I versi di Giovanni Pascoli, tratti dal volume Myricae, racchiudono il fascino di un’immagine vivida, ricca di sfumature poetiche e di significati profondi. La poesia cui appartengono, inizialmente ideata con il titolo L’osteria di campagna, descrive una scena apparentemente semplice e quotidiana: un’osteria nel mezzogiorno, fervente di vita e di attività, in contrasto con la figura del mendicante che, escluso dal convivio, osserva e si consola nell’ostentare disinteresse per i cacciatori e i tordi moderni, che non sono più quelli di un tempo.
“Dice, e il cor s’è beato. Mezzogiorno
dal villaggio a rintocchi lenti squilla;
e dai remoti campanili intorno
un’ondata di riso empie la villa”
Giovanni Pascoli e il suo mezzogiorno al villaggio
La poesia si apre con la descrizione del mezzogiorno in un villaggio, un momento di pausa e convivialità scandito dai rintocchi delle campane e dall’allegria che si diffonde tra le case. Pascoli dipinge un quadro vivace e universale, capace di evocare non solo un luogo fisico ma anche un’atmosfera collettiva, fatta di suoni, odori e colori.
Il mezzogiorno è simbolo di un tempo ciclico, regolato dai ritmi naturali e sociali. Tuttavia, accanto alla vitalità della scena si staglia la figura del mendicante, un outsider che osserva da lontano, apparentemente indifferente. Questo contrasto introduce uno dei temi cardine della poesia: l’inclusione e l’esclusione, il dentro e il fuori, la partecipazione e l’alienazione.
La presenza del mendicante, che si consola ostentando disinteresse per i tordi e i cacciatori moderni, richiama una tradizione letteraria antica, da Omero a Carducci. In particolare, Pascoli sembra rifarsi alla figura dell’accattone omerico, che appare nei poemi epici come simbolo di emarginazione ma anche di saggezza e di resistenza. Come sottolinea il commento critico, questa figura appartiene alla costellazione metaforica di Pascoli, in cui il mendicante si affianca al pellegrino, al cieco, al forestiero e all’eremita.
Tutti questi personaggi condividono un tratto fondamentale: sono “ai margini della realtà”, spaesati e diversi dagli altri uomini. E proprio in questa diversità si rispecchia il poeta, che trova nella condizione di esclusione e di solitudine la sua voce e la sua missione.
Il mendicante della poesia non si limita a osservare la scena dall’esterno, ma giudica il presente attraverso il filtro della nostalgia. I cacciatori di oggi, secondo lui, non sono abili come quelli di un tempo, e i tordi moderni non possono competere con quelli del passato. Questo atteggiamento riflette una visione tipicamente pascoliana, in cui il passato assume una dimensione mitica e ideale, in contrapposizione a un presente percepito come decadente e disincantato.
La nostalgia del passato è uno dei tratti distintivi della poetica di Pascoli, che cerca nella memoria e nel ricordo una forma di consolazione e di resistenza al fluire del tempo. Il passato diventa così un rifugio, un luogo di autenticità e di bellezza perduta che il poeta cerca di ricostruire attraverso le sue parole.
I versi finali, “e dai remoti campanili intorno / un’ondata di riso empie la villa”, ci restituiscono un’immagine di gioia collettiva, che si espande dal cuore del villaggio fino ai suoi confini. Tuttavia, questa felicità non è condivisa dal mendicante, che rimane escluso dalla comunità. La scena, per quanto vivace e festosa, porta con sé una sottile nota di malinconia, legata all’idea che il poeta, come il mendicante, non possa mai sentirsi pienamente parte del mondo che descrive.
Allo stesso tempo, l’ondata di riso e il suono delle campane evocano un senso di sacralità, un richiamo alla dimensione spirituale e trascendente che Pascoli intravede nella vita quotidiana. Il poeta non si limita a descrivere la realtà: la trasfigura, attribuendo ai suoi dettagli più semplici un significato profondo e universale.
Il poeta ai margini: una condizione universale
In ultima analisi, la figura del mendicante diventa una metafora della condizione del poeta, che osserva il mondo da una posizione di distanza e di esclusione. Questa distanza, però, non è solo una forma di alienazione, ma anche una fonte di forza e di ispirazione. Il poeta, come il mendicante, può vedere ciò che gli altri non vedono, può cogliere il significato nascosto delle cose e trasformarlo in poesia.
I versi di Myricae ci ricordano che la poesia non nasce dalla partecipazione piena alla vita, ma dall’osservazione attenta e malinconica di chi vive ai margini. È una lezione che Giovanni Pascoli ci consegna con delicatezza e profondità, invitandoci a riflettere sul valore dell’esclusione e sulla capacità della poesia di dare voce a chi, come il mendicante, si trova al di fuori della comunità.