazia con una regolarità allarmante. Senzatetto e affamato per le strade di Londra, viene accolto dall’Artful Dodger per vivere con una banda di giovani borseggiatori, con l’aspettativa che scambi la sua virtuosità con la vita di un piccolo criminale. Sebbene questo nuovo ambiente gli offra un rifugio sicuro e le necessarie lezioni di sopravvivenza, mira anche a sfruttarlo. Questa dicotomia è meglio personificata da Fagin, l’anziano ricettatore che gestisce la famiglia di borseggiatori con uguale misura di benevolenza e cattiveria. Nel ruolo di Fagin, Kingsley (irriconoscibile nel ruolo) cattura l’ambivalenza morale di un personaggio che troppo spesso è stato ritratto come una caricatura antisemita. I lineamenti delicati e lo sguardo da cerbiatto di Clark si adattano bene all’innocenza descritta da Dickens, ma l’attore bambino non suscita simpatia con falsi pretesti. Ciò è dovuto in gran parte alla regia diretta di Polanski, che rifugge da grandi momenti drammatici e da primi piani sbiaditi.

Come ne Il pianista, Polanski si accontenta di lasciare che sia la narrazione del film a evocare le emozioni che desidera far provare al pubblico. Alcuni si saranno chiesti se fosse necessario portare ancora una volta sullo schermo la storia di Dickens, ma l’abile adattamento di Polanski dimostra che c’è ancora vita in quella storia ben nota di un ragazzo che batte ogni avversità.

Il tema del fallimento della carità

Gran parte della prima parte di Oliver Twist mette in discussione le organizzazioni di carità gestite dalla Chiesa e dal governo all’epoca di Dickens. Il sistema descritto da Dickens fu messo in atto dalla Poor Law del 1834, che stabiliva che i poveri potevano ricevere l’assistenza del governo solo se si trasferivano nelle case di lavoro governative. I residenti di queste case di lavoro erano essenzialmente dei detenuti i cui diritti erano severamente limitati da una serie di norme onerose. Era richiesto lavoro, le famiglie erano quasi sempre separate e le razioni di cibo e vestiti erano scarse. Le case di lavoro funzionavano secondo il principio che la povertà fosse la conseguenza della pigrizia e che le terribili condizioni della casa di lavoro avrebbero ispirato i poveri a migliorare le proprie condizioni. Tuttavia, la dislocazione economica della Rivoluzione industriale rendeva impossibile per molti farlo, e le case di lavoro non fornivano alcuno strumento per il miglioramento sociale o economico. Inoltre, come Dickens sottolinea, i funzionari che gestivano le case di lavoro violavano palesemente i valori che predicavano ai poveri. Dickens descrive con grande sarcasmo l’avidità, la pigrizia e l’arroganza degli operatori caritatevoli come il signor Bumble e la signora Mann. In generale, le istituzioni caritatevoli non fanno altro che riprodurre le terribili condizioni in cui i poveri vivrebbero comunque. Come dice Dickens, i poveri scelgono tra “morire di fame con un processo graduale in casa o con un processo rapido fuori di essa”.

Il tema dell’individualismo in Oliver Twist

Con l’ascesa del capitalismo durante la rivoluzione industriale, l’individualismo era molto in voga come pensiero. I capitalisti vittoriani credevano che la società avrebbe funzionato meglio se gli individui avessero curato i propri interessi. Ironia della sorte, la pronuncia più chiara di questa filosofia non viene da un uomo d’affari legittimo, ma da Fagin, che opera nelle attività illecite del furto e della prostituzione. Egli dice a Noah Claypole che “il rispetto per il numero uno ci tiene uniti e deve farlo, a meno che non andiamo tutti in pezzi in compagnia”. In altre parole, gli interessi del gruppo si mantengono al meglio se ogni individuo si preoccupa del “numero uno”, ovvero di se stesso. La follia di questa filosofia è dimostrata alla fine del romanzo, quando Nancy si rivolta contro Monks, Charley Bates contro Sikes e Monks contro la signora Corney. La famiglia instabile di Fagin, tenuta insieme solo dall’interesse personale dei suoi membri, è contrapposta alla piccola società formata da Oliver Twist, Brownlow, Rose Maylie e dai loro numerosi amici. Questo secondo gruppo è legato non da interessi personali, ma da “forte affetto e umanità di cuore”, la devozione disinteressata verso l’altro che Dickens considera il prerequisito per la “perfetta felicità”.

 

 

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