I versi di Marina Cvetaeva sui cambiamenti della vita

15 Giugno 2025

Leggiamo questi versi di Marina Cvetaeva tratti dalla poesia "Indizi Terrestri" in cui la poetessa mette in versi i cambiamenti delle nostre vite.

I versi di Marina Cvetaeva sui cambiamenti della vita

I versi di Marina Cvetaeva contenuti nella poesia Indizi terrestri, tratta dalla raccolta L’amore è arco teso, sono tra i più intimi e struggenti del canone della poetessa russa. Si tratta di parole scelte con precisione chirurgica e caricate di emozioni profonde, in grado di evocare con pochi tocchi un ritratto umano, poetico e spirituale. Ecco i versi:

Così, nella vita, tra fatiche quotidiane
e amori di una notte, scorderai l’amica
coraggiosa, il suono
dei suoi fraterni versi.

L’amaro dono della sua durezza,
la timidezza, maschera del fuoco,
e quello spasmo, scossa senza fili,
che ha il nome di: lontano!

Marina Cvetaeva e l’impermanenza della vita

Questi versi sembrano assumere la forma di un testamento, un congedo lucido e doloroso. Marina Cvetaeva si rivolge a un “tu” che appare distante e distratto, immerso nella trama della vita quotidiana, incapace — o forse non disposto — a conservare la memoria di chi le è stata vicina, dell’“amica coraggiosa”. Questo appellativo si rivela fondamentale: l’amica non è una figura passiva, non è solo affetto, ma è presenza forte, testimone poetica e spirituale. La parola “coraggiosa” indica una resistenza interiore, un’identità consapevole che ha osato vivere e scrivere senza compromessi.

Il verbo “scorderai” non è semplicemente un’indicazione del futuro, ma una profezia malinconica: la poesia prevede l’oblio, la dimenticanza da parte di chi, assorbito dalle “fatiche quotidiane e amori di una notte”, lascia scivolare via la profondità per abbandonarsi al contingente. L’“amica” rappresenta allora la poesia stessa, o forse la poetessa in prima persona, che intuisce il destino di marginalità della propria voce.

Il suono dei versi come legame fraterno

La terza riga — “il suono / dei suoi fraterni versi” — esprime con straordinaria delicatezza la natura del legame tra poeta e lettore. Non si tratta solo di versi, ma di versi fraterni, e il suono ha un valore evocativo: è ciò che resta, ciò che vibra anche quando tutto il resto è dimenticato. La poesia è ponte, è comunione, è memoria vivente. Tuttavia, anche questo ponte rischia di essere interrotto: lo si dimentica, lo si cancella con il rumore del quotidiano.

La parola “fraterno” porta con sé un’etica della relazione: la poesia di Cvetaeva non è distante né superiore, ma nasce da un’offerta esistenziale, da una condivisione radicale del dolore e della bellezza, da un bisogno di reciprocità.

La seconda strofa si apre con un’espressione ambivalente: “L’amaro dono della sua durezza”. Qui Cvetaeva introduce una riflessione sul proprio carattere e sulla propria poetica. La durezza non è un difetto, ma un dono — anche se amaro — che nasce dalla verità, dalla sincerità estrema, dalla volontà di non indulgere a falsi sorrisi o a compiacenze. Questa durezza è dono perché è onestà, eppure è amaro perché allontana, perché il mondo tende a preferire ciò che è morbido, accomodante, facilmente consumabile.

A questa durezza si accompagna “la timidezza, maschera del fuoco”: un’immagine potentissima. La timidezza non è ciò che appare, ma una copertura, un velo. Sotto c’è il fuoco: la passione, il desiderio, il dolore, l’urgenza della parola. Cvetaeva si descrive come un essere in fiamme che si traveste da cenere. Questa immagine è profondamente poetica ma anche profondamente umana: quanti di noi, dietro l’apparente ritrosia, nascondono vulcani di emozioni e pensieri?

Il verso finale — “e quello spasmo, scossa senza fili, / che ha il nome di: lontano!” — è forse il culmine emotivo del testo. “Spasmo” è parola del corpo, è scossa involontaria, è qualcosa che interrompe, che vibra. È assenza che si sente come presenza dolorosa, come mancanza che attraversa il corpo. La “scossa senza fili” sembra anticipare immagini moderne, quasi elettriche, dove la comunicazione avviene senza contatto ma è ugualmente potente.

Quel “lontano!” finale, con il punto esclamativo isolato, è parola conclusiva e vertiginosa. È luogo dell’assenza, ma anche dell’aspirazione. È la distanza fisica ed emotiva, ma anche la dimensione in cui la poesia vive: fuori dal tempo e fuori dallo spazio, nello scarto tra ciò che è e ciò che non può più essere. La lontananza è anche ciò che resta quando tutto il resto è svanito.

Marina Cvetaeva ha spesso elaborato nella sua scrittura una poetica della separazione. La sua vita fu segnata da emigrazioni, lutti, esili, incomprensioni. In questi versi l’amarezza non cancella la dignità: anzi, la poetessa rivendica il valore della propria voce, pur consapevole della sua dimenticanza futura. È un grido sommesso, ma inconfondibile.

L’“amica coraggiosa” è un simbolo della poesia stessa: una forza luminosa, autentica, talvolta aspra, che non chiede riconoscimenti immediati, ma che continua a parlare anche da lontano, anche da dimenticata.

I versi di Indizi terrestri sono un testamento di consapevolezza e di fuoco, un lascito che Marina Cvetaeva ci affida con la forza e la vulnerabilità che solo i grandi poeti sanno coniugare. Leggere questa poesia oggi significa ritrovare “il suono dei suoi fraterni versi”, riconoscere “il dono della sua durezza”, e accogliere quella scossa che ha nome “lontano” come un richiamo alla memoria, alla profondità, alla verità del sentire. E significa, soprattutto, non dimenticare.

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