Sei qui: Home » Frasi » L’importanza delle parole secondo Raymond Carver

L’importanza delle parole secondo Raymond Carver

"Ognuno di noi è le parole che sceglie". Ce lo ricorda Raymond Carver, fra i più grandi scrittori americani del XX secolo, scomparso 35 anni fa.

Raymond Carver è stato uno scrittore, poeta e saggista statunitense nato il 25 maggio 1938 e scomparso il 2 agosto 1988. Proveniente da famiglia di umili origini, fin dalla giovane età Carver si barcamena tra le più disparate occupazioni, coltivando al tempo stesso una grande passione per la lettura e la scrittura.

La sua vita ci insegna che non esistono scuse per non dedicarci ai nostri talenti e inseguire i nostri sogni. Come suggerisce la frase, infatti, Raymond Carver ha affidato il suo riscatto personale unicamente alle parole, riconoscendone il potere incredibile.

“Le parole sono tutto ciò che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste”.

La vita di Raymond Carver

Scrittore, poeta e saggista, Raymond Carver nasce il 25 maggio del 1938 a Clatskanie, nell’Oregon, in una famiglia di umili origini. Il padre è affilatore in una segheria, mentre la madre è una cameriera. Cresciuto a Yakima, si impegna sin da ragazzo in molti lavoretti, e nel frattempo sviluppa una forte passione per la scrittura e per la lettura. Nel giugno del 1957 Raymond Carver sposa Maryann, che pochi mesi più tardi lo rende padre di Christine Rae.

Persuaso dalla moglie a proseguire gli studi, Carver si iscrive ai due anni propedeutici all’Università di Walla Walla. Inizia poi a frequentare i corsi di scrittura creativa e letteratura del Chico State College, dove insegna John Gardner. Alla fine degli anni Sessanta, vede pubblicata “Near Klamath”, la sua prima raccolta di poesie. Vincitore nel 1969 del Discovery Award per la poesia, si trasferisce con la famiglia in California.

Ricoverato al Virginia Mason Hospital, Carver muore il 2 agosto del 1988 nella sua casa di Port Angeles. Il suo corpo viene seppellito all’Ocean View Cemetery, nello stesso giorno in cui la Collins Harvill a Londra pubblica ‘Elephant and other stories’.

Il potere delle parole

Se la civiltà nasce e si costruisce sulla parola, abbiamo il dovere di interrogarci sul potere che essa esercita nella nostra vita. Parola che da una parte influenza il nostro modo di pensare e conseguentemente di agire, ma che è anche lo specchio di chi siamo e di come scegliamo di definirci agli occhi degli altri.

Come dice la sociolinguista Vera Gheno nel suo libro “Potere alle parole“, ognuno di noi è le parole che sceglie. “Conoscerne il significato e saperle usare nel modo giusto e al momento giusto ci dà un potere enorme, forse il più grande di tutti”.

Cattedrale” di Raymond Carver

A volte anche una visita inattesa e poco gradita – quella di un amico cieco della moglie, per esempio – può smuovere emozioni dimenticate. E cosi, infatti, che il narratore del racconto che dà il titolo alla raccolta – forse il più celebre di Carver e uno dei più amati dall’autore – finisce per passare quasi senza rendersene conto dall’iniziale ostilità condita di gelosia al momento di una piccola rivelazione.

È un personaggio carveriano a tutti gli effetti, l’anonimo protagonista del racconto: sottilmente alla deriva, privo di amici, inchiodato in un lavoro che detesta, con una moglie da cui forse si sente un po’ trascurato. Eppure, è proprio la presenza ingombrante del cieco Robert a costringerlo a uscire dalla sua corazza e abbozzare un rapporto umano, una condivisione che gli permetterà di recuperare, forse, una parte di sé dimenticata.

Carver ne segue l’impercettibile evoluzione con naturalezza, con uno stile maturo e consapevole dei propri mezzi, da lui stesso definito “più pieno e generoso”. Se “Cattedrale” chiude la raccolta su una tenue nota positiva, nel resto del libro prevalgono i toni desolati, i fragili equilibri pronti a spezzarsi in conseguenza di eventi all’apparenza secondari: un nuovo trasloco in “La casa di Chef”, l’atto mancato di una riconciliazione impossibile in “Lo scompartimento”, l’inizio di una crisi senza apparenti vie d’uscita in “Vitamine”, in cui nella deriva personale fa irruzione la violenza della storia.

© Riproduzione Riservata