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Una frase di Giorgio Faletti sul cambiamento delle nostre vite

Leggiamo questa frase di Giorgio Faletti in cui ci viene ricordato come le nostre vite siano in perpetuo mutamento, con o senza il nostro volere.

La citazione di Giorgio Faletti tratta dal romanzo Io uccido evoca un’immagine suggestiva: persone che si riuniscono portando con sé la propria esistenza, intrecciata con il ritmo di una musica che, spesso, non corrisponde ai loro desideri. Queste parole, profonde nella loro apparente semplicità, sono un riflesso della complessità dell’esperienza umana, del confronto tra sogni e realtà, tra desideri e destino.

“Ci sarà musica e ci saranno delle persone che porteranno qui la loro vita, che non sempre procede al ritmo della musica che vorremmo ascoltare.”

Giorgio Faletti e la musica come metafora della vita

In questa riflessione, Faletti utilizza la musica come simbolo della vita. La musica, con i suoi tempi, pause e armonie, diventa un linguaggio universale che evoca emozioni, rappresenta storie e crea connessioni tra le persone. Tuttavia, non tutti seguono lo stesso ritmo: la vita spesso impone un tempo diverso da quello che vorremmo, una melodia che non ci appartiene o che fatichiamo a riconoscere come nostra.

Proprio come in una sinfonia, alcune persone entrano nella nostra vita per una breve nota, altre restano a lungo, ma nessuna di queste interazioni è completamente prevedibile o orchestrabile. In questa cornice, Faletti ci invita a riflettere su come affrontiamo le dissonanze che inevitabilmente emergono tra le nostre aspirazioni e ciò che la realtà ci presenta.

L’idea che “non sempre procede al ritmo della musica che vorremmo ascoltare” è un’immagine potente del divario che spesso si crea tra la nostra visione ideale del mondo e la sua realtà concreta. Questo concetto è particolarmente evidente nei momenti di crisi o cambiamento, quando la vita sembra condurre una melodia che non riconosciamo e ci sentiamo fuori tempo rispetto al nostro percorso desiderato.

Questa disarmonia è universale. Ogni individuo, in misura diversa, vive il contrasto tra ciò che desidera e ciò che accade realmente. Tuttavia, come in una grande orchestra, la sfida non è cercare di controllare l’intera partitura, ma imparare a inserirsi, adattarsi e, a volte, a riscrivere il proprio ruolo nella sinfonia collettiva.

Faletti, nel suo romanzo, scrive di persone che “porteranno qui la loro vita.” Questa frase sottolinea l’importanza delle esperienze individuali, che ogni persona carica come un bagaglio unico fatto di emozioni, speranze, rimpianti e conquiste. Ciascun bagaglio si somma a quelli degli altri, creando un intreccio di esistenze che si intersecano.

Questo “portare” suggerisce anche una responsabilità: quella di riconoscere la nostra storia, con tutte le sue luci e ombre, e di accoglierla senza rinnegarla. Nel mondo che Faletti dipinge, accettare il proprio passato e il proprio ritmo personale diventa fondamentale per vivere in armonia, nonostante la complessità del contesto umano e sociale in cui ci si muove.

Il ruolo della musica nell’universo narrativo di Faletti

Faletti, oltre a essere uno scrittore acuto e versatile, era un artista poliedrico: attore, cantante, musicista. È quindi naturale che la musica occupi un posto significativo nelle sue opere, non solo come metafora, ma anche come elemento narrativo.

In Io uccido, la musica è spesso il filo conduttore degli eventi. Essa non è solo un elemento di contorno, ma assume un ruolo centrale nell’azione e nelle emozioni dei personaggi. La scelta della musica rappresenta un codice, un linguaggio segreto che svela parte della psiche dei protagonisti e dei loro conflitti.

Questo legame tra musica e psiche umana risuona con forza nella citazione: le vite dei personaggi, come quelle reali, si muovono su una partitura irregolare, piena di improvvisazioni. Ma è proprio questa imprevedibilità che rende ogni vita unica e degna di essere raccontata.

Alla base del pensiero di Faletti c’è la necessità di accettare l’imprevedibilità. Spesso vogliamo che la vita segua la nostra melodia preferita, ma ci troviamo invece di fronte a ritmi estranei, dissonanze che sembrano guastare l’armonia che cerchiamo. Tuttavia, come un musicista che impara a improvvisare, dobbiamo abbracciare le sfide, ascoltare le variazioni, e trovare il nostro modo di danzare anche su musiche che non abbiamo scelto.

Faletti ci invita a vedere questa realtà non come una tragedia, ma come un’opportunità per crescere, per reinventarsi. È il movimento delle persone che, portando le loro vite uniche e imperfette, crea un mondo vibrante e sfaccettato. La vita, in fin dei conti, è un’opera incompleta, dove il ritmo non è mai dato, ma scoperto e modellato di continuo.

Giorgio Faletti, con la sua capacità unica di intrecciare narrativa, introspezione e metafore, ci offre una riflessione sulla vita come melodia inesauribile. Le sue parole non sono solo un’osservazione acuta della condizione umana, ma anche un invito a danzare con ciò che accade, ad accogliere con grazia il ritmo sconosciuto e a celebrare l’unicità delle nostre vite che si intrecciano in questa grande sinfonia.

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