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Una frase di Giovanni Boccaccio sul valore della gentilezza

Leggiamo questa frase di Giovanni Boccaccio tratta dal Decameron, in cui ci ricorda che la gentilezza non è questione di censo, ma valore assoluto.

La citazione di Giovanni Boccaccio tratta dalla prima novella della quarta giornata del Decameron riflette una profonda riflessione sulla gentilezza e la nobiltà d’animo, concetti che, secondo l’autore, non dipendono né dalla ricchezza né dal rango sociale. Con  questa espressione, Boccaccio afferma che la vera nobiltà è una qualità interiore, indipendente dai beni materiali.

“Ma la povertà non toglie gentilezza a alcuno ma sì avere. Molti re, molti gran prencipi furon già poveri, e molti di quegli che la terra zappano e guardan le pecore già ricchissimi furono e sonne”

Giovanni Boccaccio e la gentilezza come valore nella società medievale

Nel Decameron, Boccaccio offre spesso una critica acuta della società medievale, mostrando come le virtù e i vizi non siano legati alle classi sociali o alla condizione economica. In questa citazione, Boccaccio evidenzia un concetto rivoluzionario per l’epoca: la nobiltà di cuore e la gentilezza non sono prerogative della ricchezza o del potere, ma qualità accessibili a tutti. In un contesto medievale, in cui la nobiltà era generalmente vista come un privilegio di nascita e il rango sociale era rigidamente determinato, Boccaccio introduce una visione più democratica della virtù.

Attraverso questa riflessione, l’autore mette in discussione l’idea che la ricchezza sia sinonimo di valore umano. La gentilezza, o nobiltà d’animo, è presentata come una qualità intrinseca, che può fiorire in chiunque, indipendentemente dalle condizioni esterne. Così, il Decameron diventa una sorta di manifesto dell’umanesimo nascente, un movimento che celebra il valore e la dignità dell’individuo.

La frase di Boccaccio può essere vista come un elogio della gentilezza come virtù universale, accessibile a tutti. L’autore vuole dimostrare che le qualità morali non sono determinate dalla ricchezza materiale o dal potere, ma sono frutto dell’integrità e del rispetto verso gli altri. Questo concetto è perfettamente in linea con l’umanesimo, che rivalutava l’individuo non in base alla sua posizione sociale o al suo patrimonio, ma in base alle sue qualità intrinseche e alle sue azioni.

La gentilezza, dunque, non ha nulla a che fare con la povertà o la ricchezza: “la povertà non toglie gentilezza a alcuno ma sì avere”. Ciò che conta è il comportamento, non lo status sociale o i beni materiali. Questa visione viene ulteriormente rafforzata dall’affermazione che “molti re, molti gran prencipi furon già poveri, e molti di quegli che la terra zappano e guardan le pecore già ricchissimi furono e sonne”, una riflessione che sottolinea l’instabilità delle fortune umane e la mutevolezza delle condizioni economiche. Con questo esempio, Boccaccio invita a non giudicare gli altri in base alla loro situazione economica, ma a valorizzare le qualità che si trovano nel cuore e nell’animo delle persone.

Boccaccio sottolinea anche come la nobiltà di nascita non sia sinonimo di nobiltà d’animo. Molte persone potenti, secondo lui, sono cadute in disgrazia o hanno perso le loro ricchezze, mentre individui umili, come i contadini e i pastori, che non possiedono alcun titolo, sono capaci di gesti di grande generosità e virtù. Questa visione è particolarmente significativa perché sfida l’idea medievale che il valore di una persona dipenda dal suo lignaggio.

Boccaccio, infatti, attraverso i suoi personaggi e le loro storie, dimostra che è possibile trovare esempi di grande nobiltà d’animo anche tra coloro che sono considerati “inferiori” dalla società. La nobiltà non risiede nei titoli, nelle terre o nel denaro, ma nella capacità di essere generosi, di rispettare gli altri, di agire con onore e dignità. Così, l’autore ridimensiona l’importanza dei privilegi sociali e invita a considerare la vera nobiltà come una qualità universale, che trascende il ceto sociale.

Attualità del messaggio di Boccaccio

Il messaggio di Boccaccio è sorprendentemente attuale. In una società come quella odierna, dove spesso il valore delle persone viene misurato in base al loro successo materiale o alla loro posizione sociale, questa riflessione invita a riconsiderare cosa significhi essere veramente “gentili” o “nobili”. La gentilezza, oggi come allora, è una qualità che può trasformare le relazioni umane e migliorare la società nel suo insieme.

Nell’era dei social media e del culto dell’apparenza, dove spesso il successo è misurato in base al numero di follower o al prestigio economico, il messaggio di Boccaccio risuona come un richiamo all’essenziale: la vera ricchezza è quella interiore, e la gentilezza non è mai una questione di potere o di possedimenti. Essere gentili significa essere rispettosi, onesti, e pronti a fare il bene senza aspettarsi nulla in cambio.

La citazione di Boccaccio dalla prima novella della quarta giornata del Decameron rappresenta una riflessione profonda e universale sulla gentilezza e sulla vera nobiltà. Per Boccaccio, la nobiltà d’animo è una qualità accessibile a chiunque, indipendentemente dalla condizione economica o dal rango sociale. È un messaggio di umanità e speranza che, attraverso i secoli, continua a parlarci, invitandoci a guardare oltre l’apparenza e a riconoscere il valore delle persone nelle loro azioni, non nel loro patrimonio.

La lezione di Boccaccio è chiara: la gentilezza è una virtù che può essere praticata da chiunque, ricco o povero, potente o umile. È una qualità che risiede nel cuore e che può fare la differenza nella vita di chi la pratica e di chi la riceve.

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