In questi versi, tratti dalla poesia Le tre parole piรน strane, Wisลawa Szymborska โ premio Nobel per la Letteratura nel 1996 โ ci conduce con la consueta ironia filosofica in una riflessione profonda e folgorante sul rapporto tra linguaggio e realtร . Ogni parola, nel momento stesso in cui cerca di definire lโindefinibile, ne rivela la contraddizione. E cosรฌ, paradossalmente, quando tentiamo di nominare le cose piรน grandi, piรน eteree, piรน immateriali โ come il tempo, il silenzio, il nulla โ queste sfuggono, si trasformano, si contraddicono.
ยซQuando pronuncio la parola Futuro,
la prima sillaba giร va nel passato.
Quando pronuncio la parola Silenzio,
lo distruggo.
Quando pronuncio la parola Niente,
creo qualche cosa che non entra in alcun nullaยป
Wislawa Szymborska e le tre parole piรน strane
Il futuro: un tempo che non si puรฒ afferrare
Il primo paradosso riguarda il tempo: ยซQuando pronuncio la parola Futuro, / la prima sillaba giร va nel passatoยป. ร unโaffermazione che richiama la precarietร intrinseca del tempo e la sua relazione con la coscienza umana. Non appena cerchiamo di articolare unโidea del futuro, stiamo giร compiendo unโazione presente che, nellโatto stesso della parola, รจ diventata passato. La parola โfuturoโ, per quanto proiettata in avanti, non puรฒ mai liberarsi del presente che la contiene e del passato che la assorbe.
Questa riflessione ha radici che affondano nella filosofia del tempo da SantโAgostino fino a Heidegger. Per Agostino, il tempo esiste solo nella mente: passato come memoria, presente come attenzione, futuro come attesa. Per Szymborska, lโironia poetica รจ che il โfuturoโ, nominato, non รจ piรน futuro: รจ giร parte del nostro archivio verbale. ร una parola che, nel dirsi, tradisce la sua essenza, perchรฉ non puรฒ che fissarsi in un presente linguistico che la trasforma in storia.
Il silenzio: una condizione che la parola infrange
Il secondo verso introduce un altro concetto altrettanto elusivo: il silenzio. ยซQuando pronuncio la parola Silenzio, / lo distruggoยป. Qui la poetessa evidenzia il cortocircuito tra la realtร che si vuole evocare e lโatto stesso dellโevocazione. Il silenzio รจ, per sua natura, lโassenza di parola, di suono, di rumore. Eppure, per esistere nel nostro discorso, deve essere nominato, descritto, parlato. Ma nel momento stesso in cui lo facciamo, lo infrangiamo.
Questo paradosso รจ affascinante perchรฉ pone la questione dei limiti del linguaggio. Il silenzio รจ qualcosa che puรฒ solo essere vissuto, non detto. Esso รจ, a tutti gli effetti, uno spazio al di fuori del linguaggio, eppure la poesia โ che รจ parola distillata โ tenta sempre di avvicinarvisi. La poesia di Szymborska non fugge da questa tensione, anzi: ci si immerge, mostrando che anche nel dire il silenzio, noi accettiamo la perdita della sua purezza. Ma forse, proprio in questo atto fallimentare, il silenzio si fa piรน vero. Perchรฉ riconoscerne lโinfrangibilitร รจ giร un modo per onorarne la potenza.
Il niente: una creazione paradossale
Il terzo e ultimo paradosso รจ forse il piรน provocatorio: ยซQuando pronuncio la parola Niente, / creo qualche cosa che non entra in alcun nullaยป. Qui il gioco logico si fa ancora piรน sottile. Nominare il โnienteโ significa automaticamente trasformarlo in qualcosa: una parola, un concetto, unโidea. Ma โqualcosaโ non puรฒ stare nel โnienteโ, perchรฉ lo nega. Cosรฌ, nel tentativo di dire lโassoluta assenza, noi produciamo una presenza: quella del segno linguistico.
Il โnienteโ diventa, quindi, unโillusione creata dal linguaggio, unโombra dellโessere che perรฒ ha giร consistenza. Il filosofo tedesco Martin Heidegger, nel suo celebre saggio Che cosโรจ la metafisica?, afferma che ยซil nulla annientaยป e che ยซil nulla รจ ciรฒ che rende possibile lโessere dellโenteยป. Szymborska, da poetessa, riprende questa riflessione in chiave lirica: il โnienteโ, se nominato, si fa essere, ma un essere che non rientra in nessun essere definito. ร un โqualcosaโ che abita un altrove, un confine.
Il potere (e il limite) del linguaggio
In fondo, Le tre parole piรน strane non รจ soltanto una poesia sulle parole, ma sul potere e sullโimpotenza del linguaggio. Le parole sono strumenti potentissimi per comunicare, immaginare, pensare. Ma ci sono realtร โ come il tempo, il silenzio e il nulla โ che eccedono, sfidano, mettono in crisi la nostra capacitร di definirle. Szymborska, con la sua ironia gentile, ci mette di fronte a questa contraddizione senza mai cadere nel pessimismo: anzi, cโรจ una leggerezza nellโaccettare che alcune cose, semplicemente, non si possono dire senza modificarle.
La poesia ci insegna a convivere con questa ambiguitร . Ci mostra che anche laddove il linguaggio fallisce, o meglio, si contraddice, nasce qualcosa di prezioso: la consapevolezza della complessitร del reale. Ed รจ forse in questa tensione โ tra ciรฒ che vogliamo dire e ciรฒ che sfugge โ che si annida la bellezza della poesia.
La poesia come soglia verso la realtร
Szymborska ci conduce su una soglia: quella tra il detto e lโindicibile. Le sue parole non cercano di chiudere i concetti in una definizione, ma di mostrarne i limiti. Cosรฌ facendo, ci invita a guardare oltre, a pensare con profonditร ma anche con ironia, a non smettere mai di stupirci del fatto che una parola puรฒ essere insieme veritร e menzogna, presenza e assenza. Le tre parole piรน strane non sono soltanto tre parole; sono un invito a riflettere sul mistero che ogni parola porta con sรฉ.