Una frase di Joel Dicker sull’importanza degli errori

25 Marzo 2025

Leggiamo questa frase di Joel Dicker tratta dal suo romanzo più popolare "La verità sul caso Harry Quebert", sul valore degli errori nella vita.

Una frase di Joel Dicker sull'importanza degli errori

Joel Dicker, nel suo romanzo “La verità sul caso Harry Quebert“, offre al lettore una riflessione profonda e universale sulla paura del fallimento e sull’importanza di abbracciare l’imperfezione. La citazione qui riportata rappresenta uno dei momenti chiave del romanzo, invitando a un’analisi che si snoda tra introspezione personale, temi letterari e riflessioni filosofiche.

“Ma guardati, Marcus: non sai cadere! Tu hai paura della caduta. Ed è per questo che, se non ti sbrighi a cambiare, diventerai una persona vuota e banale. Come si può vivere se non sai cadere?”

La paura della caduta e le sue potenzialità nella citazione di Joel Dicker

Il protagonista, Marcus Goldman, incarna l’archetipo dello scrittore alle prese con il blocco creativo e con le aspettative proprie e altrui. In questo contesto, la “caduta” diventa una metafora potente del fallimento, della vulnerabilità e della paura di esporsi al giudizio. La frase pronunciata da Harry Quebert, mentore di Marcus, funge da monito: chi vive con il terrore di sbagliare finisce per essere prigioniero delle proprie insicurezze e incapace di evolvere.

Dicker ci spinge a chiederci: cosa significa davvero cadere? Cadere non è soltanto fallire in senso materiale o sociale; è anche confrontarsi con il proprio limite, con il rischio di non essere perfetti. In una società ossessionata dalla performance e dal successo, il timore della caduta può diventare paralizzante, impedendo alle persone di prendere iniziative o di esplorare nuovi orizzonti.

La caduta come parte della crescita

La riflessione di Harry sottolinea un aspetto fondamentale della condizione umana: il fallimento non è solo inevitabile, ma è anche necessario. Cadere significa apprendere, rivedere le proprie convinzioni e ripartire da zero con maggiore consapevolezza. In questo senso, la caduta non è una fine, ma un nuovo inizio. La letteratura è ricca di esempi che celebrano questa idea. Pensiamo a personaggi come Raskol’nikov in “Delitto e castigo” di Dostoevskij, che attraverso la sofferenza e l’errore trovano una nuova comprensione di sé stessi e del mondo.

Joel Dicker si collega a questa tradizione letteraria, proponendo una narrazione in cui il protagonista deve affrontare non solo il mistero della scomparsa di Nola Kellergan, ma anche i propri demoni interiori. Per Marcus, imparare a cadere significa accettare il rischio di essere vulnerabile, di mettersi in discussione e di trovare una voce autentica come scrittore.

Il vuoto e la banalità: una vita senza rischio

Harry Quebert mette in guardia Marcus contro il pericolo di diventare una “persona vuota e banale”. Questo è il destino di chi sceglie la sicurezza al posto dell’autenticità, di chi preferisce conformarsi anziché esplorare territori sconosciuti. Il vuoto non è solo l’assenza di significato, ma anche la rinuncia alla pienezza della vita. Per Dicker, vivere significa correre rischi, accettare la possibilità di fallire e trovare bellezza nell’imperfezione.

Questa idea è profondamente legata al concetto esistenzialista di libertà. Filosofi come Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir hanno sottolineato come l’uomo sia condannato a essere libero e come questa libertà comporti la responsabilità di scegliere, di sbagliare e di affrontare le conseguenze delle proprie azioni. La caduta, dunque, è parte integrante di questa condizione esistenziale.

Applicazioni nella vita reale

La lezione di Dicker non si limita alla narrativa, ma ha implicazioni dirette per la vita di chi legge. Quante volte ci tratteniamo dal perseguire i nostri sogni per paura di fallire? Quante opportunità lasciamo sfuggire per il timore di non essere all’altezza? La paura della caduta può manifestarsi in molti modi: nel lavoro, nelle relazioni, nelle scelte quotidiane. Tuttavia, è solo affrontando questa paura che possiamo crescere come individui.

Un esempio concreto è il percorso di molti artisti, scienziati e innovatori che hanno saputo trasformare i loro fallimenti in opportunità. Thomas Edison, parlando delle numerose prove fallite prima di inventare la lampadina, disse: “Non ho fallito. Ho solo trovato 10.000 modi che non funzionano.” Questa mentalità riflette l’essenza del messaggio di Dicker: il fallimento non è un ostacolo, ma una tappa necessaria per raggiungere il successo.

“Come si può vivere se non sai cadere?” La domanda retorica di Harry Quebert è un invito a tutti noi a riconsiderare il nostro rapporto con il fallimento. Joel Dicker ci ricorda che vivere significa abbracciare l’incertezza, accettare i rischi e vedere nella caduta un’opportunità di rinascita. In un mondo che spesso misura il valore di una persona in base ai suoi successi, è fondamentale riscoprire il valore dell’imperfezione e della resilienza. Solo così possiamo evitare di diventare “persone vuote e banali” e vivere una vita autentica e significativa.

 

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