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I versi di Trilussa su quanto sia rara la vera amicizia

Leggiamo questi versi tratti dalla strofa finale di "Sogni", poesia di Trilussa in cui il poeta romano racconta di una società ideale che... sogna.

Nel componimento “Sogni” di Trilussa, poeta romano noto per la sua satira pungente e la capacità di unire ironia popolare e riflessione esistenziale, emergono versi che toccano una delle corde più profonde dell’animo umano: il desiderio di un’amicizia autentica, sincera, eppure — spesso — inesistente nella realtà. I versi che andiamo ad analizzare sono particolarmente significativi perché, pur nella loro apparente semplicità espressiva, svelano una visione amara e lucida dei rapporti umani.

Nun ciò che un amico, sincero e leale,
che dice le cose papale papale,
che quanno ho bisogno de questo o de quello
s’investe e m’aiuta, da vero fratello.
È a lui che confido le gioje e le pene
perché me capisce, perché me vô bene…
Infatti ogni notte lo vado cercanno
ner vecchio castello che sogno da un anno.

Questi versi descrivono un’amicizia ideale, così perfetta da non poter esistere nella vita reale. L’io poetico, in prima persona, dichiara senza esitazione di non avere un amico vero, cioè qualcuno che sia contemporaneamente leale, sincero, solidale e fraterno. La ripetizione di qualità rare — “sincero”, “leale”, “papale papale”, “vero fratello” — indica un vuoto profondo, un’assenza che pesa.

L’amico dei sogni: un rifugio immaginario nei versi di Trilussa

Ma questa figura, che manca nella realtà, esiste nei sogni. È lì, nel mondo onirico, che il poeta incontra il suo vero amico, ambientato simbolicamente in un “vecchio castello” che sogna “da un anno”. La scelta del castello come luogo immaginario non è casuale: è uno spazio fiabesco, fuori dal tempo, remoto, forse decadente, ma carico di significati. Qui prende forma una relazione pura e ideale, nella quale il poeta può confidare “le gioje e le pene”, trovare comprensione, affetto, empatia.

L’immagine notturna e sognante rimanda a una fuga dalla realtà, a una zona franca dove le illusioni non vengono disilluse. Il sogno diventa il luogo dell’autenticità, mentre il giorno, la realtà quotidiana, è lo spazio della solitudine, della diffidenza, della mancanza.

L’amicizia come utopia

Trilussa, con la sua consueta lingua romanesca, riesce a esprimere un concetto filosofico profondo: l’amicizia vera è un’utopia, un ideale che abita il nostro desiderio più che la nostra esperienza. Il tono è malinconico, ma privo di lamento: c’è, piuttosto, consapevolezza. Il poeta non si lamenta della sua condizione, non accusa nessuno; semplicemente prende atto del fatto che nessuno, nel mondo reale, risponde al bisogno di intimità e verità che alberga in lui.

Il sogno, allora, diventa un atto di resistenza affettiva. In un mondo dove i rapporti sono falsi, interessati, inautentici, il poeta rivendica almeno il diritto di sognare un amico leale. Il sogno si trasforma così in un gesto di dignità, in un modo per non rassegnarsi al cinismo e alla solitudine.

L’ironia come scudo e verità

Come spesso accade nella poesia di Trilussa, l’ironia è il veicolo con cui si trasmettono verità scomode. Nonostante il tono leggero e colloquiale, il contenuto è tragico: la mancanza dell’amicizia è una ferita profonda. Il poeta, con un sorriso appena accennato, ci mostra una società dove i rapporti sono superficiali, dove l’aiuto reciproco è raro e la comprensione ancora di più. L’amico ideale, che aiuta “da vero fratello” e dice “le cose papale papale”, cioè con sincerità cristallina, non si trova.

Questa visione assume un significato ancora più forte se inserita nel contesto storico di Trilussa, vissuto tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, un’epoca segnata da guerre, crisi sociali, trasformazioni culturali. In un mondo sempre più disumanizzato e individualista, il poeta romano si rifugia nella lingua del popolo, ma per dire cose universali: l’uomo ha bisogno di relazioni autentiche, ma spesso non le trova.

Questi versi conservano una straordinaria attualità. Anche nella società contemporanea, dominata dalla comunicazione istantanea e virtuale, molti sperimentano la mancanza di amicizie profonde e autentiche. Non è raro che le persone si sentano circondate, ma sole. Trilussa ci ricorda che questa fame di affetto, comprensione e solidarietà è una costante dell’umano, e che l’unico luogo dove possiamo trovare appagamento — se non nella realtà — resta il sogno.

Il poeta ci invita, forse involontariamente, a chiederci: perché questo amico perfetto esiste solo nel sogno? Siamo noi incapaci di costruire rapporti autentici? O è il mondo stesso che ci impedisce di essere sinceri, leali, vicini?

La poesia “Sogni” di Trilussa, con la sua lingua semplice e popolare, ci parla della triste assenza dell’amicizia vera nella vita reale e del rifugio offerto dal sogno, dove il desiderio può finalmente trovare espressione. L’amico immaginario non è solo un conforto: è anche una denuncia silenziosa contro l’ipocrisia dei rapporti umani. E, al tempo stesso, è un simbolo della speranza ostinata che, da qualche parte, anche solo nei sogni, l’autenticità possa ancora esistere.

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