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I versi di Zbigniew Herbert sul valore e sulla forza delle parole

Leggiamo questi intensi versi di Zbigniew Herbert tratti dalla poesia "Le parole" che ci ricordano quanto sia importante non sottovalutarne la forza.

Zbigniew Herbert, uno dei più grandi poeti polacchi del XX secolo, ha sempre avuto uno sguardo critico e lucido sul potere e sulla storia. Nei versi tratti dalla poesia “Le parole”, contenuti nel volume “L’epilogo della tempesta“, si delinea un’immagine inquietante e profonda del linguaggio come strumento di oppressione e resistenza. Il poeta sottolinea come le parole utilizzate dai dittatori, diffuse dagli altoparlanti e impresse nei giornali, diventino ombre, echi svuotati di significato autentico, ma capaci di perdurare nel tempo, sopravvivendo persino alle ideologie e ai regimi.

non loro ma le loro ombre
gocciolano dalle labbra dei dittatori
fluiscono dagli altoparlanti
frusciano come erba secca nei comunicati
nei giornali

sono pazienti

sono sopravvissute al diluvio

sono sopravvissute a Hammurabi
sopravvivranno ai cervelli al guinzaglio

Zbigniew Herbert e le parole come arma di resistenza

Il primo concetto chiave che emerge è la capacità delle parole di essere strumenti del potere. Esse “gocciolano dalle labbra dei dittatori”, suggerendo un’inesorabile discesa, quasi un contagio. I leader autoritari si servono delle parole per manipolare la realtà, per diffondere la propria propaganda e per controllare le masse. Gli altoparlanti, simbolo del totalitarismo e della comunicazione unidirezionale, amplificano questa retorica, mentre i giornali e i comunicati ne garantiscono la diffusione capillare.

Il poeta, con la metafora dell’ombra, evidenzia un aspetto essenziale: le parole del potere spesso non sono autentiche, ma mere proiezioni di un’idea, di un dogma imposto dall’alto. Esse non veicolano verità, ma illusioni, frasi fatte che si ripetono ossessivamente fino a diventare parte del tessuto quotidiano della società.

La resistenza delle parole

Tuttavia, Herbert non si limita a una critica del linguaggio del potere. I versi “sono pazienti / sono sopravvissute al diluvio” suggeriscono che, sebbene le parole possano essere strumentalizzate, esse possiedono una resilienza straordinaria. Sopravvivono alle ideologie, agli imperi, ai regimi. Il riferimento a Hammurabi, il sovrano babilonese noto per il suo codice di leggi, sottolinea la continuità storica della parola scritta: le parole sono esistite prima delle dittature moderne e continueranno ad esistere dopo la loro caduta.

L’ultima riga della citazione, “sopravvivranno ai cervelli al guinzaglio”, è una dichiarazione di speranza. Per quanto il linguaggio possa essere manipolato e utilizzato per condizionare il pensiero, esiste una forza intrinseca nelle parole che le rende inarrestabili. Esse riescono a oltrepassare le epoche, a scardinare le menzogne del potere e a riaffermare la verità quando meno ce lo si aspetta.

La lezione di Herbert: vigilanza e consapevolezza

Attraverso questa poesia, Herbert ci invita a una riflessione critica sulla parola e sul suo utilizzo. Oggi, in un’epoca caratterizzata dalla sovrabbondanza di informazioni e dalla manipolazione dei media, la lezione del poeta polacco è più che mai attuale. Le parole, per quanto possano essere distorte, non sono mai completamente sottomesse. Possono essere strumenti di dominio, ma anche di liberazione, a seconda di chi le usa e per quale scopo.

Per evitare che il linguaggio venga piegato al servizio del potere, è necessaria una costante vigilanza da parte di chi legge, ascolta e interpreta il mondo. Le parole sopravvivono, ma è compito dell’umanità far sì che esse siano portatrici di verità e non di mera propaganda.

Nei suoi versi, Herbert ci ricorda che le parole non appartengono esclusivamente ai dittatori o ai sistemi oppressivi. Esse trascendono il tempo, resistono alla censura e si infiltrano nelle crepe della storia. Spetta a noi riconoscere la loro potenza e impedire che diventino solo “ombre” prive di significato. Solo attraverso la consapevolezza critica e la libertà di pensiero possiamo garantire che il linguaggio rimanga un baluardo contro l’oppressione e un mezzo di espressione autentica della condizione umana.

Leggiamo adesso l’intera poesia

Le parole

Non hanno ancora detto tutto

pazienti come i costruttori delle piramidi
ostinate come i condannati al circolo polare
bruciate sui roghi
fucilate nelle cantine del Palazzo di Giustizia
tacciono

non loro ma le loro ombre
gocciolano dalle labbra dei dittatori
fluiscono dagli altoparlanti
frusciano come erba secca nei comunicati
nei giornali

sono pazienti

sono sopravvissute al diluvio
sono sopravvissute a Hammurabi
sopravvivranno ai cervelli al guinzaglio

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