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I versi di Salvatore Toma su un Dio che s’indovina nel mondo

Salvatore Toma, poeta del Novecento, è una figura che incarna la complessità e la profondità di un animo in costante ricerca del significato della vita e della morte. I versi  tratti dal suo "Canzoniere della morte" offrono un'intima riflessione sulla presenza del divino e sul senso della mortalità.

Salvatore Toma, poeta del Novecento, è una figura che incarna la complessità e la profondità di un animo in costante ricerca del significato della vita e della morte. I versi  tratti dal suo “Canzoniere della morte” offrono un’intima riflessione sulla presenza del divino e sul senso della mortalità. Questi versi, densi di significato e suggestioni, a cui a volte fanno eco certi versi leopardiani, rivelano una visione del sacro che si manifesta nelle piccole cose della vita, e al tempo stesso un’inquietudine esistenziale che culmina nel confronto inevitabile con la morte.

“A me Dio piace indovinarlo
in una pietra qualunque,
in un’infanzia serena,
in un frutto maturo,
nell’onda del mare,
che come la morte cancella il mio nome”

Salvatore Toma e il suo dialogo con la morte

Salvatore Toma esprime una spiritualità che si distacca dalle convenzioni religiose tradizionali. La sua ricerca di Dio non avviene attraverso i dogmi o le istituzioni, ma attraverso l’esperienza diretta del mondo naturale e delle piccole cose. “A me Dio piace indovinarlo / in una pietra qualunque” è un verso che evoca l’idea di un Dio immanente, presente in ogni aspetto della realtà, anche in quelli più semplici e apparentemente insignificanti. La pietra, simbolo di qualcosa di inerte e immutabile, diventa nella poesia di Salvatore Toma un oggetto attraverso il quale è possibile intravedere il divino. Questa visione panteistica trova risonanza anche in altri elementi del quotidiano che il poeta elenca: l’infanzia serena, il frutto maturo, l’onda del mare.

L’infanzia, con la sua innocenza e serenità, rappresenta per Salvatore Toma uno stato di grazia, un momento in cui l’essere umano è più vicino a una condizione di purezza e di contatto con il divino. Il frutto maturo, simbolo di pienezza e di compimento, suggerisce l’idea di una vita vissuta in armonia con la natura, in cui la divinità si manifesta nel ciclo naturale di crescita e maturazione.

Il mare come metafora della morte

L’immagine dell’onda del mare che “come la morte cancella il mio nome” introduce una riflessione sulla caducità dell’esistenza umana. Il mare, con la sua vastità e la sua forza incontrollabile, è spesso associato al mistero della vita e alla sua fine. Per Toma, l’onda che cancella il nome è una metafora potente della morte come forza che annulla l’individualità, dissolvendo l’identità personale nel grande flusso dell’essere. La cancellazione del nome rappresenta la perdita dell’identità e della memoria, l’annullamento di ciò che siamo stati in vita.

Tuttavia, questa visione della morte non è solo negativa. Nel contesto del “Canzoniere della morte”, la morte è anche vista come un ritorno all’unità con il tutto, una fusione con la natura e con il divino che Toma ha cercato di indovinare nelle piccole cose. La morte, dunque, non è solo fine, ma anche un ritorno all’origine, un momento di reintegrazione nell’ordine cosmico.

La poesia come mezzo di comprensione del divino e della morte

La poesia di Salvatore Toma si configura come uno strumento per esplorare i grandi temi della vita e della morte, per cercare di comprendere il divino al di fuori delle strutture rigide della religione organizzata. La sua scrittura, ricca di immagini naturali e di riflessioni esistenziali, ci invita a guardare il mondo con occhi nuovi, a cogliere la presenza del sacro nelle cose più umili e quotidiane.

In un certo senso, Salvatore Toma recupera una visione sacrale della natura che ricorda quella delle tradizioni animistiche o delle religioni antiche, in cui ogni elemento del mondo era abitato da uno spirito o da una divinità. Ma a differenza di queste tradizioni, Salvatore Toma non vede il divino come qualcosa di separato e superiore, ma come qualcosa di intimo e intrinseco alla realtà stessa. Questo approccio lo porta a una visione della morte non come evento traumatico e definitivo, ma come parte di un ciclo naturale che ci riporta alla fonte di ogni cosa.

I versi di Salvatore Toma esprimono una visione profondamente umana e universale del divino e della morte. La sua capacità di cogliere il sacro nelle piccole cose della vita e di affrontare con serenità e consapevolezza il tema della morte rende la sua poesia una riflessione preziosa per chiunque sia alla ricerca di un significato più profondo dell’esistenza. In un mondo che tende a perdere il contatto con la natura e con la spiritualità, Salvatore Toma ci ricorda che il divino è presente ovunque, anche in una semplice pietra, e che la morte, pur cancellando il nostro nome, ci restituisce all’eterno ciclo della vita.

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