I versi di Erich Fried su cosa, forse, possa essere l’amore

15 Maggio 2025

Leggiamo gli incantevoli e delicati versi di Erich Fried tratti dalla poesia "Un'inezia" in cui con soavità ci dà un idea dell'amore non lontana dal vero.

I versi di Erich Fried su cosa, forse, possa essere l'amore

I versi di Erich Fried tratti dalla poesia Un’inezia offrono una straordinaria sintesi del potere emotivo dell’amore e della memoria, in un equilibrio delicatissimo tra il quotidiano e l’assoluto, tra il particolare e l’universale. Con una semplicità disarmante, Fried illumina uno dei misteri più intensi dell’esperienza umana: come un dettaglio minuscolo – un’inezia, appunto – possa contenere in sé un intero universo affettivo.

Se lei
ritorna a casa da un paese straniero
e mi dice con orgoglio: “Ho visto
un topo d’acqua”
e io mi ricordo di queste parole
quando la notte mi sveglio
e il giorno dopo al lavoro
e ho nostalgia
di ascoltarla
ripetere queste parole
e poi
che pronunciandole
mi appaia esattamente come quando
le pronunciò

Erich Fried e la delicatezza dell’amore

La poesia si apre con un’immagine quotidiana, quasi banale: una donna che racconta il suo ritorno da un viaggio e condivide un piccolo episodio, l’aver visto un topo d’acqua. Non si tratta di un evento eccezionale, eppure ciò che colpisce è l’orgoglio con cui lei ne parla. Questo entusiasmo diventa per il poeta una chiave d’accesso all’intimità più profonda del legame affettivo. La frase, apparentemente insignificante, viene custodita dal poeta nella memoria come un oggetto prezioso.

Fried, poeta austriaco noto per le sue poesie d’amore tanto quanto per quelle politiche, riesce qui a isolare un momento fuggevole e a trasformarlo in un nodo denso di senso. Il protagonista si sveglia di notte e ricorda quelle parole; ci pensa durante il lavoro; ne ha nostalgia. La ripetizione mentale di quell’unico episodio diventa il centro di un moto nostalgico che si estende nel tempo e nello spazio. La distanza tra il momento vissuto e il tempo presente è colmata dal desiderio, non solo di riascoltare quelle parole, ma di rivivere lo stato emotivo legato al momento in cui furono pronunciate.

Il cuore della poesia risiede proprio in questo desiderio: che lei, pronunciando di nuovo quelle parole, “mi appaia esattamente come quando le pronunciò”. Qui Fried tocca uno dei temi più dolorosi e profondi dell’amore: la tensione tra la realtà e la memoria, tra ciò che è stato e ciò che vorremmo rivivere. Il desiderio che l’amato non cambi, che il tempo possa essere congelato e il ricordo possa diventare realtà, è una delle illusioni più potenti e struggenti dell’amore umano.

Questo attaccamento ad un frammento del passato, ad un dettaglio minimale, rivela anche quanto il sentimento amoroso abbia bisogno di ancoraggi concreti: una parola, un gesto, un’espressione. In un’epoca in cui tutto tende a diventare spettacolare e rumoroso, Fried ci ricorda con forza poetica che l’amore vero vive di piccole cose. Non servono dichiarazioni solenni o eventi straordinari: bastano tre parole dette con orgoglio, un ricordo che non vuole andarsene, un’immagine fugace che diventa eterna.

L’immensità in un’inezia

Il titolo stesso della poesia, Un’inezia, è profondamente ironico e al contempo rivelatore. Ciò che è considerato trascurabile dal punto di vista oggettivo diventa il centro del mondo soggettivo del poeta. In questa apparente sproporzione risiede tutta la verità del sentimento: l’innamorato non vive nell’equilibrio della ragione, ma nella vertigine dell’attenzione amorosa, capace di vedere immensità dove altri vedono solo dettagli.

Il topo d’acqua, dunque, diventa un simbolo di tutto ciò che l’amore è in grado di trasformare: dalla banalità all’incanto, dalla cronaca al mito personale. E, ancora, c’è nel testo una riflessione implicita sulla memoria e sul tempo. L’amore, nel ricordo, non si limita a evocare ciò che è stato, ma tenta di ricrearlo, di farlo rivivere. L’illusione – poetica ma anche tragicamente umana – è che ripetendo un gesto, una parola, si possa tornare indietro. Ma Fried non ci dà certezze: ci consegna soltanto la dolce nostalgia di quel desiderio.

Nel silenzio tra una parola e l’altra, tra un giorno e l’altro, si colloca l’essenza della poesia: uno spazio in cui il tempo si curva, e il passato continua a riverberare nel presente. Il poeta non si limita a ricordare, ma vuole che la parola pronunciata abbia ancora la stessa luce, la stessa temperatura emotiva. Ecco perché la nostalgia non è semplice mancanza, ma anche affermazione della forza viva del sentimento.

In ultima analisi, Un’inezia è una poesia sulla potenza delle parole amate e sul desiderio che esse possano conservare intatto il loro incanto. Fried ci invita a riflettere su come l’amore sia, in fondo, un esercizio quotidiano di attenzione: ai dettagli, ai gesti, alle parole che compongono la presenza dell’altro. E, proprio per questo, un esercizio tanto difficile quanto prezioso.

Attraverso un linguaggio sobrio e diretto, Erich Fried celebra la profondità dell’intimità umana e ci offre un modello di poesia in cui la semplicità diventa veicolo di risonanze profonde. Un’inezia diventa così, paradossalmente, un monumento alla grandezza dell’amore custodito nei minimi gesti.

Ma ecco la poesia nella sua interezza:

Un’inezia

Non so che cosa sia l’amore
ma forse
è qualcosa come:

Se lei
ritorna a casa da un paese straniero
e mi dice con orgoglio: “Ho visto
un topo d’acqua”
e io mi ricordo di queste parole
quando la notte mi sveglio
e il giorno dopo al lavoro
e ho nostalgia
di ascoltarla
ripetere queste parole
e poi
che pronunciandole
mi appaia esattamente come quando
le pronunciò

È forse questo, penso, l’amore
o qualcosa di non molto diverso

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