Una frase di Ian McEwan sull’equilibrio delle emozioni

19 Giugno 2025

Leggiamo questa importante riflessione di Ian McEwan tratta dal suo romanzo "L'amore fatale" sul precario equilibrio della nostra psiche.

Una frase di Ian McEwan sull'equilibrio delle emozioni

Nel suo romanzo L’amore fatale (Enduring Love, 1997), Ian McEwan ci offre una delle riflessioni più penetranti e provocatorie sulla fragilità della psiche umana, condensata in una citazione di grande densità concettuale:

“Il cervello è davvero un oggetto dalla filigrana così delicata che qualsiasi falso mutamento nello stato emotivo è in grado di trasformare la condizione di altri milioni di circuiti inconsci.”

Questa frase, apparentemente semplice, racchiude al suo interno un’intera visione della mente, della percezione, dell’emozione e dei rischi che derivano dall’instabilità psichica. È un’affermazione che si presta a una lettura filosofica, neuroscientifica e letteraria insieme, e che ci invita a riflettere sulla permeabilità delle nostre strutture cognitive agli stati emotivi, anche i più fugaci o ingannevoli.

Ian McEwan e la psiche sul filo del funambulo

McEwan descrive il cervello come un oggetto “dalla filigrana così delicata”, usando una metafora che richiama l’arte raffinata dell’oreficeria, fatta di sottili intrecci e trame finissime. Questa immagine sottolinea la complessità e la fragilità dell’organo che presiede ai pensieri, alle emozioni, alla coscienza. Il cervello non è solo una massa biologica, ma una rete intricata e sensibile, capace di trasformarsi anche in risposta a stimoli impercettibili. In ciò l’autore sembra anticipare o interpretare la teoria della plasticità cerebrale: la capacità del cervello di modificarsi in base alle esperienze.

Tuttavia, McEwan non parla di modifiche intenzionali o funzionali, bensì di “falsi mutamenti” nello stato emotivo. Si riferisce cioè a quelle alterazioni non fondate su eventi reali, ma su percezioni distorte, fraintendimenti o illusioni. È qui che l’autore introduce la tematica della fragilità della mente: un’emozione falsa – come un’illusione amorosa, un’idea paranoica, un errore interpretativo – può destabilizzare interi equilibri psichici, trascinando il soggetto in spirali inconsce imprevedibili.

L’effetto domino nella mente

L’altra parte della citazione – “qualsiasi falso mutamento nello stato emotivo è in grado di trasformare la condizione di altri milioni di circuiti inconsci” – descrive un effetto a cascata. Il cervello viene rappresentato come una rete in cui tutto è interconnesso: un singolo cambiamento, anche minimo, può modificare il funzionamento di aree remote, come il tremolio di una corda che mette in vibrazione un intero strumento. McEwan, in linea con le scoperte più recenti della neuropsicologia, sottolinea l’interdipendenza tra emozione e cognizione, tra conscio e inconscio.

Il “falso mutamento emotivo” può riferirsi a una reazione esagerata, a un fraintendimento affettivo, a un delirio incipiente, come nel caso di Jed Parry, il personaggio del romanzo affetto da una rara forma di erotomania, ovvero la convinzione patologica che qualcuno sia innamorato di lui. Questo disturbo nasce da un’illusione emotiva e si propaga nel sistema psichico fino a deformare radicalmente il comportamento e la percezione della realtà.

Il romanzo come disamina della psiche

L’amore fatale può essere letto anche come un sofisticato esperimento mentale che esplora cosa succede quando un evento traumatico – un incidente con una mongolfiera – genera uno squilibrio nella percezione e nelle relazioni umane. Il protagonista, Joe, scettico e razionale, viene messo di fronte all’irrazionalità patologica dell’amore non ricambiato. L’intera vicenda diventa un’indagine sulle conseguenze di un “falso” affetto, di una passione che esiste solo in una mente turbata, e che riesce tuttavia a modificare radicalmente la vita degli altri personaggi.

Qui McEwan mostra come un’emozione deformata possa attivare “milioni di circuiti inconsci”, generando paure, rabbie, ansie, senso di colpa e impotenza anche in chi non è affetto direttamente dalla patologia. L’invasività dell’instabilità emotiva diventa metafora del potere disgregante delle passioni malate, ma anche della permeabilità dell’io alle emozioni altrui.

Alla luce di questa citazione, possiamo interpretare il romanzo di McEwan come un’opera che mette in discussione le certezze dell’identità e della razionalità. Non siamo macchine pensanti impermeabili al sentimento, ma esseri emotivamente vulnerabili, le cui decisioni e percezioni sono costantemente minacciate da alterazioni, anche lievi, della nostra condizione affettiva. Il cervello, con la sua “filigrana delicata”, è sempre sul punto di essere trasformato da ciò che proviamo, anche quando ciò che proviamo è falso, illusorio o proiettato.

La riflessione di McEwan sulla delicatezza del cervello è, in fondo, un invito a riconoscere quanto poco controllo abbiamo sulle nostre vite interiori. Un solo evento, un solo errore di interpretazione, una singola emozione non autentica possono aprire crepe profonde nei nostri circuiti psichici. L’autore ci invita a osservare con attenzione le nostre reazioni emotive, a non sottovalutare la potenza del desiderio, della paura e dell’immaginazione nel determinare chi siamo.

In definitiva, questa citazione ci ricorda che siamo organismi fragili, sensibili e interconnessi: ogni pensiero, ogni sentimento, ogni illusione lascia una traccia. Ed è proprio in questa consapevolezza della nostra vulnerabilità che possiamo trovare la chiave per una maggiore empatia, comprensione e responsabilità.

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