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“12 anni schiavo”, la lotta di un innocente per la libertà

Tratto dall'omonimo libro, "12 anni schiavo" racconta la storia di Solomon Northup, una strenua lotta per la sopravvivenza, per riconquistare la libertà e soprattutto per conservare la sua dignità.

Stasera su Tv8 alle 21.30 andrà in onda “12 anni schiavo”, film di Steve McQueen, vincitore nel 2021 di tre Premi Oscar: come Miglior Film, come Miglior attrice non protagonista a Lupita Nyong’o e come Miglior sceneggiatura non originale a John Ridley.

“12 anni schiavo”, dal libro al film

Il libro da cui è tratto il film, che vi invitiamo a leggere, è l’omonima autobiografia di Solomon Northup “12 anni schiavo” del 1853.  Violinista dal grande talento che vive nello Stato di New York, nella contea di Saratoga, nel 1841 Solomon Northup viene drogato e rapito da due falsi agenti dello spettacolo, che lo vendono come schiavo in Louisiana. Per 12 anni vivrà in stato di schiavitù, cambierà tre padroni e lavorerà nella piantagione del crudele Edwin Epps.

Li capisce che gli schiavi valevano meno del bestiame: potevano essere picchiati, costretti a lavori massacranti, potevano morire nella completa indifferenza. Lui stesso venne assalito con un’ascia, minacciato di morte, fu costretto a uccidere per salvarsi. Poté vivere sulla sua pelle una delle pagine più nere della storia d’America, la piaga purulenta nascosta dietro la splendente vetrina del Paese che cresceva e abbatteva ogni confine. Persino il Campidoglio, il massimo monumento all’orgoglio americano, fu costruito dagli schiavi. La sua sarà una strenua lotta per la sopravvivenza, per riconquistare la libertà e soprattutto per conservare la sua dignità.

Poi, al culmine della disperazione, Solomon incontrò un uomo buono, un bianco che era completamente diverso dagli altri. A lui Solomon affidò una lettera per sua moglie, per farle sapere che era ancora vivo. Ebbe inizio il lungo, doloroso processo. E da quel momento tutto cambiò.

La lotta per la libertà

Tra la crudeltà di Epps e inaspettati quanto rari atti di bontà, Solomon lotta non solo per sopravvivere, ma anche per conservare la propria dignità. Nel dodicesimo anno della sua indimenticabile disavventura, l’incontro casuale con l’abolizionista canadese Samuel Bass rappresenta per la sua vita la svolta cui quasi non sperava più. Bass riesce a rintracciare la famiglia di Solomon che così in breve è raggiunto, identificato e finalmente liberato.

Tornato a casa, riabbraccia la moglie e i figli ormai adulti, tra cui la figlia che ha avuto un bambino che ha chiamato come suo padre. Negli anni successivi Solomon intraprese una battaglia legale contro i rapitori senza tuttavia avere successo e si impegnò nella causa abolizionista.

L’America di ieri e di oggi

Simbolo vivente della forza di ogni uomo per emanciparsi dalle proprie catene, Solomon Northup nella sua autobiografia non ci racconta solo di uno spaccato terribile della vita nel sud schiavista, ma anche di quell’altra metà umana della società, fatta da uomini e donne che, spesso correndo gravi rischi, hanno fatto di tutto perché un innocente fosse liberato. Quell’America così spaccata in due nella propria cultura che ancora oggi porta i segni di quel lontano passato.

 

 

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