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Una frase di Giorgio Faletti sulla bellezza della vita

Leggiamo questa frase di Giorgio Faletti tratta dal suo Best Seller "Io uccido", in cui con una frase concisa ci dice quanto la vita sia imprevedibile.

La citazione di Giorgio Faletti tratta dal romanzo Io uccido racchiude una riflessione profonda, quasi filosofica, sul libero arbitrio e sulla possibilità che ogni individuo ha di influenzare la propria esistenza. In poche righe, Faletti smonta una delle convinzioni più radicate della cultura occidentale e orientale: quella secondo cui il destino sarebbe un disegno già tracciato, una linea temporale in cui gli eventi si susseguono con necessità, a prescindere dalla volontà umana.

“Non è vero che il destino è ineluttabile. Non è vero che si può essere solo spettatori dell’avvicendarsi del tempo e degli avvenimenti”

Giorgio Faletti e il destino come costrutto culturale

Nella storia della filosofia, il concetto di destino ha avuto un peso immenso. Dai Greci agli Stoici, da Machiavelli fino a Schopenhauer e Nietzsche, il destino è stato indagato come forza imperscrutabile, spesso in contrasto con la libertà umana. Per molti pensatori antichi, come gli Stoici, il destino (heimarméne) era una legge universale alla quale nulla poteva sottrarsi. Anche nel teatro tragico greco – pensiamo a Edipo – il destino era una sentenza inviolabile, che l’uomo poteva solo subire, pur cercando in ogni modo di evitarla.

Faletti, con la sua affermazione netta, si oppone a questa visione deterministica e fatalista, portando in scena una concezione dell’essere umano come agente attivo nella propria vita. Il suo protagonista – e, di riflesso, l’autore stesso – rivendica la possibilità di agire, di scegliere, di deviare da un percorso già scritto.

Dal thriller alla realtà

Anche se Io uccido è un thriller, e quindi inquadrabile come romanzo di genere, Faletti non rinuncia a disseminare riflessioni esistenziali nei suoi testi. Il romanzo ruota attorno a un serial killer e a un investigatore che tenta di fermarlo, ma è anche la narrazione di come le scelte, le rinunce, i dolori e i traumi dell’individuo possano essere affrontati e superati, o al contrario, portino alla rovina. Proprio per questo, la frase citata assume una valenza che va oltre la trama del romanzo: è un manifesto di responsabilità personale.

Faletti afferma implicitamente che l’uomo non è mai solo spettatore della propria vita, ma attore, e spesso anche regista. Sebbene ci siano eventi che sfuggono al nostro controllo – la morte, le malattie, gli imprevisti – ciò che conta è la reazione, la risposta consapevole a ciò che accade. In questo senso, non si tratta di negare l’esistenza di eventi indipendenti dalla volontà individuale, quanto di affermare con forza che non tutto è predeterminato, e che la libertà dell’essere umano è reale, anche se limitata.

Etica e responsabilità

La negazione dell’“ineluttabilità” del destino implica anche un’assunzione di responsabilità. Se non possiamo rifugiarci dietro l’idea di un destino già scritto, siamo noi gli artefici del bene e del male che produciamo. L’assassino protagonista del romanzo di Faletti non è un mostro predestinato a uccidere, ma un uomo che, per quanto segnato dal dolore, compie scelte. Allo stesso modo, l’investigatore che gli dà la caccia non è un eroe predestinato, ma una persona che sceglie di reagire al male, di opporsi.

La libertà di scegliere, però, è anche un fardello morale. Chi agisce male non può invocare il destino come alibi. Questa è una lezione che riguarda non solo i personaggi del romanzo, ma ogni lettore. In un mondo dove spesso le responsabilità vengono diluite, Faletti riafferma un’etica della scelta individuale.

In un’epoca dominata dall’incertezza e dal senso di impotenza – economica, sociale, politica – la citazione di Faletti suona come un invito a non abdicare alla propria libertà. Molti giovani oggi si sentono vittime di sistemi che sembrano inscalfibili: la precarietà del lavoro, il cambiamento climatico, le disuguaglianze. Ma se anche le condizioni esterne sono dure, questo non significa che non si possa esercitare un margine di autodeterminazione.

Faletti ci esorta a non essere “solo spettatori”, a non cedere alla rassegnazione. Questo è un messaggio profondamente umanista, che crede nella capacità trasformativa dell’individuo. “Non è vero che il destino è ineluttabile. Non è vero che si può essere solo spettatori dell’avvicendarsi del tempo e degli avvenimenti” è una frase che scava oltre la superficie del genere thriller e tocca corde profonde dell’esistenza umana. Giorgio Faletti ci ricorda, con semplicità e forza, che ogni essere umano ha dentro di sé la possibilità di scegliere, di agire, di modificare il proprio cammino.

Non tutto è scritto. E anche quando il copione sembra già tracciato, c’è sempre un margine per cambiare scena. Questa, forse, è la più potente delle libertà.

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