Una frase di Jack London sul valore dei nostri ricordi

15 Aprile 2025

Leggiamo questa frase di Jack London tratta dalla sua opera "Il vagabondo delle stelle", in cui approfondisce il rapporto tra uomini e ricordi.

Una frase di Jack London sul valore dei nostri ricordi

Questa citazione, tratta da Il vagabondo delle stelle di Jack London, racchiude una profonda meditazione filosofica sulla natura dell’esistenza, sul rapporto tra materia e spirito, e sul ruolo della memoria come custode ultima dell’identità e dell’esperienza umana. In poche righe, London riesce a condensare interrogativi antichi quanto l’uomo, proponendo una visione che affonda le radici tanto nella filosofia antica quanto nelle inquietudini della modernità.

“La mente… solo la mente sopravvive. La materia fluisce, si solidifica, fluisce di nuovo, le forme che essa assume sono sempre nuove. Poi si disintegrano in quel nulla eterno donde non vi è ritorno. La forma è un’apparizione, […], ma il ricordo permane, rimarrà fino a quando lo spirito resiste, e lo spirito è indistruttibile.”

Jack London e il rapporto tra essere umano e ricordi

Il vagabondo delle stelle è uno dei romanzi più singolari di Jack London, pubblicato nel 1915 e spesso trascurato rispetto ai più celebri Il richiamo della foresta o Zanna Bianca. Ambientato in una prigione americana di inizio Novecento, il romanzo racconta la vicenda di Darrell Standing, un professore condannato a morte che, sottoposto a torture e isolamento, riesce a viaggiare attraverso le proprie vite passate, abbandonando il corpo e immergendosi nei recessi più profondi della memoria e dello spirito. È proprio in questo contesto che nasce la riflessione citata, a metà tra un’estasi mistica e una rivolta razionale contro l’annientamento fisico.

La dicotomia tra materia e spirito è un tema cardine nella storia della filosofia. Già Platone, nei suoi dialoghi, sosteneva la superiorità dell’anima immortale rispetto al corpo corruttibile, concependo il mondo sensibile come un’ombra imperfetta di un piano ideale eterno e immutabile. London, pur muovendosi in un contesto culturale molto diverso, sembra riprendere questo dualismo. La materia, scrive, “fluisce, si solidifica, fluisce di nuovo”: essa è impermanente, instabile, destinata a mutare e infine a disgregarsi nel nulla. In questo flusso incessante, le forme — e dunque i corpi, gli oggetti, le strutture materiali — sono solo apparizioni, momentanei addensamenti di una sostanza destinata alla dissoluzione.

Ma contro questa caducità si erge la mente, o meglio lo spirito, che London considera “indistruttibile”. È significativo che lo scrittore non parli genericamente di anima, ma di spirito e memoria: ciò che sopravvive alla morte del corpo non è tanto un’essenza immobile, quanto piuttosto il ricordo, l’esperienza accumulata attraverso il tempo e le incarnazioni. Il ricordo, infatti, “permane, rimarrà fino a quando lo spirito resiste”. In tal senso, la memoria non è soltanto una funzione biologica, ma un principio ontologico, il filo invisibile che collega tutte le esistenze vissute dall’individuo e, per estensione, dall’umanità intera.

Il pensiero di London si avvicina per certi versi alle concezioni orientali della metempsicosi e del samsara, il ciclo delle rinascite a cui è soggetto ogni essere vivente. Tuttavia, mentre nelle religioni orientali il fine ultimo è la liberazione da questo ciclo, per London il valore risiede proprio nella permanenza del ricordo e della coscienza di sé. È attraverso il vagabondare della mente che l’uomo si emancipa dalle catene materiali, riuscendo a oltrepassare i confini del tempo e dello spazio. Darrell Standing, rinchiuso in una cella di isolamento, trova nella memoria il solo rifugio possibile, dimostrando che la vera prigione non è quella dei muri e delle catene, ma la perdita della capacità di ricordare e immaginare.

Dal punto di vista letterario, questa concezione fa de Il vagabondo delle stelle un romanzo modernissimo, in cui si intrecciano elementi del romanzo d’avventura, della narrativa carceraria e della speculazione filosofica. London anticipa temi che saranno cari agli scrittori del Novecento, come la relatività del tempo, l’identità frammentata e la ricerca di un senso nell’assurdo. Nello stesso periodo in cui Freud esplorava i territori dell’inconscio e Proust celebrava la memoria involontaria, London metteva in scena un viaggio interiore che attraversa i secoli e le civiltà, riconoscendo alla mente il ruolo di custode suprema dell’esperienza umana.

London, il corpo e la mente

La citazione iniziale, dunque, non è soltanto una riflessione sulla sopravvivenza dell’anima, ma anche un monito a non dimenticare. In un mondo dove tutto passa e si dissolve, la memoria resta, come testimonianza e resistenza contro l’oblio. La mente, nel pensiero di London, non è solo il luogo della conoscenza, ma anche della salvezza: finché l’uomo ricorda, finché custodisce le proprie storie e i propri amori, egli non è mai veramente sconfitto.

Ed è forse questo il senso più profondo dell’opera di London: il corpo può essere distrutto, le civiltà possono crollare, le forme svanire — ma lo spirito, nella sua capacità di ricordare e raccontare, è davvero indistruttibile.

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