Una frase di Giorgio Manganelli sulla giornata di Ferragosto

14 Agosto 2025

Leggiamo assieme questa citazione di Giorgio Manganelli, in cui lo scrittore parla del ferragosto come la giornata del Nulla, con la enne maiuscola.

Una frase di Giorgio Manganelli sulla giornata di ferragosto

Giorgio Manganelli, con il suo stile ironico (spesso falsamente ironico) e visionario, sapeva trasformare un’osservazione apparentemente banale in un pensiero denso di implicazioni filosofiche. La citazione tratta dal suo Improvvisi per macchina da scrivere racchiude in poche parole una riflessione che, dietro la superficie leggera, tocca temi come il senso del vuoto, la ciclicità delle feste e il rapporto tra individuo e rituali collettivi.

«La mia sensazione più profonda è che il Ferragosto sia la festa del Nulla: e a questa convinzione io mi adeguo»

Il Ferragosto, almeno in Italia, è una data simbolica: il 15 agosto segna il culmine dell’estate, il momento in cui le vacanze raggiungono il loro apice e il caldo spesso immobilizza le città. È una festa di origini antiche, nata come Feriae Augusti in epoca romana, proseguita con le celebrazioni cristiane dell’Assunzione di Maria, e oggi radicata nella cultura popolare come giornata di svago, viaggi, grigliate e bagni di mare.

Giorgio Manganelli, però, rovescia questa prospettiva: per lui il Ferragosto non è la festa dell’abbondanza o della gioia comunitaria, ma la “festa del Nulla”. Non lo dice con tono tragico, ma come se avesse colto una verità nascosta: dietro i fuochi d’artificio e le tavolate, c’è un vuoto sostanziale, una sospensione di senso. È un giorno in cui il tempo sembra fermarsi, in cui le attività ordinarie cessano, ma senza che qualcosa di davvero significativo le sostituisca.

La dimensione del “Nulla” per Giorgio Manganelli

Il termine “Nulla”, nella frase, non è semplicemente sinonimo di assenza. È un concetto che in filosofia e in letteratura assume sfumature diverse: dal nulla esistenziale di Sartre, che inquieta e libera, al nulla mistico che dissolve le individualità, fino al nulla ironico e leggero che Giorgio Manganelli spesso evocava nei suoi scritti.

Qui il Nulla sembra avere una qualità quasi teatrale: Ferragosto diventa un palcoscenico vuoto in cui gli attori — la folla dei vacanzieri, i cittadini rimasti a casa, i turisti — recitano senza copione. Non c’è trama, solo una cornice temporale: un giorno nel calendario che tutti conoscono, ma che non ha un contenuto preciso oltre al “fare qualcosa” per riempirlo.

Adeguarsi al vuoto

La seconda parte della frase — «e a questa convinzione io mi adeguo» — è forse la più intrigante. Manganelli non propone una ribellione al Ferragosto, non invita a riempirlo di senso, non cerca di trasformarlo in qualcos’altro. Semplicemente, accetta il vuoto e vi si adatta.

Questa scelta è profondamente coerente con una visione disincantata e, per certi versi, liberatoria della vita: non tutto deve avere un senso alto, non ogni festa deve veicolare un significato profondo. A volte, assecondare il Nulla significa anche concedersi una pausa dal bisogno di significato costante. È un’adesione ironica, ma anche lucida: se Ferragosto è vuoto, che lo sia pure, e che ognuno vi galleggi come meglio crede.

Un giorno sospeso

Il Ferragosto, con le città svuotate e le spiagge affollate, produce un contrasto unico: da un lato il silenzio irreale dei centri urbani, dall’altro il caos dei luoghi turistici. Entrambi, però, possono essere percepiti come facce del medesimo Nulla. Il primo è un vuoto fisico, il secondo un vuoto di senso, in cui la ripetizione quasi automatica di certi riti (il pranzo, il bagno, il fuoco d’artificio) sembra svuotare l’evento di spontaneità.

In questo senso, Manganelli ci fa notare qualcosa che normalmente passa inosservato: Ferragosto non è tanto un giorno di eventi, quanto un intervallo, una sospensione, un momento in cui l’ordinario è sospeso ma il nuovo non ha ancora preso forma.

Paradossalmente, definire Ferragosto “la festa del Nulla” può anche essere visto come un invito a viverlo in modo diverso. Se non c’è un significato prestabilito, ciascuno può dargli il proprio. L’adeguarsi manganelliano non è per forza passività: può diventare un atto creativo, un modo di giocare con il tempo vuoto, di trasformare una giornata convenzionale in qualcosa di personalissimo.

In questo modo, il Nulla smette di essere privazione e diventa spazio di libertà. Un giorno senza copione può essere occasione per fare ciò che non rientra nei rituali consueti, per fermarsi a osservare, per oziare consapevolmente.

L’attualità della riflessione

Nella nostra epoca, in cui anche il tempo libero tende a essere pianificato e ottimizzato, l’idea manganelliana di “adeguarsi” al vuoto è controcorrente. Ci ricorda che non è obbligatorio riempire ogni istante di attività, che una festa può essere semplicemente un giorno in cui il mondo rallenta, senza che questo debba generare ansia o noia.

La citazione diventa così un piccolo manifesto contro l’eccesso di aspettative: non ogni momento deve essere memorabile, e Ferragosto può essere, se lo vogliamo, solo una parentesi vuota — e va bene così.

Con la sua frase lapidaria, Manganelli riesce a catturare l’essenza paradossale di Ferragosto: un giorno che tutti attendono, ma che in fondo non celebra nulla di concreto, se non il fatto stesso di esistere nel calendario. Chiamarlo “la festa del Nulla” significa guardarlo con ironia e consapevolezza, riconoscendo il vuoto come parte della vita.

E adeguarsi, come dice lui, non è arrendersi, ma piuttosto smettere di combattere contro l’assenza di senso, per scoprire che a volte, nel cuore del Nulla, c’è una forma sottile di libertà.

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