Sei qui: Home » Frasi » I versi di Sergio Corazzini dedicati alla ritrovata serenità

I versi di Sergio Corazzini dedicati alla ritrovata serenità

Leggiamo questi delicati versi di Sergio Corazzini dedicati alla serenità, stato d'animo tanto soave quanto pullulante di energia vivificatrice.

I versi di Sergio Corazzini tratti dalla poesia Alla serenità evocano una profonda riflessione sulla condizione dell’animo umano, sulla capacità di percepire la bellezza del mondo anche quando il cuore è appesantito dalla tristezza e dal dolore. Questi versi, che iniziano con un’esclamazione di meraviglia – “Stelle! che gioia!” – ci trasportano immediatamente in un’atmosfera di contemplazione, dove l’osservazione della natura diventa un rifugio, un balsamo per l’animo stanco e afflitto.

“Stelle! che gioia! Quanto cielo e quanti
voli s’io chiuda gli occhi alla freschezza
di questa sera piena di dolcezza,
accolgo in essi ancor tristi di pianti!”

Sergio Corazzini e la sua ode alla serenità

“Stelle! che gioia!” è un’esclamazione che racchiude il desiderio di abbandonarsi alla meraviglia del cosmo, come se le stelle fossero un’ancora di salvezza per l’anima. La bellezza del cielo stellato, un’immagine che nella letteratura è sempre stata associata alla trascendenza e all’infinito, appare come un momento di sollievo in mezzo alla sofferenza. Corazzini, spesso associato alla corrente del Crepuscolarismo, utilizza il paesaggio naturale per esprimere sentimenti intimi e profondi, come il sollievo che si prova di fronte alla grandezza e all’eternità del cielo.

Le stelle, simbolo di qualcosa di più grande e irraggiungibile, rappresentano una via di fuga dal dolore della realtà quotidiana. Il poeta, chiudendo gli occhi e abbandonandosi alla freschezza della sera, cerca di lasciarsi alle spalle la sua sofferenza, trovando nella natura un conforto temporaneo. Questa ricerca di serenità è tuttavia accompagnata dalla consapevolezza della propria tristezza, un contrasto tra il desiderio di gioia e il peso del dolore.

“Chiuda gli occhi alla freschezza / di questa sera piena di dolcezza” rappresenta un momento di sospensione, un tentativo di lasciarsi andare alla quiete e alla dolcezza della sera. Corazzini, come molti poeti crepuscolari, sembra sentire il richiamo di una dimensione più pacifica e serena, lontana dalle angosce quotidiane. Tuttavia, questa pace esterna non può completamente cancellare il dolore interno. C’è una tensione tra la bellezza esterna del mondo e il tumulto interiore.

Il contrasto tra il “dolce” della sera e il “tristi” degli occhi del poeta è particolarmente significativo. Da un lato, il poeta riconosce la bellezza della natura e la freschezza della sera, dall’altro però non può ignorare la sofferenza che si cela nel suo cuore, una sofferenza che trova espressione nei “pianti” che hanno ancora lasciato traccia nei suoi occhi. È come se il poeta stesse cercando di conciliare due realtà opposte: la serenità esteriore e la tristezza interiore.

Corazzini è spesso considerato uno dei principali esponenti del Crepuscolarismo, un movimento letterario italiano del primo Novecento caratterizzato da una profonda malinconia e un senso di abbandono. Nei suoi versi, come in quelli degli altri crepuscolari, la poesia diventa uno strumento per esprimere il disagio esistenziale, il sentimento di inadeguatezza e la consapevolezza della propria fragilità.

In Alla serenità, questa malinconia emerge chiaramente attraverso l’immagine del poeta che chiude gli occhi per cercare pace, ma non può fare a meno di portare con sé la tristezza dei pianti. La figura del poeta crepuscolare è spesso quella di un’anima sensibile e vulnerabile, che cerca conforto nella bellezza del mondo, ma è costantemente consapevole della propria solitudine e sofferenza. La malinconia, in questo senso, non è soltanto una condizione negativa, ma diventa quasi un elemento costitutivo della sensibilità del poeta.

Il tema della serenità e del desiderio di pace interiore

Il titolo della poesia, Alla serenità, suggerisce un desiderio profondo di pace e tranquillità. La serenità, tuttavia, sembra essere qualcosa di sfuggente per Corazzini. La freschezza della sera e la dolcezza del cielo stellato rappresentano forse un’illusione momentanea di serenità, un attimo di tregua dal dolore che, però, non può essere completamente raggiunto. La serenità, per il poeta, appare come un ideale lontano, un sogno che si infrange contro la realtà della sofferenza.

Questo desiderio di serenità, però, è ciò che spinge il poeta a continuare a cercare la bellezza nel mondo, nonostante il peso della tristezza. In questo senso, la poesia di Corazzini diventa un inno alla resilienza, alla capacità di trovare momenti di gioia e di meraviglia anche in mezzo al dolore. La serenità, sebbene irraggiungibile in modo permanente, è comunque una meta verso cui il poeta tende, un ideale che dà senso alla sua esistenza.

Sergio Corazzini: gli esordi poetici

Sergio Corazzini attraversa un’evoluzione rapida e notevole. Inizialmente, esordisce come poeta dialettale romanesco; molte delle sue poesie più antiche, pubblicate su giornali e riviste, ma mai raccolte in un volume, appaiono come semplici esercitazioni stilistiche, influenzate dalla cosiddetta «gloriosa trimurti» (il termine usato da Marino Moretti per riferirsi a Carducci, Pascoli e D’Annunzio, dominatori della scena letteraria dell’inizio del secolo).

Tuttavia, nel giro di circa un anno, Corazzini abbandona l’imitazione di questi stili per cercare e infine trovare una voce poetica personale. In questo, supera di gran lunga ciò che ci si sarebbe potuto aspettare leggendo i suoi primi sonetti influenzati da D’Annunzio o i versi eccessivamente umili e benevoli, che già in Pascoli suscitavano dubbi. Corazzini lascia tutto questo alle spalle, traendo semmai ispirazione dai poeti “provinciali” francesi e fiamminghi (come Jammes, Samain, Guérin, Maeterlinck, Rodenbach e Laforgue), che, introdotti dallo stesso D’Annunzio, diventeranno popolari tra i poeti crepuscolari italiani. Tuttavia, anche da questi autori stranieri, Corazzini prenderà gradualmente le distanze, raggiungendo una propria originalità formale che avrà un impatto significativo sul futuro della poesia italiana.

© Riproduzione Riservata