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“Io non mi sento italiano” di Gaber, un ritratto sincero dell’Italia di oggi

In questa canzone, Gaber parla con amarezza e disillusione del nostro Paese, ma allo stesso tempo emerge anche il suo amore per l'Italia e per il suo passato

Tratto dall’album omonimo di Giorgio Gaber, “Io non mi sento italiano” ĆØ uno dei pezzi piĆ¹ significativi della canzone italiana. Scritto nel 2002, pochi mesi prima che Giorgio Gaber ci lasciasse, “Io non mi sento italiano” ĆØ un ritratto sincero e – a tratti – spietato del nostro Paese. Nella lettera rivolta al Presidente, Gaber parla infatti con amarezza e disillusione dell’Italia e delle sue contraddizioni, ma allo stesso tempo emerge anche l’orgoglio di essere italiani. PerchĆ©, in fondo, “io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono”.

“Io non mi sento italiano”, un ritratto dell’Italia

Nel testo Gaber enumera una serie di fattori per cui non si sente orgoglioso di essere italiano, con riferimenti all’attualitĆ  e alla storia d’Italia. A partire dai calciatori che non conoscono l’inno nazionale, alle camicie nere “al tempo del fascismo”, Gaber racconta le contraddizioni di un paese “sfasciato”, dove “tutto ĆØ calcolato e non funziona niente”. Man mano che procede nell’elencare tutto quello che non funziona, ĆØ impossibile non percepire tuttavia il suo amore per l’Italia. Che descrive come un paese pieno di poesia, dove gli Italiani sono “troppo appassionati”. Ma “a parte il disfattismo, noi siamo quel che siamo e abbiamo anche un passato che non dimentichiamo”. Celebre il passaggio, in cui Gaber, rivolgendosi ancora una volta al Presidente, rivendica davanti a tutto il mondo il Rinascimento: “Mi scusi Presidente ma forse noi italiani per gli altri siamo solo spaghetti e mandolini. Allora qui mi incazzo son fiero e me ne vanto gli sbatto sulla faccia cos’ĆØ il Rinascimento”. A chiudere il testo ĆØ perĆ² un messaggio di speranza, un invito a lottare per costruire l’Italia che vogliamo. “Ma un po’ per non morire, o forse un po’ per celia, abbiam fatto l’Europa, facciamo anche l’Italia”.

Il testo

Io G. G. sono nato e vivo a Milano.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
non ĆØ per colpa mia
ma questa nostra Patria
non so che cosa sia.

PuĆ² darsi che mi sbagli
che sia una bella idea
ma temo che diventi
una brutta poesia.

Mi scusi Presidente
non sento un gran bisogno
dell’inno nazionale
di cui un po’ mi vergogno.

In quanto ai calciatori
non voglio giudicare
i nostri non lo sanno
o hanno piĆ¹ pudore.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
se arrivo all’impudenza
di dire che non sento
alcuna appartenenza.

E tranne Garibaldi
e altri eroi gloriosi
non vedo alcun motivo
per essere orgogliosi.

Mi scusi Presidente
ma ho in mente il fanatismo
delle camicie nere
al tempo del fascismo.

Da cui un bel giorno nacque
questa democrazia
che a farle i complimenti
ci vuole fantasia.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Questo bel Paese
pieno di poesia
ha tante pretese
ma nel nostro mondo occidentale
ĆØ la periferia.

Mi scusi Presidente
ma questo nostro Stato
che voi rappresentate
mi sembra un po’ sfasciato.

E’ anche troppo chiaro
agli occhi della gente
che tutto ĆØ calcolato
e non funziona niente.

SarĆ  che gli italiani
per lunga tradizione
son troppo appassionati
di ogni discussione.

Persino in parlamento
c’ĆØ un’aria incandescente
si scannano su tutto
e poi non cambia niente.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
dovete convenire
che i limiti che abbiamo
ce li dobbiamo dire.

Ma a parte il disfattismo
noi siamo quel che siamo
e abbiamo anche un passato
che non dimentichiamo.

Mi scusi Presidente
ma forse noi italiani
per gli altri siamo solo
spaghetti e mandolini.

Allora qui mi incazzo
son fiero e me ne vanto
gli sbatto sulla faccia
cos’ĆØ il Rinascimento.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Questo bel Paese
forse ĆØ poco saggio
ha le idee confuse
ma se fossi nato in altri luoghi
poteva andarmi peggio.

Mi scusi Presidente
ormai ne ho dette tante
c’ĆØ un’altra osservazione
che credo sia importante.

Rispetto agli stranieri
noi ci crediamo meno
ma forse abbiam capito
che il mondo ĆØ un teatrino.

Mi scusi Presidente
lo so che non gioite
se il grido “Italia, Italia”
c’ĆØ solo alle partite.

Ma un po’ per non morire
o forse un po’ per celia
abbiam fatto l’Europa
facciamo anche l’Italia.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
per fortuna o purtroppo
per fortuna
per fortuna lo sono.

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