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Io Capitano, le storie di migranti che hanno ispirato il film di Matteo Garrone

La pellicola in corsa agli Oscar come miglior film internazionale è ispirata a storie vere di migranti, raccolte dallo stesso registra per la sceneggiatura del suo film.

In corsa per l’Oscar come Miglior Film Internazionale, “Io Capitano“, intensa pellicola firmata da Matteo Garrone, è in programmazione in versione originale su Sky Cinema Uno e in streaming su NOW e disponibile on demand. La pellicola è ispirata a storie vere di migranti, raccolte dallo stesso registra per la sceneggiatura del suo film.

Io Capitano

Presentato in concorso all’80ª edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e vincitore del Leone d’argento per la miglior regia e del Premio Marcello Mastroianni al protagonista Seydou Sarr, “Io Capitano” racconta l’odissea contemporanea di due giovani migranti senegalesi, Seydou e Moussa, che attraversano l’Africa con tutti i suoi pericoli per inseguire un sogno chiamato Europa.

I due senegalesi adolescenti decidono di lasciare il loro Paese per raggiungere l’Italia e sfuggire alla miseria. Transitano attraverso il Mali muniti di falso passaporto e, benché la truffa venga scoperta da un poliziotto, evitano la prigione in cambio di denaro. Giunti in Niger, affrontano il deserto sino all’ingresso in Libia, dove vengono arrestati e condotti in centri di detenzione separati.

Seydou viene sottoposto a tortura ma riesce a uscire, in quanto un altro detenuto lo spinge a offrirsi al pari di lui come muratore. Avendo lavorato bene, entrambi vengono messi in libertà e gli viene pagato il viaggio per Tripoli. Nella capitale libica Seydou ritrova Moussa, con cui riprende il cammino verso l’Europa.

Quando si rivolgono a un faccendiere, Ahmed, che organizza le traversate nel mar Mediterraneo, non avendo abbastanza denaro, si vedono offrire un’unica possibilità: Seydou dovrà guidare la barca e tentare di condurre tutti i passeggeri sani e salvi in Sicilia.

Film tratto da storie vere

Il film è scritto da Matteo Garrone, Massimo Ceccherini, Massimo Gaudioso e Andrea Tagliaferri, a partire da un soggetto dello stesso Garrone ispirato alle storie vere di Madamou Kouassi, Arnaud Zohin, Fofana Amara, Brhane Tareke e Siaka Doumbia, tutti ragazzi che hanno compiuto davvero il viaggio dei due protagonisti del film.

Uno di questi, Mamadou Kouassi, è originario della Costa d’Avorio e dalla Libia è arrivato in Italia su un gommone. “Sono la voce di chi non ce l’ha fatta. Ne ho visti morire tanti davanti a me”, ha raccontato Mamadou, oggi attivista del centro sociale ex canapificio e del movimento migranti e rifugiati di Caserta: “Bisogna cambiare le leggi – dice – per fermare gli sbarchi clandestini”.

Il titolo del film “Io Capitano” è tratto proprio dalla frase pronunciata con orgoglio alla Guardia Costiera italiana da Fofana Amara, all’epoca un ragazzino quindicenne guineano.

“Io, che non sapevo neanche nuotare, ero riuscito a portare in Italia tutti sani e salvi e non potendo contenere la gioia, gridai “Je suis le capitaine”. Tutte le persone a bordo con me applaudivano, urlavano “Bravo capitano”. Più tardi vidi che la donna incinta, la prima a scendere, aveva in braccio un neonato e cominciai a piangere, avevo mantenuto tutte le mie promesse”, racconta Fofana, oggi venticinquenne residente  a Liegi, in Belgio, dove lavora in una azienda di trasporti.

Un film intenso e diverso dagli altri

“Io Capitano” di Matteo Garrone affronta un tema di stretta attualità come quello dei migranti in modo diverso rispetto ad altri progetti cinematografici europei che trattano l’emigrazione africana verso l’Europa, in questo caso vista non come ambientazione, ma come obiettivo da raggiungere, una vera e propria terra promessa.

Al centro di “Io Capitano” è l’essere umano protagonista di un’ “Odissea” ambientata nei giorni nostri, con focus particolare sulle storie dei due protagonisti, magistralmente interpretati da Seydou Sarr e Moustapha Fall, originari di Dakar, in grado secondo la critica di rendere la storia autentica in ogni fase del loro audace viaggio.

Il giornalista di Deadline Damon Wise ha definito “impeccabile” la tecnica cinematografica adottata per il film, scrivendo che il direttore alla fotografia Paolo Carnera è stato in grado di trasmettere “un’immediatezza sorprendente e coinvolgente”. 

Il film di Matteo Garrone non vuole spingere lo spettatore alla compassione, ma indurlo a riflettere e comprendere le difficoltà vissute da popolazioni non lontane geograficamente da noi, protagoniste di un’Odissea che non può lasciare nessuno indifferente.

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