Capita, a volte, di aprire un libro per caso e imbattersi in parole che sembrano scritte per noi, capaci di fermarci e farci riflettere. È ciò che accade per gli splendidi versi di Khalil Gibran che aprono Sand and Foam (Sabbia e Schiuma), la sua raccolta di aforismi e riflessioni, pubblicata per la prima volta da Alfred A. Knopf a New York nel 1926.
I versi poetici di Khalil Gibran si condensano in poche righe, semplici e luminose, che racchiudono una grandissima e profonda lezione che dovrebbe rimanere impressa per sempre nella mente e nell’anima di tutti gli esseri umani. La vita e le azioni che si compiono sono fragili e transitorie, mentre la natura, il mare e la terra restano immutabili nel tempo.
È la divisione esplicita di ciò che è universale e cosmico, contro ciò che è singolare e unico. Dove l’unicità non è sinonimo di qualcosa di
Cammino senza sosta su queste rive,
Tra la sabbia e la schiuma.
L’alta marea cancellerà le mie impronte,E il vento spazzerà via la schiuma.
Ma il mare e la riva rimarranno
Per sempre.
I am forever walking upon these shores,
Betwixt the sand and the foam.
The high tide will erase my foot-prints,And the wind will blow away the foam.
But the sea and the shore will remain
Forever.
I versi di Khalil Gibran trasmettono una verità tanto semplice quanto universale: la vita umana è breve e le tracce individuali sono destinate a svanire. Tuttavia, proprio questa fragilità rivela il valore del vivere come parte di qualcosa di più grande e duraturo.
La Terra, il mare, il cosmo resistono oltre il singolo destino e meritano rispetto, poiché custodiscono lo spazio vitale anche per chi verrà dopo.
Il messaggio dei versi di Khalil Gibran diventa così una lezione di umiltà, che ridimensiona ogni presunzione di eternità, e di rispetto, che chiede di riconoscere e proteggere ciò che trascende l’individuo. In questo equilibrio tra l’effimero e l’eterno risiede la forza più autentica del pensiero di Gibran.
Una grande lezione di umiltà che insegna a vivere nel rispetto
I versi di Khalil Gibran possono essere assimilati ad una breve poesia in prosa nello stile del grande genio libanese. Parole che scorrono con maestria e che non vogliono generare tristezza o trasferire il senso della fine e della perdita della vita. Ambiscono a qualcosa di più grande e maestoso, in cui in realtà ogni vita umana assume un ruolo importante, fondamentale.
Per Gibran, il valore della vita non sta nel lasciare un’impronta indelebile, ma nell’essere parte di un disegno più ampio. Le impronte svaniscono, ma il modo in cui ciascuno cammina, con umiltà e rispetto, può ancora generare bellezza e futuro.
L’aforisma di Khalil Gibran inizia con
Cammino senza sosta su queste rive,
L’immagine del cammino senza sosta descrive l’esistenza come un movimento continuo, mai interrotto. La riva è un confine simbolico, luogo di transito tra due mondi, ovvero la solidità della terra e l’instabilità del mare. L’essere umano è qui rappresentato come viandante, sempre in cerca, mai fermo.
I passi seguono un confine sottile, che prevedono sempre l’opportunità di un scelta. Il principio di volontà è chiaro, ogni umano ha la possibilità di decidere che cosa vuole essere e le azioni compiute determinano il destino di ogni persona.
Tra la sabbia e la schiuma.
Il poeta si colloca in mezzo a due simboli chiari e concreti. La sabbia trattiene le impronte, ma solo temporaneamente. La schiuma è la parte più fragile e instabile del mare, che appare e scompare in pochi istanti. Gibran mostra così come la vita sia segnata da ciò che è destinato a dissolversi.
L’alta marea cancellerà le mie impronte,
La marea, fenomeno naturale ciclico e inarrestabile, è metafora del tempo. Ogni impronta, ossia ogni azione compiuta, è destinata a sparire. Nessun gesto umano è eterno, e l’umano deve accettare con umiltà questa condizione.
E il vento spazzerà via la schiuma.
Il vento rappresenta la leggerezza impalpabile, che porta via le tracce più effimere. La schiuma diventa simbolo delle emozioni e delle parole fugaci. Il messaggio è che nulla di superficiale resiste. Ciò che non ha radici solide e profonde è destinato a svanire.
Ma il mare e la riva rimarranno
Per sempre.
Il “ma” introduce il punto centrale della scelta. Se l’individuo è fragile e transitorio, il cosmo resta. Mare e riva sono immagini dell’eterno, del divino, della natura che sopravvive a ogni singola vita. In questo contrasto si manifesta il nucleo del pensiero di Khalil Gibran. L’uomo passa, ma ciò che lo circonda rimane.
Una lezione antica che l’umanità fatica ancora a imparare
Ciò che svelano i versi Khalil Gibran è un principio antico, presente in tutte le culture tradizionali, che di fatto gli esseri umani non hanno mai davvero imparato a seguire. Un suggerimento dettato dal buonsenso e, proprio per questo, difficile da assimilare e fare proprio.
L’idea che la vita individuale sia fragile e destinata a dissolversi, mentre il cosmo resta, appartiene tanto al pensiero orientale quanto a quello occidentale. Nel buddhismo, la caducità (anicca) è uno dei tre tratti fondamentali dell’esistenza (insieme a dukkha, sofferenza o insoddisfazione, e anattā, non sé), e riconoscerla conduce alla liberazione dall’illusione dell’ego.
Nella filosofia greca, Eraclito insegnava che “tutto scorre” (panta rhei), mentre solo il logos universale resta come ordine immutabile. Anche nella tradizione cristiana, l’umiltà è il riconoscimento della piccolezza dell’uomo di fronte all’eternità di Dio e alla grandezza del creato.
Nonostante questa convergenza culturale, l’umanità continua a vivere come se le proprie impronte potessero rimanere incise per sempre. L’ossessione contemporanea per la visibilità, la fama, il successo e persino la traccia digitale contrasta con la verità semplice di Gibran, che tutto ciò che è individuale è effimero.
Accettare questo principio richiede umiltà. Non è un atteggiamento di rinuncia, ma la consapevolezza che la vita ha valore non per ciò che resta inciso, bensì per l’armonia con cui si partecipa a qualcosa di più grande. Richiede anche rispetto assoluto: verso la natura, che rimane oltre l’individuo; verso le generazioni future, che hanno diritto a camminare sulla stessa riva; verso gli altri esseri umani, anch’essi viandanti in cerca di senso.
In questo equilibrio tra fragilità dell’esistere e ciò che dura nel tempo, Khalil Gibran indica una via di saggezza universale. Bisogna smettere di inseguire l’eternità individuale e scegliere di contribuire al bene collettivo. Solo così le impronte, anche se destinate a svanire, possono generare un futuro di bellezza e giustizia.