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Mahmood, l’inevitabile e indispensabile libertà di espressione nella musica

La libertà è il tema centrale della decima edizione della rassegna Il Tempo Delle Donne. Durante l’evento “Il mio canto libero”, Mahmood ha dialogato sulla libertà con i giornalisti Barbara Stefanelli e Andrea Laffranchi

La libertà è il tema centrale della decima edizione della rassegna Il Tempo Delle Donne organizzata dal Corriere della Sera tenutasi questo weekend. Venerdì 8 settembre siamo stati all’evento “Il mio canto libero”, tenutosi in Triennale presso il Teatro dell’Arte, che ha visto come protagonista Mahmood in dialogo con Barbara Stefanelli -Vicedirettrice vicaria del Corriere- e Andrea Laffranchi, giornalista e critico musicale.mahmood-libertà.jpg-2

Il significato di libertà per un Mahmood

Durante la chiacchierata con i due giornalisti, Mahmood, ormai artista internazionale a tutti gli effetti, ha raccontato ciò che più gli preme nell’ottica della libertà – artistica e non, con la semplicità che tanto lo contraddistingue. Partendo dalla domanda “Cosa è per te libertà?” di Barbara Stefanelli, il discorso ha toccato diversi aspetti, da quello lavorativo a quello personale, fino ad un’ottica più universale in cui oggi la libertà di espressione viene minata dal cosiddetto politicamente corretto e dalla cancel culture. 

Nel mio caso la libertà potrebbe essere tutto, in particolare per uno come me che tende sempre scrivere tutto quello che gli passa per la testa nelle canzoni. La libertà di espressione, la libertà di raccontarsi a trecentosessanta gradi è qualcosa di inevitabile. Autocensurandomi mi sentirei falso.”   – Mahmood

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Il politicamente corretto, i social e la paura di esprimersi

La conversazione è poi virata sul mondo dei social con Andrea Laffranchi che ha sottolineato quanto effettivamente l’atteggiamento di Mahmood sia molto libero e onesto, senza per forza voler restare ancorato e apparire nei canoni attuali dell’essere cool. “Per me la cosa più cool alla fine – ha risposto il cantante – è il vivere le cose semplici”.

Sempre a questo proposito Mahmood ha riportato però una sensazione di disagio all’interno dei social. “Mi capita  di leggere  commenti e noto sempre che c’è tanta cattiveria e tanta rabbia. Questa cosa un po’mi preoccupa. Nella vita succede di dire la cosa sbagliata, di fare un’uscita infelice e oggi non c’è più perdono. La cosa è preoccupante, soprattutto per chi fa un lavoro come il mio che è quasi sempre esposto ad interviste e si trova a dover dare opinioni.” Questo, secondo Barbara Stefanelli, ha molto a che vedere con il tracollo della libertà di espressione, quel politicamente corretto portato all’esasperazione che diventa arma per distruggere l’altro. “Non dovrebbe proprio esserci l’avverbio ‘politicamente’. Bisogna essere corretti e rispettosi”, conclude Stefanelli.

Il politically correct si è fatto così forte che effettivamente oggi blocca un po’ la libertà. Vieni cancellato in tempo zero, non c’è più un margine di errore e quindi nemmeno più tanta libertà.”

La musica come strumento di libertà

Esprimere opinioni, dunque, è diventato qualcosa di complicato. Di qualunque cosa si parli, una persona che esprime il proprio pensiero è sempre attaccabile, non c’è quasi più la possibilità di un ascolto critico. Gli artisti, però, in particolare i cantautori, hanno una marcia in più sotto questo aspetto. “Forse chi scrive canzoni ha un vantaggio in più, una libertà in più. Scrivere un pensiero in un testo è diverso. E preferisco farlo in questo modo, perché mi sento libero di dire tutto quello che penso. E ciò non vuol dire evitare di essere attaccabili, perché altrimenti sarebbe censura anche quella. […] Sono ancora tanti gli artisti che scrivono canzoni per parlare, raccontare o confessarsi e questo è da apprezzare”.

 

Alice Turiani

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