Una frase di Jane Austen sull’orgoglio che diventa un problema

16 Luglio 2025

Leggiamo questa citazione estratta dal capolavoro di Jane Austen "Orgoglio e pregiudizio" sul tema proprio dell'orgoglio, a volte sano, spesso no.

Una frase di Jane Austen sull'orgoglio che diventa un problema

La citazione tratta da Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen rappresenta una riflessione acuta e duratura sulla natura umana, che va ben oltre il contesto narrativo dell’opera. Jane Austen, con la consueta ironia sottile e uno sguardo lucido sul carattere dei suoi personaggi (e, implicitamente, dei suoi contemporanei), offre in queste righe una distinzione raffinata tra due concetti spesso confusi: orgoglio e vanità.

«L’orgoglio […] è un difetto comune, credo. Anzi, stando a tutto ciò che ho letto, sono convinta che sia comunissimo, che la natura umana vi sia particolarmente incline e che ben pochi non coltivino un certo compiacimento per qualche loro qualità, reale o immaginaria che sia. Vanità e orgoglio sono cose molto diverse, benché le due parole siano spesse usate come sinonimi. Si può essere orgogliosi senza essere vanitosi. L’orgoglio si riferisce più all’opinione che abbiamo di noi stessi, la vanità a quella che si vorrebbe che gli altri avessero di noi»

Jane Austen: orgoglio e…

Nel romanzo, è Elizabeth Bennet — la protagonista — a pronunciare queste parole. E non si tratta di una riflessione astratta, ma di una presa di posizione ben precisa nel contesto di un dialogo con Mr. Darcy, il cui “orgoglio” è diventato proverbiale nella cultura letteraria. Austen, con questa frase, mette in scena un confronto tra due atteggiamenti interiori che ancora oggi sono al centro della riflessione etica e psicologica: da una parte, l’orgoglio come stima di sé, e dall’altra, la vanità come bisogno di approvazione esterna.

Secondo Elizabeth, l’orgoglio è un sentimento radicato nell’opinione che si ha di se stessi. Non è necessariamente negativo: può essere una forma di autostima, la consapevolezza di possedere qualità morali, intellettuali o sociali. L’orgoglio, in questa accezione, è una forza interna, un asse che struttura l’identità dell’individuo. Diventa problematico solo quando è eccessivo o cieco, quando impedisce di riconoscere i propri limiti o di aprirsi al punto di vista altrui — come accade inizialmente proprio a Darcy.

Nel contesto della società inglese ottocentesca, dove i ruoli sociali erano rigidamente codificati e la reputazione personale era un valore assoluto, l’orgoglio poteva essere tanto una virtù quanto un ostacolo. Elizabeth, però, si mostra consapevole della complessità di questo sentimento e lo distingue nettamente dalla vanità, che giudica con maggiore severità.

Vanità come desiderio di approvazione

La vanità, afferma Elizabeth, riguarda invece “l’opinione che si vorrebbe che gli altri avessero di noi”. È un moto centrifugo, rivolto verso l’esterno: chi è vanitoso non è tanto convinto del proprio valore quanto ansioso di apparire valoroso agli occhi altrui. La vanità implica un’esposizione continua al giudizio sociale, e, di conseguenza, una certa insicurezza di fondo. Il vanitoso cerca conferme, ammirazione, applausi; è spesso vittima delle mode, dell’apparenza, dell’ostentazione.

In Orgoglio e pregiudizio, il personaggio che meglio incarna la vanità è Mr. Collins, il cugino pastore che cerca di apparire colto e virtuoso, ma risulta ridicolo nella sua smania di essere apprezzato da Lady Catherine de Bourgh. Mr. Collins è una figura comica proprio perché si affanna continuamente a ottenere approvazione esterna, senza un reale nucleo interiore solido. Diversamente, Darcy è orgoglioso, ma ha un’identità profonda, che nel corso del romanzo si evolve e si purifica.

La distinzione nella società contemporanea

L’attualità della distinzione proposta da Austen è sorprendente. In un mondo dominato dai social media, dove la visibilità e il consenso pubblico sembrano diventati la misura del valore individuale, la vanità è forse più diffusa che mai. Il desiderio di essere notati, seguiti, approvati, ha assunto proporzioni culturali sistemiche: milioni di persone curano ossessivamente la propria immagine digitale, preoccupandosi non tanto di essere, quanto di apparire. La vanità, così come descritta da Austen, è diventata una dinamica quotidiana.

In questo contesto, l’orgoglio — inteso come sana coscienza del proprio valore, indipendente dal giudizio altrui — appare quasi rivoluzionario. Riscoprire un “orgoglio interiore” può significare oggi recuperare un’identità non mercificata, non dipendente dallo sguardo degli altri. Significa vivere in coerenza con i propri principi, anche quando essi non ricevono l’approvazione immediata del pubblico.

Austen e la profondità morale

La riflessione di Austen non si limita alla psicologia dei personaggi, ma diventa un invito etico. Orgoglio e vanità, infatti, non sono solo atteggiamenti privati: essi condizionano i rapporti interpersonali e la vita collettiva. Un individuo vanitoso, più che vivere relazioni autentiche, mette in scena un teatro continuo di sé; un individuo orgoglioso, se capace di autocritica, può invece costruire relazioni basate sul rispetto e sull’uguaglianza.

In conclusione, questa citazione da Orgoglio e pregiudizio racchiude tutta la finezza e la profondità dell’osservazione di Jane Austen. In poche righe, ci offre una chiave di lettura per comprendere i comportamenti umani, non solo nell’Inghilterra georgiana, ma anche nel nostro presente. E ci invita a un compito difficile ma necessario: distinguere tra ciò che siamo e ciò che vogliamo apparire, tra la verità del nostro orgoglio e l’inganno della nostra vanità.

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