La frase incisa sul muro del manicomio di Agrigento racchiude in sé un messaggio inquietante e potente, un monito che ci invita a riflettere profondamente sulle atrocità commesse in nome della psichiatria e sul trattamento disumano riservato a coloro che venivano considerati “malati di mente”. Questo frammento di memoria storica è un richiamo a non dimenticare mai le sofferenze inflitte a migliaia di persone e a garantire che tali abusi non si ripetano.
“Non tutti lo sono, non tutti ci sono”
Il contesto storico e il significato della frase sul muro del manicomio
Durante il XX secolo, i manicomi rappresentavano luoghi di isolamento e di segregazione per coloro che venivano etichettati come “folli” o “diversi”. La psichiatria dell’epoca, lungi dall’essere una scienza esatta e umanitaria, si basava spesso su criteri soggettivi e discriminatori. Le persone che venivano internate in questi istituti non erano solo individui affetti da disturbi mentali, ma anche coloro che non si conformavano alle norme sociali, agli standard morali o che semplicemente erano scomodi per la società.
La frase “Non tutti lo sono, non tutti ci sono” sembra essere stata incisa da qualcuno che aveva una profonda consapevolezza dell’ingiustizia subita. “Non tutti lo sono” potrebbe riferirsi al fatto che non tutte le persone rinchiuse nei manicomi erano realmente malate di mente; molte di loro erano vittime di un sistema che cercava di reprimere e controllare piuttosto che curare. “Non tutti ci sono” potrebbe invece alludere alla condizione di annichilimento psicologico e fisico a cui erano sottoposti i pazienti, costretti a vivere in condizioni disumane e spesso privati della loro identità e umanità.
Il manicomio di Agrigento, come molti altri istituti psichiatrici in Italia e nel mondo, è stato testimone di storie tragiche di abbandono, maltrattamenti e violenze. Fino alla legge Basaglia ( dal nome di Franco Basaglia) del 1978, che portò alla chiusura do ogni manicomio in Italia, questi luoghi erano spesso teatro di soprusi e violazioni dei diritti umani fondamentali. La legge Basaglia rappresentò una svolta storica, riconoscendo la necessità di trattare i pazienti psichiatrici con dignità e rispetto, e ponendo fine all’istituzionalizzazione indiscriminata.
Le condizioni all’interno di ogni manicomio erano spesso al limite della sopportazione umana. Le persone venivano sottoposte a trattamenti coercitivi come l’elettroshock, la lobotomia e la camicia di forza, pratiche che avevano più lo scopo di sedare e controllare che di curare. I pazienti vivevano in ambienti sovraffollati e malsani, privi di qualsiasi conforto umano o supporto psicologico. La reclusione e l’isolamento prolungati contribuivano a peggiorare il loro stato mentale, creando un circolo vizioso di sofferenza e degrado.
Un monito per il presente e il futuro
La frase sul muro del manicomio di Agrigento ci ricorda che l’umanità deve sempre vigilare contro la tentazione di trattare le persone come oggetti da manipolare o reprimere. È un avvertimento contro l’indifferenza e la disumanizzazione che possono insinuarsi nelle istituzioni e nelle pratiche mediche. Oggi, la psichiatria ha fatto passi avanti significativi, ma il ricordo di ciò che è avvenuto nei manicomi ci impone di mantenere alta la guardia.
Il rispetto per la dignità umana, la comprensione e l’empatia devono essere al centro di ogni intervento psichiatrico. Le persone affette da disturbi mentali hanno il diritto di ricevere cure appropriate, di vivere in ambienti sicuri e di essere trattate con rispetto e considerazione. La società ha il dovere di creare sistemi di supporto che non isolino o stigmatizzino, ma che promuovano l’inclusione e il benessere.
“Non tutti lo sono, non tutti ci sono” incisa da un recluso, sul muro del manicomio, è una frase che risuona come un’eco di un passato oscuro e doloroso, ma che può e deve essere trasformata in un messaggio di speranza e cambiamento. Ricordare le sofferenze di coloro che sono stati ingiustamente internati nei manicomi è fondamentale per costruire una società più giusta e compassionevole, dove nessuno venga più trattato come un numero o una diagnosi, ma come un essere umano con diritti, emozioni e una dignità inviolabile.
Questo monito è un invito a continuare a migliorare le pratiche psichiatriche, a garantire che la cura delle persone con disturbi mentali sia sempre guidata dai principi dell’umanità e del rispetto, e a non dimenticare mai il passato, affinché gli errori di un tempo non si ripetano mai più.