Una frase di Italo Calvino sulle città, realtà controverse

26 Settembre 2025

Leggiamo la citazione di Italo Calvino tratta dalla sua raccolta di racconti "Le città invisibili", piccolo capolavoro di urbanistica reale e fantastica.

Una frase di Italo Calvino sulle città, realtà controverse

 Questa frase di Italo Calvino, tratta da Le città invisibili (1972), condensa in poche parole l’essenza dell’opera: una riflessione poetica e filosofica sullo spazio urbano e, al tempo stesso, sull’animo umano. Le città che Marco Polo descrive a Kublai Khan non sono soltanto luoghi geografici, ma immagini simboliche, specchi nei quali si riflettono le tensioni interiori e collettive dell’uomo.

«Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure.»

La città come proiezione dell’inconscio

Il parallelismo con i sogni non è casuale. Freud aveva già mostrato come i sogni siano il linguaggio dell’inconscio, un intreccio di desideri repressi e paure latenti. Calvino applica questa chiave di lettura allo spazio urbano: ogni città, reale o immaginaria, diventa la concretizzazione di ciò che l’umanità teme e desidera.

Se sogniamo un luogo vasto, ordinato e armonico, forse è perché desideriamo sicurezza e stabilità. Se invece immaginiamo un dedalo di vicoli stretti e oscuri, forse stiamo dando forma a paure che ci abitano: il disorientamento, la perdita, il pericolo. Allo stesso modo, le città reali nascono e si sviluppano come traduzione materiale di bisogni, tensioni e contraddizioni.

I desideri nelle città

Ogni città porta in sé il segno di un desiderio collettivo. Il desiderio di bellezza si manifesta nelle piazze rinascimentali, nelle cupole e nei teatri. Il desiderio di potere si esprime nei palazzi governativi, nelle fortezze, nelle grandi strade che mettono in scena la forza di chi comanda. Il desiderio di scambio e di apertura è inscritto nei porti e nei mercati.

Calvino ci invita a leggere le città come testi da decifrare: le loro forme, le loro architetture, persino le loro rovine sono i segni concreti di ciò che gli uomini hanno voluto essere e avere. Ma i desideri non sono mai puri: si mescolano alle paure, generando una tensione che dà forma all’intero paesaggio urbano.

Le paure nelle città

Accanto ai desideri, le città custodiscono le paure. La paura dell’invasione ha prodotto mura, bastioni, torri di avvistamento. La paura della malattia ha spinto alla costruzione di lazzaretti e di quartieri separati. La paura della povertà o della rivolta ha generato spazi di segregazione e di controllo.

Anche le città moderne, pur immerse nella logica del progresso, non sono esenti da questa componente. Grattacieli e sorveglianza elettronica riflettono insieme il desiderio di efficienza e la paura dell’instabilità sociale. Quartieri chiusi, centri commerciali e spazi virtuali raccontano una paura diffusa: quella del contatto imprevisto, della contaminazione, del confronto con l’altro.

Città invisibili e città reali con Italo Calvino

La forza dell’opera di Italo Calvino sta proprio nel suo oscillare tra finzione e realtà. Le città che Marco Polo descrive – Zaira, Despina, Zobeide, Isidora – non esistono sulla mappa, ma esistono come figure della mente. Sono costruzioni immaginarie che, tuttavia, ci parlano delle città reali che abitiamo.

Quando leggiamo che una città è fatta di memoria, o di sguardi, o di desideri frustrati, comprendiamo che la letteratura sta mettendo in scena non luoghi geografici, ma condizioni universali dell’abitare. In questo senso, la frase di Calvino è una chiave interpretativa: ogni città, anche la più concreta, è un sogno condiviso dalla comunità che la vive, e porta impressi i segni delle sue aspirazioni e dei suoi timori.

La città come specchio dell’uomo

Dire che le città sono costruite di desideri e paure significa riconoscere che l’architettura e l’urbanistica non sono mai neutre. Ogni edificio, ogni strada, ogni piazza racconta una scelta, una visione del mondo. Le città parlano di noi: dei nostri slanci verso il futuro e delle nostre resistenze, delle nostre utopie e delle nostre difese.

Per questo motivo, Calvino ci invita a guardare alle città come a un linguaggio simbolico. Decifrare la città significa decifrare l’uomo. Osservare i quartieri periferici di una metropoli contemporanea, con le loro contraddizioni, equivale a leggere la paura dell’emarginazione e il desiderio di inclusione. Passeggiare per un centro storico equivale a entrare nel sogno di bellezza e di armonia di un’epoca passata. Attualità della riflessione di Italo Calvino

Oggi, in un mondo sempre più urbanizzato, le parole di Calvino acquistano nuova rilevanza. Le megalopoli contemporanee sono mosaici di desideri globalizzati e paure globali: il desiderio di connessione, di velocità, di ricchezza; la paura del degrado ambientale, della sovrappopolazione, della solitudine in mezzo alla folla.

Le città digitali, costruite sulle reti e sulle piattaforme, non sono da meno: anche esse nascono da un intreccio di aspirazioni (condivisione, comunicazione, efficienza) e di ansie (controllo, perdita della privacy, dipendenza). La lezione di Italo Calvino ci insegna a leggere con attenzione questi fenomeni, a riconoscere dietro le forme urbane e virtuali le dinamiche profonde della nostra umanità.

«Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure.» Con questa frase, Italo Calvino ci consegna una visione duplice e poetica: le città non sono solo spazi materiali, ma anche narrazioni interiori. Esse custodiscono le tensioni della collettività che le ha generate, e in questo senso somigliano ai sogni, nei quali il nostro inconscio dà forma a ciò che desideriamo e temiamo.

L’opera di Italo Calvino ci invita dunque a guardare alle città non come a semplici contenitori di vite, ma come a specchi dell’animo umano. Ogni città, reale o immaginaria, è il risultato di un equilibrio fragile tra ciò che speriamo e ciò che temiamo, tra l’utopia e l’angoscia. In questa tensione risiede la loro verità, e forse anche la nostra.

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