La citazione di José Saramago (16 novembre 1922 – 18 giugno 2010) tratta dal suo romanzo Cecità offre un profondo spunto di riflessione sul peso delle nostre azioni e delle nostre parole, e su come i loro effetti si distribuiscano nel tempo, spesso al di là della nostra stessa esistenza. L’autore portoghese, noto per il suo approccio lucido e a tratti spietato verso la condizione umana, esplora qui il concetto di responsabilità e le implicazioni morali delle nostre scelte, che continuano ad avere ripercussioni anche dopo la nostra scomparsa.
I buoni e i cattivi risultati delle nostre parole e delle nostre azioni si vanno distribuendo, presumibilmente in modo alquanto uniforme ed equilibrato, in tutti i giorni del futuro, compresi quelli, infiniti, in cui non saremo più qui per poterlo confermare, per congratularci o chiedere perdono.”
Jose Saramago e ogni scelta come gesto di responsabilità
Per comprendere meglio questa riflessione, è utile inquadrare la citazione all’interno del romanzo Cecità. Pubblicato nel 1995, Cecità è uno dei libri più celebri di Saramago e affronta un tema distopico: in una città senza nome, le persone cominciano improvvisamente a perdere la vista, cadendo in una sorta di “bianco latteo”. Questo contagio inspiegabile di cecità si diffonde rapidamente, e la società scivola nel caos, perdendo ogni senso di ordine, giustizia e compassione. Attraverso una narrazione corale, Saramago analizza la natura umana, le nostre paure, ma anche la nostra capacità di resistenza e di adattamento.
La citazione in questione appare come una riflessione sulle conseguenze a lungo termine di ciò che facciamo e diciamo, e su come esse si distribuiscano nel “futuro”, un concetto che Saramago allarga fino a comprendere un tempo infinito, persino dopo la nostra morte. Questo tema si collega all’intero libro, dove le azioni dei personaggi e la loro umanità, o mancanza di essa, influenzano profondamente il destino collettivo. In questo contesto di crisi, ogni parola, ogni gesto assume un peso maggiore, contribuendo a modellare una realtà che si espande ben oltre l’individuo.
Parole e azioni: il concetto di responsabilità
L’idea di responsabilità è centrale nella citazione di Saramago. Ogni nostra azione, così come ogni nostra parola, ha il potere di generare effetti che si estendono oltre la nostra percezione immediata. Saramago sembra suggerire che la responsabilità delle nostre azioni non si esaurisce con il nostro controllo diretto, ma continua a propagarsi in un flusso continuo, come onde che si allargano dopo un sasso gettato in uno stagno. In altre parole, non possiamo prevedere completamente gli effetti delle nostre scelte, ma dobbiamo comunque essere consapevoli del fatto che esse avranno ripercussioni, anche quando non saremo più presenti per assistervi.
Questo concetto tocca una delle questioni etiche fondamentali: siamo responsabili non solo di ciò che possiamo vedere o correggere, ma anche delle conseguenze future che non possiamo osservare né modificare. La citazione mette in luce l’ironia di questa condizione: noi, come esseri umani, vorremmo controllare e comprendere i risultati delle nostre azioni, magari per congratularci con noi stessi o per chiedere perdono; eppure, spesso non avremo mai questa possibilità. In questo senso, Saramago ci invita a un’etica dell’umiltà, riconoscendo che non sempre possiamo prevedere o gestire tutto ciò che scaturisce da noi.
La riflessione di Saramago si spinge oltre il presente e il futuro immediato, suggerendo che le nostre parole e azioni si depositano in un flusso temporale che non si ferma con la nostra vita. Questa visione ha radici in una concezione del tempo non lineare e punta a ricordarci che ciò che facciamo ha una sorta di “vita propria” che si prolunga nel mondo anche dopo di noi.
Questa idea si collega con alcune filosofie orientali e con la teoria dell’interdipendenza: tutto ciò che esiste è connesso e ogni azione genera una reazione che si propaga, influenzando altri aspetti della realtà. In questo senso, la nostra esistenza lascia inevitabilmente una traccia, come una firma invisibile che si estende ben oltre la nostra volontà di correggere o migliorare.
Saramago usa le parole “uniforme” ed “equilibrato” per descrivere la distribuzione degli effetti delle nostre azioni nel tempo, come se ci fosse una sorta di giustizia intrinseca che regola il bilancio tra il bene e il male che produciamo. Anche se non possiamo controllare tutto, è possibile che esista un principio di armonia che tende a bilanciare i risultati delle nostre scelte. Tuttavia, questa speranza di equilibrio è anche contraddetta dalla realtà cruda e imprevedibile, come viene rappresentata nel romanzo stesso. In Cecità, infatti, il caos scaturisce proprio dalla perdita di equilibrio nella società, e i personaggi si trovano a lottare per sopravvivere in un mondo che sembra aver perso ogni senso di giustizia.
Il limite umano e la necessità di accettazione
La citazione esprime infine la necessità di accettare i limiti della nostra comprensione e della nostra esistenza. Non saremo presenti per vedere le conseguenze finali delle nostre azioni e, quindi, dobbiamo imparare a convivere con questa incertezza. L’idea di “chiedere perdono” in assenza dei nostri interlocutori futuri rappresenta una sorta di ironia tragica che caratterizza l’opera di Saramago. È come se la coscienza umana, pur sapendo di non poter ottenere tutte le risposte, continuasse a cercarle, spinta da un’inquietudine di fondo.
Questa accettazione dei limiti è, in un certo senso, liberatoria. Se comprendiamo che non tutto è sotto il nostro controllo, possiamo anche alleggerirci del peso di voler controllare ogni dettaglio e imparare a operare con responsabilità e rispetto, ma senza ossessione. In questa riflessione, Saramago ci esorta a vivere con consapevolezza e attenzione, a tenere a mente l’impatto delle nostre parole e delle nostre azioni, ma anche ad accettare che non saremo mai in grado di vedere l’intero quadro.
La citazione di José Saramago ci invita a considerare le conseguenze durature delle nostre parole e delle nostre azioni, sottolineando come esse possano persistere anche dopo la nostra morte. Attraverso questa riflessione, l’autore suggerisce una visione della vita basata sull’etica della responsabilità e dell’umiltà, ricordandoci che il nostro impatto sul mondo non finisce con noi. In un certo senso, Cecità è un’esplorazione di questi temi, un invito a non chiudere gli occhi davanti alle nostre responsabilità e a riconoscere che, anche nel caos dell’esistenza, ogni gesto conta.