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Una frase di Pier Paolo Pasolini sul valore dell’onestà

Leggiamo la frase tratta dal primo romanzo di Pier Paolo Pasolini, "Il sogno di una cosa", che racconta dei danni provocati dal becero opportunismo.

Pier Paolo Pasolini, attraverso le pagine del suo romanzo Il sogno di una cosa, ci restituisce una narrazione vivida e amara della società italiana del dopoguerra, un periodo segnato da profonde diseguaglianze e da un’opportunistica lotta per la sopravvivenza. La citazione riportata racchiude, con un linguaggio diretto e incisivo, una riflessione sulla disonestà diffusa e sull’uso del potere per fini personali.

«Sì, Rico, proprio Rico,» esclamò il vecchio, «doveva andare in Argentina e aveva prenotato il posto sul bastimento che partiva in agosto l’anno passato… Ma due o tre giorni prima di partire gli arriva una lettera dove è scritto che il suo posto nel bastimento era stato dato a uno che doveva andare su per incarico del Governo… Eh, eh, sapete che cos’era successo? Tu, moro…» «Io?» fece il Nini, «cosa volete che ne sappia io? S’arrangino!» «Eh, eh, altro che uno del Governo! Il posto se l’aveva preso un tizio che poteva disporre di dieci o dodicimila lire da passare a quello dell’agenzia. Ecco com’è l’italiano.» «E voi non fareste lo stesso?» disse Eligio ridendo.

«L’altro giorno,» continuò l’anziano, «arriva a Rico una nuova lettera dove è scritto, sacramento, che anche stavolta il posto era stato preso da uno del Governo: doveva partire questo marzo e è ancora a casa. Aveva chiesto in banca duecentomila franchi, in prestito, per il viaggio, è un anno che è a casa, senza lavoro e si è mangiato quasi tutto. Per fortuna aveva un amico, a Genova, che gli ha detto che con dieci o dodicimila lire si poteva far passare anche lui per uno del Governo!»

«Così,» continuò il vecchio, dallo stipite della porta che conduceva nella stanzetta del banco, «un disgraziato in qualche altro paese d’Italia, si vedrà arrivare una lettera dove è scritto che il suo posto è stato riservato per uno del Governo.

Pier Paolo Pasolini e la triste constatazione del valore dell’onestà

La scena descritta nel romanzo mette in luce una dinamica ben nota: la corruzione e il clientelismo, fenomeni che minano la giustizia sociale e l’uguaglianza delle opportunità. Il protagonista della storia, Rico, viene privato del suo posto sul bastimento diretto in Argentina a causa di un accordo illecito, in cui chi può permettersi di pagare una somma considerevole riesce a ottenere privilegi ingiusti a discapito degli altri. Questa prassi, raccontata con il tono beffardo e rassegnato dei personaggi, non è solo un episodio isolato, ma un simbolo di un meccanismo sistemico, una pratica accettata quasi con fatalismo da chi la subisce e da chi vi partecipa.

L’atteggiamento di Eligio, che chiede con ironia se gli altri non farebbero lo stesso, rappresenta proprio la normalizzazione di questo tipo di comportamenti. La corruzione non è solo un problema delle classi dirigenti o di chi esercita il potere, ma diventa parte integrante della mentalità collettiva. L’etica si piega di fronte alla necessità, e l’ingiustizia si perpetua attraverso una sorta di tacito consenso: se tutti lo fanno, allora diventa quasi giustificabile.

Pasolini, con la sua sensibilità e il suo sguardo profondamente critico sulla società italiana, mette in discussione proprio questa mentalità. Il suo intento non è quello di condannare esclusivamente chi corrompe, ma di mostrare come un sistema basato su privilegi e sotterfugi spinga anche i più onesti alla disperazione e, alla fine, alla complicità. Rico, infatti, di fronte all’impossibilità di ottenere il suo posto onestamente, si trova costretto a cedere alla logica della corruzione, pagando per ottenere ciò che gli spetterebbe di diritto.

Il tono della narrazione, quasi colloquiale e venato di ironia amara, amplifica il senso di rassegnazione che permea il racconto. La storia di Rico non è solo la sua storia personale, ma diventa metafora di un’intera generazione che cerca di costruirsi un futuro in un mondo ingiusto. Il sogno dell’emigrazione, che per molti italiani del dopoguerra rappresentava una speranza di riscatto, si scontra con una realtà fatta di ostacoli imposti non dalla sfortuna, ma dalla volontà umana e dall’avidità di pochi.

L’elemento più drammatico della vicenda risiede proprio nella ciclicità della corruzione: Rico subisce l’ingiustizia, ma alla fine si trova nella condizione di ripeterla, contribuendo a un meccanismo che continuerà a danneggiare qualcun altro. Pasolini, in questo modo, ci invita a riflettere su quanto sia difficile spezzare questi meccanismi quando diventano parte del tessuto sociale.

Oggi l’opportunismo e la corruzione hanno lo stesso impatto? maggiore?

L’attualità del messaggio pasoliniano è evidente. Anche oggi, la meritocrazia spesso soccombe di fronte alle raccomandazioni, alle tangenti e ai favoritismi. L’accesso a opportunità lavorative, a ruoli di prestigio, persino a servizi pubblici essenziali, può essere ostacolato da logiche di potere che premiano chi ha i mezzi o le conoscenze giuste, lasciando indietro chi si affida esclusivamente al proprio valore.

In definitiva, la riflessione che emerge da questo passo de Il sogno di una cosa non riguarda solo l’Italia del dopoguerra, ma continua a interpellare la coscienza collettiva. Pasolini non si limita a descrivere la realtà, ma la problematizza, mostrando le sue contraddizioni e i suoi risvolti più dolorosi. La sua denuncia non è solo politica, ma profondamente umana: non si tratta solo di combattere la corruzione, ma di recuperare un’etica condivisa, una fiducia nel fatto che l’onestà possa ancora essere un valore e non una debolezza.

Alla fine, la domanda di Eligio – “E voi non fareste lo stesso?” – rimane aperta. E la risposta dipende dalla società che scegliamo di costruire.

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